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Il Sistema produttivo Toyota: l'evoluzione di ieri, i limiti di oggi, le prospettive per il domani

Oltre i principi produttivi: l’“azienda comunità”

“Finché questo coinvolgimento non verrà gradualmente realizzato, l’introduzione in azienda delle tecniche del Sistema Toyota avrà risultati modesti.” (Galgano, 2009, p. 26)
Dalla precedente affermazione si intuisce la rilevanza di tutto ciò che è strettamente legato alla condizione del lavoratore all’interno di una fabbrica che adotti il modello produttivo snello.
Si usa, a buon diritto, il termine “coinvolgimento” che, come detto, è uno dei motori trainanti dell’intera concezione produttiva, che consente di rendere tutti partecipi a quello che è il “kaizen” e alla sua concreta e continua realizzazione, il quale, in teoria, non ha limiti, essendo infinitamente perseguibile.
Parlare di “kaizen” e di coinvolgimento ci porta a parlare di tutta la realtà e le situazioni che stanno dietro il termine “azienda comunità”.
Con tale espressione, infatti, si fa riferimento al diretto coinvolgimento all’attività in fabbrica di qualsiasi operaio, in stretta relazione con la dirigenza e con le scelte che vengono prese per la produzione. Tutti partecipano alla soddisfazione del cliente e dei consumatori, e tutto questo si realizza tramite un controllo sempre più intenso, esercitato, appunto, nei confronti dei lavoratori. Se, infatti, da un lato, vi è una rivalutazione del lavoratore in fabbrica, dall’altro, proprio questo continuo contatto e rapporto tra l’operaio e il management porta ad una continua “alienazione” della figura e dell’identità dell’operaio che, sempre di più, finisce con l’essere “assorbito” dalle finalità aziendali.
E’, in fin dei conti, la cementificazione di una vera e propria famiglia, in cui l’obiettivo resta sempre lo stesso, fare profitto, ma cambiano le modalità con le quali raggiungerlo e realizzarlo.
Secondo molti, nella realtà giapponese, la concretizzazione della famiglia in fabbrica è stata possibile grazie ad alcuni aspetti culturalmente rilevanti. Innanzitutto, c’è un importante principio che ci spiega l’attecchimento dell’azienda come comunità.
Si tratta della cosiddetta “complementarietà asimmetrica” che si realizza tra organizzazione del flusso e direzione degli uomini:
“[…] più le informazioni e le responsabilità del processo di produzione sono decentrate, più le regole, le istituzioni e l’amministrazione del personale sono centralizzate in rispetto dell’eguaglianza di tutti (operai, tecnici, dirigenti) nei confronti dell’impresa.” (Della Rocca e Fortunato, 2006, p. 66)
All’interno dell’azienda comunità, le stesse regole sono poche e spesso implicite, tutte rivolte, in fin dei conti, al rispetto degli obiettivi della produzione, di quel credo che resta sempre il traguardo da raggiungere continuamente, il miglioramento continuo.
Nella realtà giapponese il rapporto tra operaio e fabbrica è ben diverso da quello che si instaura in altre realtà industriali. Si pensi, ad esempio, all’impiego a vita, (“life time employment” in inglese), cioè alla garanzia, anche se non è scritta da nessuna parte, che l’azienda offre ai propri operai con l’intento di incentivarli alla collaborazione e allo sforzo continui all’attività aziendale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il Sistema produttivo Toyota: l'evoluzione di ieri, i limiti di oggi, le prospettive per il domani

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Informazioni tesi

  Autore: Daniele Timperio
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Bari
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni Internazionali
  Relatore: Francesco Chiarello
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 150

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