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Le figure del padre. Il ruolo e la funzione paterna.

Mutamenti storici e relazioni familiari nel Novecento

La famiglia contadina ha continuato a essere presente nella struttura sociale di quasi tutto il Novecento. La maggior parte dei nuclei familiari funzionavano, infatti, come un’azienda, in cui la casa era il luogo della produzione economica e i membri erano spesso impegnati insieme nel lavoro di produzione. Le famiglie perciò non erano solo unità di consumo, ma anche unità produttive, e la vita familiare era organizzata intorno alla fattoria di famiglia, a prescindere dalle dimensioni della proprietà.
Tutti i membri di queste famiglie erano tenuti a partecipare alle attività economiche della casa. I bambini cominciavano a svolgere piccoli compiti intorno ai sette, otto anni d’età. Le donne sposate non erano esentate dalle attività economiche qualsiasi età avessero; potevano essere incaricate del lavoro nei campi, della produzione di latticini e della cura dei vitelli.
Inoltre la composizione della famiglia era spesso adattata alle esigenze della produzione. Se, infatti, la famiglia eccedeva temporaneamente le esigenze di manodopera, i membri erano mandati in qualche altra famiglia a lavorare in cambio di denaro. Viceversa, quando la famiglia non riusciva a garantire, attraverso i suoi membri, la manodopera necessaria si poteva ricorrere a manovalanza aggiuntiva. In queste famiglie, per lo più numerose sebbene l’elevata mortalità infantile, il volere del padre costituiva ancora legge.
La famiglia era estesa e i nuclei familiari erano composti dal capo famiglia e sua moglie, i figli maschi sposati con le loro mogli e i loro figli, i figli non ancora sposati, le vecchie zie rimaste nubili chiamate monache di casa e le serventi. La famiglia viveva così cooperativamente come in un alveare sotto la protezione e le leggi del capo famiglia.
La vita privata familiare era intrisa di antiche usanze. Ai genitori si usava dare del Lei. Il padre decideva il futuro matrimoniale e lavorativo dei figli stabilendo, in altre parole, quali di loro far sposare, quali lasciare celibi, quali destinare alla carriera ecclesiastica, quali eventualmente avviare allo studio, quali al lavoro e così via.
La religione ritualizzata era parte integrante della famiglia. Sia nei riti domestici di preghiera sia in quelli aperti all’esterno, come ad esempio riti di passaggio di status o riti collettivi della comunità, la figura del padre assumeva il rilievo corrispondente al suo potere di dominanza.
Un aspetto fondamentale di tale sistema familiare era la solidarietà. Si costruivano e valorizzavano, infatti, anche legami di parentela non fondati su vincoli di sangue o nozze, come, ad esempio il comparatico. I padrini o le madrine, avessero o meno figli, si sentivano investiti di compiti di tutela, in concorso con i genitori, dei loro pupilli. Il compare o la comare di battesimo o di cresima diventavano, per i figliocci, un secondo padre o una seconda madre.
La tradizione, sia religiosa sia laica, difendeva questi costumi criticati dai progressisti che già dalla metà dell’Ottocento intendevano mutarne i valori. In questa società ingessata dal formalismo patriarcale autoritario la mentalità conservatrice si trasmetteva da genitori a figli.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Le figure del padre. Il ruolo e la funzione paterna.

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Informazioni tesi

  Autore: Salvatore De Costanzo
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2009-10
  Università: Seconda Università degli Studi di Napoli
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Fulvia D'Aloisio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 200

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