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«Stavo solo raccontando delle cose vere… quasi vere» - Analisi di La mia vita disegnata male di Gipi

Onirico e fantastico nel racconto di sé

Per quanto l'opera si presenti come un'autobiografia, quindi come il racconto realistico della vita dell'autore-narratore, ci sono elementi che sembrano andare in direzione contrastante, perché più che appartenere al mondo del reale sembrano appartenere al mondo mentale o a quello onirico.

Partendo dai personaggi, infatti possiamo notare come non tutti quelli presenti nell'opera abbiano lo stesso statuto di realtà e anzi si possano dividere in due gruppi (tre se consideriamo anche quelli presenti nella storia a colori) proprio per il rapporto che essi hanno con il reale. Così troviamo da un lato il Nasuto, Dorelli, Metadonius, Alberto, la madre, e la sorella, sicuramente presenti nel passato dell'autore dato che sono protagonisti di eventi passati che hanno influito sul presente. Per di più di essi non conosciamo i loro pensieri direttamente e questo significa che sono altro rispetto al protagonista e in più li vediamo sempre inseriti in situazioni credibili, per quanto a volte un po' sopra le righe. Nell'altro gruppo, troviamo invece il Dottor Controluce, il Dentista con il parrucchino, l'Orso e l'Uomo nel buio che non sono figure effettive del passato dell'autore ma legate alla dimensione mentale e onirica. Il legame con questa dimensione però non è immediato per tutte le figure.

Infatti, se è facile capire che l'Orso che si materializza mentre il personaggio-autore sta disegnando è legato allo stato mentale, diventa già più complesso assegnare una collocazione all'Uomo del buio, in quanto è legato a una persona effettiva del passato dell'autore e a un evento preciso. Però se inizialmente troviamo questa figura solo associata all'episodio della sorella e quindi pare un personaggio concreto- nonostante il suo aspetto non abbia nulla di realistico; dopo viene resa evidente la sua appartenenza al mondo mentale. Infatti, inizia a intessere dialoghi con Gipi bambino e a diventare poi una figura che lo accompagna per tutta la sua vita, diventando simbolo del senso di colpa e dell'angoscia.

Ancora più difficili da indentificare come appartenenti al mondo mentale sono le figure del Dottor Controluce e del Dentista, che nel loro aspetto appaiono come personaggi appartenenti al mondo reale, a quello del ricordo effettivo. I loro comportamenti (il vantarsi di non essere davvero medico, la visita notturna, le conversazioni sul tempo nello studio dentistico) e le situazioni in cui sono inseriti (la vista in piena notte) però fanno dubitare della loro esistenza reale, infatti, sembrano più dei rappresentati di quella categoria con cui l'autore ha avuto a che fare.

L'autore stesso vaglia questa idea scrivendo «ho scritto primo dottore, secondo dottore, ma ho mentito. L'ho fatto a scopi letterari. I dottori in realtà sono molti di più» (pag. 66). La questione però si complica ulteriormente, dato che questi due personaggi non esistono solo come semplificazioni utili a scopo letterario e a cui l'autore assegna varie frasi sentite da diversi dottori nel corso della sua vita, perché ad un certo punto prendono il controllo della storia. Infatti, sono rappresentati, insieme all'Orso e all'Uomo del buio, intenti a dirigere la vita di Gipi da dietro uno schermo.

Si insinua così il dubbio che il libro stesso sia frutto del loro lavoro. In un certo senso è come se la responsabilità della storia venisse meno al narratore. In effetti Gipi, a proposito della creazione di figure non realistiche, afferma di prendere tranquillamente delle parti che potrebbe fare tranquillamente interpretare al protagonista o alla voce narrante, e le assegna ad altre creature.

Nell'analisi dei personaggi però abbiamo tralasciato due figure: lo psicologo e l'alter ego di Gipi stesso. Per quanto riguarda lo psicologo esso risulta essere un personaggio effettivo del mondo di Gipi ma a differenza degli altri non appartiene al passato ma al presente, così come quel Lei che viene nominato qualche volta. La figura dello psicologo è interessante perché nonostante intervenga solo in pochi dialoghi sembra essere il motore della narrazione, dato che gli eventi che ci vengono presentati in un flusso di coscienza – proprio come durante una seduta psicologica- sono scaturiti o si bloccano proprio con l'intervento di questo personaggio.

Ad esempio, dopo l'ammissione del narratore di non voler raccontare oltre del carcere, troviamo la conversazione con lo psicologo in cui questi gli dice «non crede di essere un po' troppo rigido con sé stesso» (pag.116) e a cui segue il racconto di quella che potrebbe essere l'origine del senso di colpa del narratore. In questa prospettiva l'opera appare la trasposizione in forma letteraria del percorso psicologico dell'autore. Dunque, l'opera si muove tra due polarità: il paziente, ossia il protagonista e lo psicologo che dà gli input che scatenano i racconti e riporta su sui passi il Gipi narratore immerso nel suo flusso di coscienza. Per quanto riguarda Gipi stesso, invece è interessante notare che nel racconto non c'è un solo Gipi ma due: uno è il Gipi narratore che racconta la storia e si colloca nel tempo presente; l'altro è il Gipi del passato, protagonista di tutte le vignette e di cui il Gipi narratore si fa anche beffa, commentando e deridendo le sue scelte.

Questo brano è tratto dalla tesi:

«Stavo solo raccontando delle cose vere… quasi vere» - Analisi di La mia vita disegnata male di Gipi

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Informazioni tesi

  Autore: Simona Spoti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Lettere
  Corso: Lettere
  Relatore: Stefano Ghidinelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 43

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Parole chiave

disegno
realismo
fumetti
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autofiction
metanarrazione
gipi
la mia vita disegnata male

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