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I luoghi difficili del Petrarca nuovamente dichiarati da m. Giovambattista da Castiglione

Per una grammatica della lingua toscana

Nel commento preso in esame si dà spazio a riflessioni di tipo linguistico-grammaticale, relative alla fonologia, alla morfologia e al lessico. Castiglione, eccetto pochi casi, dopo aver spiegato il fenomeno linguistico – grammaticale, propone alcuni esempi in genere tratti da Dante (Commedia) e Boccaccio (Decameron).
Il commentatore, in due luoghi del testo, si riferisce esplicitamente a una Grammatica toschana in cui si propone di trattare in maniera più estesa e completa gli argomenti qui presentati . In realtà, le ricerche condotte per il reperimento di quest’opera non hanno dato esito; scopo del capitolo che segue è ricostruirne virtualmente almeno una parte attraverso le osservazioni condotte da Castiglione sul testo petrarchesco.
Nel presente capitolo si sono distinti i rilievi in diverse tipologie:
-fonetica (vocalismo atono);
-morfo-sintassi
-lessico;
-retorica.
Prima di procedere all’analisi, può risultare interessante il confronto con la grammatica di Bembo edita nel 1525: le osservazioni linguistico-grammaticali avanzate da Giovambattista da Castiglione fanno costantemente riferimento alla «lingua thosca», alla lingua d’uso: emerge una visione toscano-centrica volta a dimostrare che la «lingua thosca è più in colmo che la fosse mai per l’uso ch’è hoggi in Thoscana e ch’ella non è spenta come molti hoggi uson di dire» . Molto probabilmente scopo del commentatore è quello di scrivere una “grammatica dell’uso”, al fine di rendere il testo petrarchesco fruibile al proprio pubblico.
Bembo, invece, vuole codificare la lingua volgare, fornire regole grammaticali, formali e retoriche basandosi sull’esempio di Petrarca e Boccaccio, in cui individua il modello da seguire, rispettivamente, per la poesia e per la prosa.
Per esempio:
Castiglione: «CANTAVA: io, Petrarcha, ed è prima persona del passato, tempo imperfetto. Io cantava: e così è usato da’ Thoschi antichi; hoggi l’uso loro è in o, il che chi l’usassi non sarebbe perciò un peccato in Spirito Santo, come dicono questi riformatori, o sconciatori, per dir meglio, della lingua nostra. Ed io più ampiamente di ciò e di molt’altre cose nella mia gramatica thoscana disputare intendo». [Commento alla canzone Nel dolce tempo de la prima etade, c. 7v].
Bembo: «[…] Seguita, appresso queste, la prima voce del numero del meno, di quelle che pendentemente si dicono Amava Leggeva Sentiva che medesimamente si dice nella terza. […]».
In alcuni casi Castiglione e Bembo condividono la stessa opinione:
Castiglione: «MA MOLTO PIÚ DI QUEL CHE PER INANZI. Il senso è questo: “è bisogno ch’io dica molto più di quello ch’io ho patito per l’avenire”, cioè da qui innanzi, “ch’io non ho fatto per lo adietro, benché sia tal ch’ogni parlare avanzi, benché questo ch’io ho patito sia tal ch’avanzi ogni parlare”. Alcuni intendono per lo innanzi per lo adietro e variano il senso: il che, si mi trovassimo per lo innanzi per lo adrieto, concederei loro ogni cosa. Ma il Boccacio, nella prima giornata, alla novella prima, alla novella di Ser Ciappelletto; e nella medesima giornata, alla novella VIII di Ferondo; e nella X alla novella IIII di M. Gentile Garisendi; nelli cui luoghi ed in altri assai vuol dire per lo advenire». [Commento alla canzone Nel dolce tempo de la prima etade, c. 7v].
Bembo: «[…] che si dà al tempo che è a venire, contraria di cui è Per adietro, che al passato si dà […]».
Castiglione: «NELL’ALTRUI SANGUE, cioè “nel mio sangue”. È da tenere a mente che quest’altrui è qualche volta persona certa, qualche volta incerta: così è d’altri persona certa, come nel sonetto Sì traviato è ‘l folle mio «che le piaghe altrui», cioè del Petrarcha; e nel sonetto Lasso ch’i’ ardo e altri no me ‘l crede. Persona incerta nel sonetto Solo e pensoso i più deserti campi «sia la mia vita ch’è celata altrui» e così altri nella canzone Mai non vo’ più cantar com’io soleva «non sia zoppa la legge ove altri attende qualche volta». Altrui è sostantivo, qualche volta adiettivo, come per gli sopranominati luoghi «come le piaghe altrui, ch’è celata altrui», ch’è vuol dire “che celata ad altri”. [Commento alla canzone S’io credesse per morte essere scarco, c. 24r].
Bembo: «[…] È Altri nel primo caso del numero del meno e di quello del più e ha Altrui negli altri dell’un numero e dell’altro; e diconsi amendue in voce di maschio sempre, come che in sentimento possono darsi, sotto voce di maschio, eziandio alla femina […]».

Questo brano è tratto dalla tesi:

I luoghi difficili del Petrarca nuovamente dichiarati da m. Giovambattista da Castiglione

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Informazioni tesi

  Autore: Alice Simoni
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Pavia
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filologia moderna
  Relatore: Maria Pia Sacchi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 156

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