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Benefici sulla salute dei cibi fermentati più diffusi in Occidente

Microbiota e malattie cronico-degenerative

L’inoculazione di microrganismi per manipolare il microbiota intestinale è usata da 50 anni per ottimizzare la crescita degli animali negli allevamenti ed è regolata dalla FDA in USA e da EFSA nei Paesi dell’Unione Europa. I microrganismi usati per questo scopo sono Gram+: Bifidobacterium, Lactobacillus, Staphilococcus, Streptococcus, Enterococcus, Eubacterium, Clostridium; l’integrazione con questi batteri porta ad un aumento più rapido del peso corporeo. L’analisi del microbiota intestinale di topi geneticamente obesi (ob/ob) ha mostrato che l’obesità è associata a una riduzione dei Gram-, in particolare Bacteroides, e ad un aumento dei Gram+ (Saad MJ et al. 2016). Anche nell’Uomo si osserva una relazione tra obesità e aumento dei Gram+, ma non del Bifidobacterium, la cui quantità è ridotta, così come è ridotta la quantità di Gram-. La relazione tra microbioma e sviluppo di obesità potrebbe essere legata all’aumentato assorbimento di una endotossina batterica, il lipopolisaccaride (LPS), la cui concentrazione plasmatica è infatti significativamente aumentata. Il lipopolisaccaride è un importante componente della membrana esterna della parete cellulare dei batteri Gram-negativi ed è vitale per l'integrità delle cellule batteriche, la vitalità e la difesa dallo stress ambientale, ma è anche un potente induttore delle risposte infiammatorie nell’ospite, esso può modulare direttamente il sistema immunitario e la suscettibilità alle malattie. (Saad MJ et al. 2016) (Mazgaeen L 2020)

Il riconoscimento di LPS da parte dei recettori TLR4 induce una cascata di segnalazione che induce l'infiammazione e la produzione di citochine pro-infiammatorie allo scopo di aiutare l’organismo ad eliminare gli agenti patogeni invasori (v. Fig. 7) (Mazgaeen L 2020). I bifidobatteri sono in grado di migliorare la funzionalità della barriera intestinale: pertanto, una loro riduzione potrebbe spiegare l’aumento dei livelli plasmatici di LPS e quindi delle citochine infiammatorie. L’aumento delle citochine infiammatorie è certamente una delle caratteristiche dell’obesità e favorisce l’insulino-resistenza. (Saad MJ et al. 2016)
Il microbiota intestinale è coinvolto anche in alcuni aspetti della patogenesi delle patologie cardiovascolari. Livelli circolanti elevati di ossido di trimetilammina (TMAO) sono fortemente associati all’aterosclerosi e al rischio di manifestare gravi disturbi cardiovascolari. La TMAO deriva indirettamente da alimenti ricchi di colina o di carnitina (fegato, carne, uova); la colina è trasformata dal microbioma in trimetilammina; quest’ultima è trasformata dalle monossigenasi contenenti flavina (FMO) epatiche in TMAO. Diversi membri del microbiota intestinale umano sono in grado di degradare colina a trimetilammina (TMA) per via di una TMA liasi o tramite vie alternative; per quanto riguarda la carnitina, non è chiaro come da essa si possa formare TMA; è stata proposta una via metabolica che porta alla formazione di colina nel topo e nell’uomo. La TMAO faciliterebbe il processo aterosclerotico determinando l’aumento sulla superficie dei macrofagi del recettore CD36, pro-aterogeno in quanto interagisce con le LDL ossidate, con gli acidi grassi a catena lunga, con il collagene favorendo l’attivazione piastrinica, l’internalizzazione delle LDL e la formazione di cellule schiumose. (Debellis L 2019)
Una delle scoperte mediche più importanti degli ultimi due decenni è stata che il sistema immunitario e i processi infiammatori sono coinvolti non solo in alcuni disturbi selezionati, ma in un'ampia varietà di problemi di salute mentale e fisica che dominano l'attuale morbilità e mortalità in tutto il mondo (Furman D 2019). In effetti, le malattie infiammatorie croniche sono state riconosciute come la causa di morte più significativa al mondo oggi, con oltre il 50% di tutti i decessi attribuibili a malattie correlate all'infiammazione come cardiopatia ischemica, ictus, cancro, diabete mellito, nefropatia cronica, malattia del fegato grasso non alcolica (NAFLD) e condizioni autoimmuni e neurodegenerative (GBD 2017). Stanno emergendo prove del fatto che il rischio di sviluppare un'infiammazione cronica può essere ricondotto al suo sviluppo precoce e che i suoi effetti sono ormai noti per persistere tutta la vita, per influenzare la salute in età adulta e il rischio di mortalità. L’infiammazione cronica di basso grado risulta quindi un fattore eziologico che accomuna tutte le malattie cronico-degenerative. L’infiammazione periferica e centrale è alla base ad esempio della disfunzione cognitiva correlata alla sindrome metabolica. La disfunzione cognitiva è una delle principali preoccupazioni legate ad una maggiore aspettativa di vita ed è prevalente diffusa nei pazienti con disturbi metabolici. E’ sempre più riconosciuto il collegametno tra microbiota intestinale e infiammazione e tra metainfiammazione e fisiopatologia dell'obesità, del diabete di tipo 2 e della sindrome metabolica. La composizione del microbiota, la diversità e i diversi metaboliti sono stati correlati a diverse caratteristiche metaboliche e tratti del sistema cognitivo anche se gli studi sull’uomo sono ancora scarsi (v. Fig.8).

