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Movimenti e lotte di liberazione nell'Africa Subsahariana

Panafricanismo, nascita del nazionalismo in Africa e prime forme politiche moderne africane

Nell'Africa del 1800, esenti da un controllo diretto europeo, erano presenti due stati, Liberia ed Etiopia, i quali rappresentavano rispettivamente un'eccezione e un mito: si trattava di uno stato nato in America il primo, di uno già esistente il secondo.
E' da queste due realtà che il riscatto dell'Africa mosse i primi passi, diventando la fonte d'ispirazione di alcuni leader e pensatori africani nell'elaborazione della loro teoria sulla liberazione dei popoli. Alle prime rivolte, guidate da credenze ancestrali e da tradizioni antiche, si sostituirono quelle religiose che assunsero col tempo un carattere politico, quali ad esempio la chiesa etiopica, fondata da americani neri rimpatriati in Africa.
Furono le colonie inglesi, in questo senso a fornire i maggiori personaggi che occuparono la scena politica e intellettuale africana, mentre furono i neri degli Stati Uniti a porre le basi del nazionalismo, attraverso organizzazioni ispirate dal panafricanismo e dalla negritudine (o pan-negrismo), create in seguito al fallimento della liberazione per mezzo della religione. La negritudine sosteneva la causa di tutti i neri del mondo ovunque essi fossero, esortandoli a fare ritorno in Africa, loro vera patria, la quale era detentrice di una cultura superiore alle altre; il panafricanismo invece si rifaceva direttamente a princìpi di autonomia, libertà, indipendenza e decolonizzazione. La costruzione del nazionalismo africano per mezzo di queste due correnti fu dovuta dunque alla formazione di minoranze istruite all'occidentale, ai coloni americani riportati in Africa e ad associazioni europee di immigrati. Il modello che questi pensatori avevano in mente risentì ovviamente delle influenze euroamericane: prova ne fu il fatto che queste persone arrivarono a formulare idee spesso divergenti e contraddittorie. Alexander Crummel sostenne ad esempio che i colonizzatori neri avessero una missione "civilizzatrice" verso i nativi; ad Edward Blyden fu attribuita la convinzione che la colonizzazione bianca fosse necessaria per formare la coscienza degli africani, mentre Marcus Garvey fu un esaltatore assoluto delle qualità della "razza negra", tralasciando il dettaglio che proprio il mito discriminatorio della razza fosse nato in Europa, contribuendo alla situazione del malessere generale presente allora in Africa. Colui che si avvicinerà di più forse al nazionalismo dei leader che guideranno i primi stati africani indipendenti, fu lo statunitense William Du Bois, il quale prestò maggiore attenzione alle condizioni materiali in cui versava la popolazione nera, piuttosto che alle varie missioni o qualità dei componenti della stessa.
Il nazionalismo disegnato dai panafricanisti, sui valori della cultura africana, fu molto difficile da portare avanti: spesso i pensatori avevano ammirazione del modello sociale bianco e disprezzo di quello africano tradizionale (seppure alcuni cercarono di inventare un modello incrociato fra il primo ed il secondo), provocando un distacco delle élites dal contesto in cui si trovavano. Per esse sarebbe stato sufficiente arrivare a un unico obiettivo fondamentale, traducibile nella sostituzione al vertice del potere, dei governatori coloniali con la minoranza nera istruita, al fine di portare ad una condizione accettabile le popolazioni nere. Obiettivo reso sempre più difficile a causa del sistema stesso di cui avrebbero voluto essere eredi, che al contrario di quanto si aspettavano, li escludeva sempre più dalle cariche di prestigio, relegandoli alle code del potere. Cercarono allora, mediante la formazione di congressi e associazioni, di creare un'opposizione al potere coloniale. In quasi tutte le colonie furono fondati partiti nazionalisti, socialisti e democratici, sindacati di lavoratori africani ed altre organizzazioni per la tutela dei diritti della popolazione nera. Dopo un periodo di repressione, molti politici neri riuscirono ad affermarsi, ma rimasero subito intrappolati nel controllo esercitato dalle amministrazioni bianche sulle loro associazioni, o a causa dello scarso radicamento delle loro formazioni sociali tra la popolazione locale. Alcune istituzioni erano addirittura protette da altre europee, al punto che i membri africani temevano le ritorsioni in caso di scioperi e sollevazioni particolarmente veementi.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Movimenti e lotte di liberazione nell'Africa Subsahariana

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Informazioni tesi

  Autore: Antonangelo Mura
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Cagliari
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Bianca Maria Carcangiu
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 36

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Parole chiave

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colonialismo
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