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Valutare la politica di coesione dell'UE: l'approccio quantitativo dei modelli macroeconomici

Meccanismi di trasmissione ed interpretazioni della realtà

Abbiamo già parlato nel secondo capitolo dell’importanza dei modelli, e del perché ne abbiamo bisogno. Per riassumere ed al contempo introdurre il presente capitolo possiamo dire che i modelli macroeconomici sono necessari in quanto la loro complessità è un fattore che permette di poter racchiudervi i molteplici aspetti dell’economia stessa, con tutte le sue interazioni interne ed esterne. Senza questo tipo di modelli risulta perciò difficile isolare gli effetti della politica di coesione dagli altri fattori che guidano la crescita in un’economia aperta. Inoltre le iniezioni finanziarie sono solitamente così ampie che le conseguenze
macroeconomiche ricadono su tutti gli aspetti dell’economia e non solo sulle aree direttamente coinvolte dagli investimenti.

Quali tipi di modelli allora sono maggiormente appropriati per valutare l’impatto della politica di coesione? La risposta cambia al variare delle caratteristiche dei paesi che ricevono i Fondi. Infatti c’è da chiedersi quali paradigmi catturino meglio queste caratteristiche, oppure quale livello di disaggregazione settoriale sia richiesto. E’ opportuno qui sottolineare un aspetto metodologico, e cioè che i modelli economici sono solo rappresentazioni imperfette del mondo reale. La pratica modellistica moderna ha esaltato quei paradigmi che incorporano un comportamento totalmente razionale ed una previsione perfetta da parte degli attori. Tali modelli sono indubbiamente eleganti ma, poiché essi potrebbero non rappresentare il comportamento degli agenti nel mondo reale, possono indurre gli analisti politici a male interpretare gli effetti della politica. Le differenze principali tra gruppi modellistici è da ricercare nella scelta del quadro di riferimento principale, anche se le differenze tra i modelli non sono molto profonde. Tutti i modelli infatti attingono dai recenti sviluppi modellistici all’interno delle tradizioni neokeynesiane e CGE, ed essi comunemente possiedono una certa quantità di fondamenti microeconomici e di rimedi alla critica di Lucas.

Un problema comune a tutti i modelli macroeconomici è quello del livello di disaggregazione della produzione settoriale. La politica di coesione influenza i diversi settori di produzione chiave come il manifatturiero e quello dei servizi, in maniera diversa.
Parimenti ogni modello affronta a suo modo il problema analizzandoli separatamente e producendo risultati diversi dovuti alle differenze nel grado di disaggregazione settoriale (Bradley e Untiedt, 2012).

Quali sono i meccanismi attraverso cui i Fondi strutturali si immettono nell’economia?
Comunemente i modelli considerano i seguenti canali di trasmissione (Lolos, 2001):

* i flussi di capitale rappresentati dai Fondi strutturali, i quali si riflettono direttamente nel saldo dei trasferimenti del conto corrente;

* gli effetti sul lato della domanda, che si manifestano attraverso il moltiplicatore. Essi si arrestano generalmente al termine del programma operativo e si dividono in tre tipi di assistenza finanziaria: agli investimenti pubblici per infrastrutture ed aiuto alle imprese pubbliche; al miglioramento del capitale umano; e alle imprese per la ristrutturazione ed il miglioramento della competitività;

* gli effetti sul lato dell’offerta, che scaturiscono da un miglioramento della capacità produttiva dell’economia innescato da investimenti nel capitale fisico e umano. Essi si manifestano nel lungo termine, specialmente dopo il termine di un programma.

Un classico esempio è quello della spesa per la costruzione di una nuova strada. Per prima cosa l’effetto sulla domanda eleverà l’occupazione ed il reddito, ed allo stesso tempo aumenterà la produttività del settore dei trasporti. Ciò risulterà in una diminuzione dei costi di trasporto che porterà beneficio sul lato dell’offerta agli altri settori dell’economia.
Gli effetti benefici sui lati di domanda e di offerta sono però pienamente garantiti solo in caso di realizzazione, generalmente data per certa dai modelli macroeconomici, di certe ipotesi sull’implementazione dei programmi. Una riguarda il lato della domanda, e presuppone che le spese programmate relative ai Fondi siano pienamente assorbite. L’altra invece riguarda il lato dell’offerta, e dà per certo che il programma sia implementato efficientemente. In caso di mancata realizzazione di queste ipotesi appare ovvio che anche l’impatto positivo viene a ridursi. Inoltre, l’impatto dei Fondi dipende anche dalle reali condizioni dell’economia, cioè dal ciclo nel quale si trova nel periodo dell’applicazione dei programmi. Questo poiché le condizioni prevalenti nell’economia influenzano l’azione diffusiva dei Fondi in termini di reddito ed occupazione (Lolos, 2001). Ogni modello macroeconomico deve perciò fare i conti con queste ipotesi ed assunzioni sulla capacità amministrativa e sullo stato dell’economia, compreso quello delle finanze pubbliche, che come già accennato in precedenza influisce sulla capacità di assorbimento dei Fondi e su quella di cofinanziamento.
Gli studi accompagnati ai modelli hanno permesso di far luce su alcuni aspetti della politica in Stati membri specifici e hanno dato dei riferimenti per capire come veramente funzioni la politica di coesione dell’UE. Ciononostante il metodo dei modelli macroeconomici, il più classico metodo di valutazione di questa politica, ha portato risultati contrastanti e non ha creato un consenso unanime sull’efficacia della politica.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Valutare la politica di coesione dell'UE: l'approccio quantitativo dei modelli macroeconomici

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Informazioni tesi

  Autore: Lorenzo Calcinai
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni internazionali e studi europei
  Relatore: Rossella Bardazzi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 172

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