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L'identità femminile nei romanzi di Federico Tozzi

Misoginia e paura della donna

Enrico, «sgarbato e prepotente», non ha mai voglia di lavorare e trascorre la maggior parte del suo tempo a giocare a carte in una bettola. È il più infantile dei tre fratelli Gambi, e fin dalle prime pagine emerge il suo isolamento rispetto agli altri due fratelli, verso i quali è sospettoso e sempre pronto a litigare per nulla, mostrandosi continuamente spavaldo e ribelle. Dalla prima apparizione, il suo atteggiamento sembra ancora quello di un ragazzo impertinente e indisciplinato: «Enrico entrò sbattendo l'uscio, per chiuderlo; perché quando una volta potevano tenere un commesso, se lo faceva sempre chiudere e aprire. Guardò tutta la bottega; per vedere se c'era qualcuno; sospettoso e pronto a qualche villania». Ma soprattutto è con Niccolò che Enrico ha l’atteggiamento più diffidente; a lui, infatti, si rivolge sempre in modo cattivo e polemico. Con Giulio invece, che da parte sua assume un comportamento paterno e protettivo verso i fratelli, le reazioni di Enrico hanno talvolta il senso di una rivolta mancata contro la figura paterna: «Giulio gli chiese: “Dove sei stato?” “Sei mio padre, perché io te lo debba dire? Te lo domando mai io a te?”».
Ma il tratto che caratterizza maggiormente il personaggio di Enrico è la sua ossessione per i tradimenti. Infatti, il ragazzo sparla continuamente della gente, accennando sempre a veri o presunti tradimenti coniugali. Parlando di un frequentatore della libreria dice: «Se stesse a casa, il fattore non terrebbe compagnia alla sua moglie!»; o lamentandosi del marmista che lavorando non lo ha fatto dormire: «Che m'importa del suo marmo? Sarebbe lo stesso che importasse a me delle sue corna! La moglie glie le fa tutti i giorni. Lo dicono!»; e ancora schernendo il cavaliere Nicchioli, suo creditore: «Il cavaliere parla sempre di quel bambino, che crede suo! Più imbecille di lui, non c'è nessuno». In Enrico l'ossessione per il tradimento si accompagna a una visione negativa del matrimonio, infatti l'uomo dice: «Io invece di prendere moglie, mi metterei un pietrone al collo e m'affogherei»; e ancora: «Bel piacere a prender moglie! Allora, anche di me direbbero che ho le corna!».
Infine, quando ormai è ridotto in miseria, lamentandosi dell'elemosina di un conte «che ha più corna che quattrini», concluderà ironico: «Mi voglio mettere a vendere le corna dei signori, per arricchire anch'io».
L'ossessione di Enrico per il tradimento rivela la sua paura per la donna, che emerge anche dal suo rapporto con la cognata Modesta, quando ad esempio la donna si preoccupa per i loro affari: «Egli la guardava con disprezzo, accigliato e con una serietà ostile; come se l'avesse odiata»; e la sua paura si tramuta addirittura in odio, quando scoperta la morte di Niccolò si augura la morte della cognata: «Ora voglio vedere stesa la sua moglie, quel pezzaccio di carnaccia e di grasso!».
Pur essendo più spiccata in Enrico, la paura della donna è un tratto che accomuna tutti e tre i fratelli Gambi. Questo emerge dalle reazioni dei fratelli quando Modesta, nonostante la sua indole sottomessa e ubbidiente, è spinta dal suo «istinto» a chiedere chiarimenti circa la reale situazione economica della famiglia: Niccolò teme dei sospetti della moglie e non vede l'ora di uscire di casa, Enrico si reca immediatamente in libreria per consultarsi con i fratelli e Giulio esclama disperato: «Siamo rovinati! Non c'è più scampo! Le donne son più astute del diavolo». Dopo essersi consultati, i tre fratelli assumono un atteggiamento duro e risoluto e decidono di punire Modesta per la sua curiosità umiliandola; in realtà tutti e tre celano una debolezza assoluta che li farebbe crollare a una sola parola della donna:
Ben lontana dall'indovinare che Giulio le avrebbe chiesto perdono, e che Enrico sarebbe stato pronto, più degli altri, per viltà a dirle tutto. Niccolò sentiva per lei un affetto che durante qualche attimo rasentava l'adorazione. Ella li credeva indignati, e pieni d'ira. E se, invece, avesse detto una mezza parola, tutti e tre non avrebbero più osato di apparirle dinanzi.
Si nota, quindi, come i tre fratelli, nonostante ostentino un atteggiamento forte e sicuro, abbiano paura di Modesta. D'altronde la donna è per loro come una nuova madre e loro, fissati a uno stadio infantile, sono dei regrediti proprio come Pietro e Remigio nei precedenti romanzi, e sentono per la cognata (per Niccolò si tratta della moglie) sentimenti contrastanti fra loro. Modesta è per loro la «madre amorosa» che cucina e soddisfa tutti i loro bisogni, ma può essere anche la «madre terrificante» astuta e da temere. Anche per loro, dunque, il rapporto con la donna è caratterizzato da quella dialettica di attrazione e repulsione che risente fortemente dell'influsso dell'imago materna. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'identità femminile nei romanzi di Federico Tozzi

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Mollo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere
  Relatore: Giuseppe Savoca
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 107

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