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«Ali di cartapesta. Affettività, sessualità, resilienza e cura dell'anima attraverso il con-tatto»

Lutti liberi: l'elaborazione e i modi dell'amore quando si resta soli

Lo scrittore Davide Rondoni – al "Meeting per l'amicizia fra i popoli" del 2012 – si chiede cosa sia quello che definisce uno sguardo vedovo e risponde che è: «allo stesso tempo pieno e vuoto: è pieno di un'assenza. È vuoto di un pieno, è una strana contraddizione. L'attitudine poetica viene in Pascoli e non solo, da uno sguardo che è al tempo stesso pieno e vuoto, un modo di guardare più profondo. È uno sguardo appunto vedovo, nel senso che gli manca qualche cosa di cui sente la presenza, guarda qualcosa che non c'è. Pensate, lo sguardo di sua madre era così…».

Quando si vorrebbe tacere, c'è chi prosegue il racconto per ridare un "tempo", per alleggerire il peso del distacco definitivo dalla persona amata, per la scomparsa del proprio compagno o della compagna di vita, che prorompe improvvisa o dopo una malattia incurabile. Un po' si muore dentro quando chi ami se ne va. Sembra mancare la terra sotto ai piedi e un cielo di sconforto piombarti addosso lasciando senza fiato. La morte repentina e inaspettata per infarto, per ictus cerebrale o per incidente di una persona cara è come se tagliasse una parte di sé, se aprisse un buco dove si precipita, inesorabilmente. Quanto più stretto e viscerale è il vincolo, quanto più saranno radicati la presenza e il dolore.
Gli spazi condivisi con chi ci lascia per sempre diventano gabbie idealizzate di cui si può restare prigionieri. Occorrerebbe spostarsi, osare addentrarsi in luoghi nuovi o imparare a vederli da angolazioni diverse.
La morte del proprio caro, con cui si è innestato un legame sentimentale significativo, squarcia la cornice di senso in cui si è abituati a muoversi, aprendo uno scenario inedito e fortemente perturbante. Tutto è sparpagliato e in disordine.
Un terremoto emotivo che porta a sostare in un territorio inospitale e straniero nel quale ci si muove a tentoni.

Alida Sessa nel 1999 dedicava questi toccanti versi al marito, all'attore Riccardo Cucciolla, che stava morendo:
«Devo escludere un senso, chiudere gli occhi, scegliere un campo e recintarlo in fretta per non smarrirmi dentro il turbamento. Posso guardarti solo se non ti ho tra le braccia e parlarti soltanto se mi sei lontano prospettive, chilometri distante, devo scegliere il senso, le vie di accesso al senso, così sprofondo al buio, riduco l'evidenza come a murarmi gli occhi. Ti scopro con le mani, pupille nelle dita, o parlo usando ancora solo i gesti, parole nei capelli, avvolte in ogni ciocca, parole nella lingua che esplora la tua bocca, o parole nel crepitio sottile, la barba sotto i denti, insensati fonemi di passione, dediche mute, baciandoti l'orecchio, perché ogni abbraccio è di un'intensità scomposta, sovverte qualunque disciplina della mente».

Il gelo paralizza, dopo tutto apparirà diverso: il risveglio senza quel buongiorno, il letto e quel posto a tavola che rimarranno vuoti, il dilatarsi dell'orizzonte offuscato, le speranze disattese, l'affettività dimenticata e rimossa. Non si può amare qualcuno e perderlo, senza sentirsi deprivati del suo affetto, della sua esistenza fisica accanto. Si continua ad amare chi se n'è andato via e desiderarlo.
È possibile, allora, che s'impari a stare senz'amore per il resto della vita dopo una perdita, una malattia, un incidente grave, rinunciando all'"affettività" intima dell'abbraccio e del bacio mancato.
Quando si subisce la perdita di un partner sembra non esserci più ragione per desiderare il contatto fisico, sensuale; soprattutto, nel primo anno di vedovanza, non si riesce nemmeno ad immaginare che qualcun altro possa avvicinarsi ed entrare nel proprio universo corporeo. All'inizio è fisiologico, naturale, ma è nel lungo periodo che la mancanza di questo desiderio – connessa spesso ai forti sentimenti che ancora legano alla persona scomparsa e ai sensi di colpa relativi alla paura di un ipotetico tradimento ai danni del defunto -, può diventare innaturale e, in taluni casi, patologica. Occorre rielaborare la perdita, il lutto oppure, più semplicemente, si decide che non ci sarà più posto per nessun altro.

Costruiremo, nel trattare della vedovanza connessa alla corporeità, dapprima una cornice teorica, entro la quale muoverci, per entrare poi nel vivo della tematica in esame. Per fare questo saranno riportate e analizzate le risposte di uomini e donne che abbiano subito la morte dei propri compagni, relativamente alla perdita di relazioni intime, sia in senso affettivo che sessuale, rispetto al bisogno di contatto e di scambio percettivo fisico evidenziando le eventuali reazioni di rinuncia, razionalizzazione, sublimazione o al contrario la possibile naturale ricerca provando a riviverlo con altri. In effetti, in ogni situazione di perdita di una persona realmente cara, con cui si siano condivisi spazi e tempi affettivi significativi, è possibile identificare come la principale difficoltà sia nel dover abbandonare il legame passato, piuttosto che nel crearne uno nuovo. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

«Ali di cartapesta. Affettività, sessualità, resilienza e cura dell'anima attraverso il con-tatto»

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Informazioni tesi

  Autore: Francesca Rossi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi Guglielmo Marconi
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Giuseppe Fabiano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 278

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