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Criminali si nasce o si diventa? Il verdetto alle Neuroscienze

Non solo predisposizioni genetiche: l'importanza di un ambiente di formazione sano

Abbiamo già ampiamente citato nei capitoli precedenti come i fattori determinanti nella produzione di un atteggiamento criminale oltre ad essere rintracciabili nell'aspetto biologico, nelle patologie riscontrabili o nell'uso di sostanze alteranti è indubbiamente rinvenibile anche nella formazione che un individuo riceve, tanto quanto l'ambiente in cui questo si sviluppa.

Di fatto la pedagogia fin dai suoi esordi, ha da sempre ribadito come lo sviluppo del bambino in un ambiente salubre e amorevole sia fondamentale affinché l'individuo cresca in maniera "sana", spesso infatti i maltrattamenti che sono stati subiti nell'infanzia, l'aver vissuto situazioni familiari violente o l'essere stati vittima di abusi, diventano elementi imprescindibili nel ricostruire la storia della gran parte dei criminali condannati a morte.

Tali supposizioni trovarono attendibilità a partire dagli anni'40 dalla Scuola di Chicago, che era una scuola sociologica molto nota dell'epoca, che elaborò una visione "ecologica" del comportamento criminale secondo la quale, avendo pertanto vissuto fin da piccoli in contesti molto forti, i bambini crescono con l'idea che la vera realtà sia quella che hanno da sempre visto, ovvero una realtà violenta fatta di ingiustizie sociali e di discriminazioni, quindi a consolidarsi nella mente di un bambino facilmente impressionabile e manipolabile è l'idea che non possano esistere realtà diverse da quelle da loro vissute, che di conseguenza non comprendano situazioni violente.

Studi compiuti negli anni ottanta, constatarono di fatto come il bagaglio di vita della maggior parte dei criminali sia spesso analogo e scandito da situazioni di criminalità fin dalla primissima infanzia, Gerhard Roth, già ampiamente citato nei capitoli precedenti, fu uno dei primi sostenitori delle politiche di reintegrazione criminale, egli sostenne fin dal principio la tesi secondo la quale, la correzione di atteggiamenti socialmente inaccettabili fosse necessaria già a partire dalle prime manifestazioni in età adolescenziale, persino per chi non avesse ancora espresso dei veri e propri comportamenti antisociali, ma al quale fosse stato comunque diagnosticato un deficit nella corteccia prefrontale.

Così come spiega il professor Roth, coloro che presentano questa "zona d'ombra" nel cervello sono a tutti gli effetti dei presumibili criminali, ciò non ci dà però la sicurezza che questo scenario avvenga realmente, ma nell'eventualità che il soggetto cresca in un ambiente dove gli atti violenti e aggressivi si verificano assiduamente, quest'ultimo finirà quasi certamente per diventare un delinquente.

Tuttavia anche un potenziale psicopatico, se è stato cresciuto in un contesto positivo dove vige il rispetto delle regole e degli altri e ha fatto propri i concetti come la diligenza e l'educazione in maniera considerevole, potrebbe in realtà non diventarlo mai del tutto, in quanto avrebbe appreso le capacità necessarie per regolare i propri istinti e quindi acquisito l'esperienza necessaria per dominare la sua naturale propensione.

È la capacità di autodeterminarci che fa, di ognuno di noi, il padrone delle proprie azioni e che ci impedirebbe di trasformarci in dei veri e propri delinquenti, il cervello di ognuno di noi infatti, non è molto diverso da quello di un omicida, capita a tutti di provare emozione forti come collera, rabbia o un senso di rivolta nei confronti di qualcuno, ma l'educazione e l'osservanza delle regole che applichiamo aspirano al bene collettivo e ad una vita fatta di cooperazione tra gli individui, pertanto provare queste emozioni è del tutto normale, ma ciò non si tramuta in ogni caso nella possibilità di cagionare dei danni fisici a qualcuno, considerato che le pulsioni che ognuno di noi vive in maniera del tutto istintiva, non sarebbero altro che uno sfogo delle nostre emozioni interne, che finiscono poi per affievolirsi lentamente pochi istanti dopo fino a non restarne più traccia, rendendo quindi possibile la nostra facoltà di ammaestrare i nostri istinti bruti.

Prevenire in un contesto così forte dal punto di vista sociale, dovrebbe essere la più grande preoccupazione della nostra società, dove gli ambienti corrotti e diseducativi dovrebbero essere ridotti in maniera rilevante al fine di non dar adito alla riproduzione sistematica di situazioni analoghe sempre più incontrollabili, anche per lo Stato nella sua autorevolezza.
 
Ogni volta che un bambino apprende, accanto ai meccanismi di memoria, di attenzione o ad altri fattori pertamente cognitivi, egli sperimenta delle emozioni, ed è l'emozione il forte circuito energetico che lo plasma, il quale determina la cooperazione con altri fattori di apprendimento, pertanto oltre ad attivarsi quelli che possono essere definiti i circuiti di una memoria semantica, allo stesso tempo la parte emotiva si posiziona in quella che potremmo definire la nostra "memoria autobiografica", ovvero quella che rimanda alla nostra storia, dunque quando si riportano alla memoria determinati avvenimenti non si ricorda mai con precisione cosa si stesse facendo nello specifico, bensì che cosa si stava provando emozionalmente in quel momento, se si apprende con paura pertanto ritornerà dalla memoria la paura, se si apprende con una percezione di inadeguatezza si finirà per sentirsi sempre inadeguati e la memoria ripeterà questo circolo stabilizzando il fatto di "non essere capace".

Ogni cosa che decidiamo è determinata dalla nostra personalità ed è necessario rendersi conto del fatto, che la nostra possibilità di prendere delle decisioni, privati dell'aspetto impulsivo insito in noi (in senso kantiano) è un dato impossibile che non siamo in grado di realizzare, la ragione pertanto entra poco in gioco ma è il senso morale che fa dà determinante. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Criminali si nasce o si diventa? Il verdetto alle Neuroscienze

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Informazioni tesi

  Autore: Sara Gualtieri
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2022-23
  Università: Università Telematica Pegaso
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Francesco Rosa
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 71

FAQ

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processo penale
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