L'obesità, che come abbiamo visto risulta fortemente legata ai cambiamenti nel microbioma intestinale, è stata anche associata ad aumento della permeabilità intestinale paracellulare e all’endotossiemia (Sturgeon C 2016). È interessante notare che le concentrazioni sieriche di zonulina, una proteina che aumenta la permeabilità intestinale, sembrano essere elevate nei bambini obesi, nelle persone anziane e nelle persone con diabete di tipo 2, NAFLD, malattie coronariche, sindrome dell'ovaio policistico, malattie autoimmuni e cancro (Sturgeon C 2016) . Più recentemente, è stato evidenziato che elevate concentrazioni sieriche di zonulina permettono di prevedere l'infiammazione e la fragilità fisica (Qi Y 2017) .
Più in generale, è stato ipotizzato che esista un equilibrio complesso nell'ecosistema intestinale che, se interrotto, può comprometterne la funzione e l'integrità e, a sua volta, causare infiammazione cronica sistemica di basso grado (Furman D 2019) . Può quindi essere importante identificare possibili fattori scatenanti della disbiosi e dell'iperpermeabilità intestinale, che potrebbero potenzialmente includere l'abuso di antibiotici, farmaci antinfiammatori non steroidei e inibitori della pompa protonica (Le Bastard Q 2018) (Bjarnason I 2018), cambiamenti dietetici significativi (Moszac M 2020), mancanza di adeguata esposizione microbica indotta da eccessiva igiene e ridotto contatto con animali e suoli naturali, che è un fenomeno molto recente nella storia dell'evoluzione umana (Sonnenberg ED 2019).
La dieta tipica occidentale che è stata ampiamente adottata in molti paesi negli ultimi 40 anni è relativamente povera di frutta, verdura e altri alimenti ricchi di fibre e prebiotici, ricca di cereali raffinati, alcool e alimenti ultra trasformati. Questi fattori dietetici possono alterare la composizione e la funzione del microbiota intestinale (Richards JL 2016) (Moszac M 2020) e sono collegati ad una maggiore permeabilità intestinale (Lerner A 2015) e a cambiamenti epigenetici nel sistema immunitario che portano a endotossiemia di basso grado e infiammazione sistemica cronica (Richards JL 2016). Tuttavia, l'influenza della dieta sull'infiammazione non si limita a questi effetti. Ad esempio, i prodotti finali avanzati di glicazione e lipossidazione assorbiti per via orale che si formano durante la lavorazione di alimenti o quando i cibi sono cotti ad alte temperature e in condizioni di bassa umidità, aumentano l'appetito e sono collegati alla sovralimentazione e quindi all'obesità e all'infiammazione (Vlassara H 2011). Inoltre, gli alimenti ad alto carico glicemico, come gli zuccheri e i cereali raffinati, che sono ingredienti comuni nella maggior parte degli alimenti ultra elaborati, possono causare un aumento dello stress ossidativo che attiva i geni infiammatori (Dickinson S 2008).

