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L'evoluzione del crimine di genocidio nel diritto internazionale

Mens rea nel genocidio

La mens rea di un reato è l’elemento psicologico, l’intenzione volontaria e la consapevolezza nel commetterlo; senza questo elemento ,una condotta in se, pur apparendo criminale, rende il suo autore innocente. Stando alle parole di Lord Goddard “the court should not find a man guilty of an offence against the criminal law unless he has a guilty mind”.

Considerando lo scopo sotteso al crimine di genocidio, è difficile che questo possa essere commesso da un singolo che agisce individualmente, è molto più probabile che, dietro alla commissione dello stesso, vi sia un piano ben preciso organizzato dallo Stato o dallo Stato ed altri organi in contatto con lo stesso.

È quindi necessario per la commissione del crimine che esista un piano, infatti anche Raphael Lemkin sostiene che il piano sia la conditio sine qua non del genocidio, senza il quale il crimine non si sostanzia. L’art 2, descrive in maniera analitica il requisito dell’intenzione specifica del crimine, che si sostanzia nel “distruggere del tutto o in parte, un gruppo etnico, nazionale, razziale o religioso”.

Il riferimento all’ intenzione, nel testo dell’ articolo, indica che affinché possa considerarsi compiuto il reato, si deve andare aldilà il semplice stabilire se l’offensore intendeva impegnarsi in quella condotta, o mirava a causare quella specifica conseguenza. In particolar modo ciò che si chiede è che l’offensore abbia un “dolo speciale”, o “un intento specifico”, ove questo non è ben definito, la condotta, pur rimanendo punibile, non è considerata come genocidio, potendo essere classificato come reato contro l’umanità o un crimine ricadente sotto la giurisdizione penale nazionale.

L’intenzione specifica, il dolo speciale, per sussistere richiede che accanto alla actus rea, vi sia un proposito specifico che vada quindi ben oltre la semplice azione materiale. Nel caso Kambanda il tribunale per il Rwanda (di cui si parlerà in seguito), osservò che “ the crime of genocide is unique because of it’s element of dolus specialis which requires that the crime be committed with the intent “to destroy in whole or in part, a national, ethnic, racial or religious group as such”.

Alcune delle condotte indicate all’interno dell’art 2, contengono gli elementi del dolo specifico: l’uccisione dei membri fisici del gruppo e l’attentato all’integrità del gruppo implicano un risultato, e l’offensore deve avere lo specifico scopo di realizzalo, in particolar modo nel primo caso deve esserci l’intenzione di uccidere, nel secondo, di causare seri danni all’integrità di un gruppo sotto più punti di vista; le condotte di assoggettamento intenzionale del gruppo a condizioni di vita volte a provocarne la distruzione fisica totale o parziale ed i provvedimenti volti a impedire le nascite all’interno del gruppo, sebbene non richiedano una specifica prova del risultato, introducono un elemento mentale addizionale, che consiste nel primo caso nell’indirizzare volontariamente le misure di vita alla distruzione del gruppo, e nel secondo invece di adottare misure che tangibilmente siano volte ad impedire le nascite all’interno del gruppo.

Solo il trasferimento forzato dei bambini non richiede un intenzione specifica. Il dolo specifico nel crimine di genocidio è formato da tre elementi: l’offesa deve essere rivolta a distruggere; l’offesa deve essere volta a distruggere un gruppo del tutto o in parte ed infine il gruppo deve essere definito dalla nazionalità, la razza, la religione o l’etnicità.

Il primo elemento richiede la distruzione di un gruppo protetto. Raphael Liemkin intese questo concetto in senso molto ampio, osservando come il genocidio comprendesse la distruzione delle istituzioni politiche, della vita economica, della lingua e della cultura, e che l’annientamento fisico fosse solo il completamento di un opera distruttiva molto più vasta e complessa, tuttavia durante i lavori preparatori della Convenzione si decise di limitare lo scopo del genocidio alla distruzione fisica e biologica.

Il secondo elemento, “del tutto o in parte” richiede che l’azione contro il gruppo protetto, sia volta a distruggerlo del tutto o in parte. Raphael Liemkin nella sua opera più importante “Axis rule in Occupied Europe” specificò semplicemente che il genocidio era rivolto alla distruzione di una nazione o di un gruppo etnico. Fu solo con la citata Risoluzione dell’ Assemblea generale 96(I) che nel preambolo appare la nozione attualmente riconosciuta per cui il genocidio è rivolto alla distruzione di un gruppo del tutto o in parte.

Il progetto del Segretariato definiva il genocidio come “A criminal act directed against any one of the aforesaid groups of human beings, with the purpose of destroying it in whole or in part, or of preventing its preservation or development”. Per quanto concerne l’ultimo elemento, l’articolo 2 della Convenzione richiede che per sussistere il crimine di genocidio deve essere colpito un gruppo, tra quelli che sono specificatamente elencati.

L’intenzione di distruggere il gruppo, al pari della conoscenza della sua esistenza, costituiscono elementi dello specifico intento. Infine dobbiamo valutare un ultimo aspetto, dall’elemento intenzionale nel crimine di genocidio sono stati esclusi sia la premeditazione che la negligenza nel commettere il reato. La premeditazione nel commettere un reato implica che c’è un livello di pianificazione e di preparazione nella realizzazione del crimine, ed i redattori della Convenzione indicarono chiaramente di non voler estendere il concetto della premeditazione al crimine di genocidio.

L’ elemento della premeditazione tuttavia non deve essere confuso con il requisito della prova dell’esistenza di un piano come parte del crimine, è sempre necessario affinché spossa parlare di genocidio che sotteso alle condotte criminose vi sia un piano organizzato. La negligenza non può costituire parte dell’intenzionalità del crimine di genocidio; un crimine di negligenza è un crimine commesso per mancanza di accuratezza, di diligenza.

La negligenza impone un livello di responsabilità oggettiva che deriva dal non aver prestato il livello di attenzione e di diligenza necessario che invece la situazione richiedeva. Questo è incompatibile con il dolo specifico richiesto invece per la realizzazione del crimine di genocidio. La negligenza non deve essere confusa con l’omissione, in quanto un individuo può intenzionalmente omettere di compiere un azione, ma in questo modo partecipare al risultato.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'evoluzione del crimine di genocidio nel diritto internazionale

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Informazioni tesi

  Autore: Rosaria Teresa Olivieri
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi della Calabria
  Facoltà: Economia
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Federica Morrone
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 141

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Parole chiave

diritto penale internazionale
genocidio
corte penale internazionale
jus cogens
tribunali ad hoc
processo di norimbergaconvenzione di vienna

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