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La psicologia clinica dello sport fra cultura occidentale ed orientale

Meditare può esserci d’aiuto?

Numerose ricerche hanno mostrato degli effetti postivi riguardanti la pratica meditativa, ma il ricorso ai ricercatori scettici è solo uno dei tanti modi per minimizzare i rischi legati ai pregiudizi nella sperimentazione. Un altro è quello di studiare un gruppo di persone alle quali vengono presentati le pratiche e i benefici della meditazione, ma senza dar loro istruzioni, o meglio ancora, un “controllo attivo”, dove un gruppo si impegna in un’attività diversa dalla meditazione con la convinzione che porterà loro dei benefici (come l’esercizio fisico). Nel regno della mente, così come in ogni altro campo, ciò che facciamo determina ciò che otteniamo. Per dirla in breve, la “meditazione” non è una singola attività ma tutto può essere meditativo, un’ampia gamma di pratiche, ognuna delle quali agisce nel suo particolare modo sulla mente e sul cervello.

“Ogni cosa che facciamo, che sia grande o piccola, è solo un ottavo del problema” ricordava un abate cristiano ai suoi compagni monaci, “mentre rimanere non turbati anche se non dovessimo riuscire nel nostro compito rappresenta gli altri sette ottavi.” Arrivare ad una mente non turbata è uno degli obiettivi più importanti della meditazione in tutte le grandi tradizioni spirituali. L’opposto di una mente serena sono le angosce che la vita ci porta: preoccupazioni per i soldi, troppo lavoro, problemi familiari o di salute. In natura, gli episodi di stress, come l’incontro di un predatore, sono temporanei, cosa che dà al corpo il tempo per riprendersi; nella vita moderna, invece, i fattori di stress sono perlopiù psicologici, non biologici, e possono essere continui (anche se solo nei nostri pensieri), come un capo terribile sul lavoro o un guaio in famiglia. Tali fattori di stress psicologico innescano le medesime reazioni biologiche di quello fisico; e se queste durano troppo a lungo, possono farci ammalare. La nostra vulnerabilità alle malattie aggravate dallo stress riflette il lato negativo del design del nostro cervello. Il lato positivo è quello delle glorie della corteccia cerebrale umana, che ci ha permesso di costruire le civiltà e il computer su cui è stato scritto questo testo. Tuttavia, il centro esecutivo del cervello, localizzato dietro la fronte nella nostra corteccia prefrontale. Ci dà sia un vantaggio unico fra tutti gli animali, sia un paradossale svantaggio: la capacità di anticipare il futuro, e quindi preoccuparci in proposito, e di pensare al passato, e quindi pentirci.

Come disse secoli fa il filosofo greco Epitteto, a sconvolgerci non sono le cose che ci capitano, ma il modo in cui le prendiamo; i fatti che succedono sono di per sé neutri, siamo noi che li coloriamo di bianco o di nero. Un’idea, questa, che è stata espressa in tempi più moderni dal poeta Charles Bukowski: non sono le grandi cose a farci impazzire, ma “il laccio della scarpa che si rompe proprio quando non abbiamo tempo”. I dati scientifici riportano che quanto più percepiamo queste scocciature nelle nostre vite, tanto più i livelli dei nostri ormoni dello stress salgono; la questione è un po’ inquietante, in quanto il cortisolo, in eccesso, ha impatti deleteri per l’organismo. La meditazione può esserci d’aiuto? Dal 1974 ad oggi le prove sono cresciute a dismisura, e la MBSR è in cima alla lista delle pratiche di meditazione sottoposte a esami scientifici; essa è forse la forma di meditazione più diffusa: viene insegnata in tutto il mondo, e non solo in cliniche e ospedali, ma anche nelle scuole e nelle aziende. Uno dei molti benefici che le vengono attribuiti è quello di migliorare il modo in cui le persone riescono a gestire il loro stress. L’amigdala, che riveste un ruolo privilegiato in queste ricerche in quanto radar del cervello per le minacce, riceve un input immediato dai nostri sensi, che controlla continuamente alla ricerca di segnali di sicurezza o di pericolo. Se percepisce una minaccia, il circuito dell’amigdala innesca la risposta “bloccati, combatti, fuggi” del cervello, con un flusso di ormoni (come cortisolo e adrenalina) che ci mobilitano per l’azione. L’amigdala risponde inoltre a qualunque cosa a cui sia importante prestare attenzione, che sia per noi piacevole o spiacevole. Essa si trova in forte connessione con i circuiti cerebrali da cui dipendono sia la concentrazione dell’attenzione sia le reazioni emotive intense. Questo duplice ruolo spiega perché, quando siamo in preda all’ansia, siamo anche molto distratti, soprattutto da quelle cose, qualunque siano, che ci stanno rendendo ansiosi. Come radar del cervello per le minacce, l’amigdala tiene inchiodata la nostra attenzione su ciò che trova disturbante; così, quando qualcosa ci preoccupa o ci turba, la nostra mente continua a ritornarci sopra, anche fino al punto di fissarsi su di essa.

Secondo alcuni studi di scansione cerebrale su meditatori esperti, mostrano che i loro cervelli hanno una connettività operativa più forte tra la corteccia prefrontale, che gestisce la reattività, e l’amigdala, che le innesca. E, come i neuroscienziati sanno, quanto più è forte quel particolare collegamento nel cervello, tanto meno una persona verrà dirottata da ogni sorta di alto e basso emotivo. Ciò implica che quando le cose si fanno difficili, per esempio a seguito di una grave vicissitudine come la perdita del lavoro, ecc., i meditatori di vecchia data avranno una maggiore capacità di gestire lo stress (che dipende dal “collegamento” amigdala-prefrontale) rispetto alle persone che si sono limitate a seguire un addestramento MBSR o ai non praticanti. La buona notizia è che questa resilienza può essere appresa; ciò che non si sa, però, è quanto a lungo questo effetto può durare: il sospetto è che avrebbe vita breve se non si continuasse a praticare, in quanto la continuità è la chiave per trasformare uno stato in un tratto (Goleman, 2018).

Questo brano è tratto dalla tesi:

La psicologia clinica dello sport fra cultura occidentale ed orientale

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Informazioni tesi

  Autore: Giovanni Antonelli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi di Bari
  Facoltà: Scienze Motorie
  Corso: Scienze delle attività motorie e sportive
  Relatore: Vincenzo Amendolagine
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 97

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Parole chiave

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