Uno stato disbiotico può portare alla disregolazione delle varie funzioni del microbiota elencate in precedenza, che a sua volta può contribuire anche allo sviluppo di condizioni autoimmuni come la malattia infiammatoria intestinale (IBD), l'artrite infiammatoria sistemica, la sclerosi multipla e il lupus eritematoso sistemico (LES). (Clemente JC 2018). Relativamente all’autoimmunità, alcuni studi recenti hanno ipotizzato che le funzioni della barriera intestinale vengono alterate dalla iperglicemia cronica e dall’esposizione a microbiota patogeno. Una barriera epiteliale alterata induce un passaggio di batteri e macromolecole ai linfonodi mesenterici e al fegato, dove, nei soggetti predisposti, può portare a reazioni autoimmuni. (Vieira M 2018) (Thaiss CA 2016)
Cambiamenti in senso patogeno nella composizione e nella funzione del microbiota possono anche contribuire a interrompere il dialogo molecolare tra intestino e cervello. È stata infatti segnalata una relazione tra neuroni enterici e microflora intestinale grazie a nuove scoperte attorno a recettori toll-like, proteine con un ruolo chiave nel sistema immunitario innato e il loro potenziale di modulazione sull'asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrene), seguito da un'ulteriore produzione di sostanze chimiche coinvolte nel funzionamento ottimale del cervello. Esistono nuove prove relative all'importanza del recettore toll-like 4 nella mediazione degli stati neuro-infiammatori, in studi su modelli murini, lo stress cronico induce una deregolamentazione dell'HPA che può culminare nella disbatteriosi, caratterizzata da una significativa riduzione del numero di specie appartenenti al genere Bifidobacterium, a scapito dell'Escherichia coli. L'esposizione prolungata porta ad un aumento della permeabilità intestinale che crea un "intestino permeabile", disosmia e colite inducendo specifici cambiamenti neuroanatomici e neurochimici. Uno squilibrio nel microbiota dell'ospite può determinare lo sviluppo di infiammazione di basso grado, degenerazione cellulare e uno squilibrio energetico cellulare seguito da un crescente stato di stress ossidativo. Una iperattività dei cluster di differenziazione dei linfociti inibirà le risposte delle cellule immunitarie periferiche che disturberanno l'integrità della barriera emato-encefalica (BBB) e il suo ruolo contro i lipopolisaccaridi batterici (LPS) e altre tossine. La disbiosi può quindi causare numerosi disturbi neurologici e una di queste condizioni è il morbo di Parkinson. Per alcune patologie neurodegenerative infatti è stato studiato il collegamento con uno stato infiammatorio intestinale cronico, nel Morbo di Parkinson è stata riconosciuta l’origine intestinale che precede le manifestazioni neurologiche (v. Fig. 9) (Mulak A 2015) (Ilie OD 2020) (Grochowska M 2019).
Recentemente, è stato dimostrato che alcune componenti del microbiota intestinale possono promuovere l’accumulo di proteine nel cervello. Questo è un aspetto importante, perché l’accumulo di proteina amiloide e tau sono caratteristiche della malattia di Alzheimer. Recenti resoconti di esperimenti realizzati su topi e progettati per provocare i sintomi dell’Alzheimer suggeriscono che cambiare il profilo batterico nel loro tratto digestivo – cambiando la loro dieta – può ridurre le placche amiloidi, ridurre l’infiammazione e migliorare la memoria. (Pistollato F 2016) (Den H 2020)

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Informazioni tesi

  Autore: Giorgia Gandolfi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2019-20
  Università: Uiversità Telematica San Raffaele Roma
  Corso: Scienza dell'Alimentazione e Gastronomia
  Relatore: Barbara Picconi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 63

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