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Cambiamenti climatici e finanza sostenibile

Metodologia e definizione

Gli studi relativi al carbon risk e al climate scoring sono ancora pochi e per questo motivo il mondo accademico non ha contribuito molto ad aiutare gli investitori a gestire la complessità dell’identificazione degli asset esposti al carbon risk. Un lavoro particolare per identificare gli indicatori delle società inerenti alla carbon performance si può trovare in Hoffman et al (2008) il quale riesce ad introdurre degli indicatori per supportare le scelte di investimento da parte degli stakeholder delle aziende. I policy-makers possono includere queste informazioni quando devono valutare le politiche climatiche e formulare proposte future e gli investitori e le istituzioni finanziarie possono paragonare e valutare le società rispettando la carbon performance e gli impatti finanziari che essa può avere sulle società. Gli indicatori per la carbon performance indicati in questo studio per le imprese sono 4:

1) carbon intensity: rappresenta l’utilizzo di carbone da parte delle società in base al loro business;
2) carbon dependancy: illustra il cambiamento di un’impresa all’utilizzo del carbone in un periodo di tempo dato;
3) carbon exposure: riguarda le implicazioni finanziarie nell’utilizzo ed emissione di carbone;
4) carbon risk: stima l’impatto del carbone sul portafoglio finanziario delle imprese.

Sulla base degli studi effettuati e dell’impatto dei criteri ESG nella scelta degli investimenti da parte dei soggetti, ho provato a definire e classificare le società in base al loro impatto ambientale focalizzando l’attenzione sulla lettera E dei criteri ESG. Per fare ciò ho utilizzato la carbon footprint come misura per il climate scoring. Questa scelta deriva dalla sensibilità delle società nei confronti dell’ambiente e di tutte le politiche realizzate dai vari enti pubblici quali organizzazioni e governi, in particolare su come l’Unione Europea si sta comportando in merito a questo tema molto importante.

Seguendo diversi studi, citati in precedenza, ho voluto utilizzare un indice che mi permettesse di effettuare una disclosure sulle società maggiormente coinvolte nel tema ambientale oltreché sociale e di governance. Essendo il focus sul tema ambientale ho ipotizzato che utilizzare la carbon footprint come indice per effettuare disclosure fosse coerente con il tema e in particolare essa può essere definita come il totale delle emissioni GHG emesse da una società rapportate ad una proxy della dimensione.
[…]

Il valore al numeratore, Total GHG emissions, corrisponde al: “Totale delle emissioni di gas serra (GHG) della società, in migliaia di tonnellate metriche”. Le emissioni di gas serra sono quei gas che contribuiscono al trattenimento nell’atmosfera e comprendono il biossido di carbonio (CO2), il vapore acqueo (H2O), l’ossido nitroso (N2O), il metano (CH4) e l’ozono (O3). Le emissioni totali GHG equivalgono in questo caso solo alla somma tra gli Scope 1 e gli Scope 2 e non vengono considerate le emissioni Scope 3 le quali riguardano le emissioni non dirette. Le emissioni dirette quindi Scope 1 e Scope 2 sono tutte le emissioni prodotte direttamente dalle società in merito alla produzione di prodotti, energia, dalla combustione di fossili, invece, gli Scope 3 riguardano tutte le emissioni che indirettamente vengono prodotte dalle società.
Secondo Bloomberg, la definizione delle emissioni Scope 3 rimane ancora incompleta e di conseguenza i dati pubblicati dalle società variano in modo significativo consentendo una variazione ingiustificata nei dati totali relativi alle emissioni totali di GHG di una società.

Il valore al denominatore, Market Capitalization, facciamo riferimento alla capitalizzazione annuale delle società indicato con CUR_MKT_CAP sempre fornito da Bloomberg.

Le ipotesi di ricerca che mi sono posto per lo svolgimento del lavoro sono le seguenti:
H1 → “se la performance del portafoglio con una carbon footprint più bassa, denominato LOW CARBON, è differente dal mercato”;
H2 → “se la performance del portafoglio con una carbon footprint più alta, denominato HIGH CAROBN, è differente dal mercato”;
H3 → “se esiste un extra rendimento legato al differenziale dell’α del ptf low minus high (LMH) carbon nei settori di riferimento ed è significativa”.


Ponendomi queste domande ho voluto analizzare se vi fosse un extra rendimento tra le società cd low carbon e le società cd high carbon utilizzando come modello di riferimento il CAPM e in particolare la differenza tra l’α del portafoglio low carbon con l’α del portafoglio high carbon.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Cambiamenti climatici e finanza sostenibile

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Informazioni tesi

  Autore: Donato Sabatino
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2019-20
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Scienze bancarie e assicurative
  Corso: Economia dei mercati e degli intermediari finanziari
  Relatore: Angelo Stefano Baglioni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 113

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