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''La psicoanalisi, la sua immagine e il suo pubblico'', cinquant'anni dopo. Indagine empirica sulle rappresentazioni sociali della psicoanalisi tramite lo strumento delle trame associative.

Prospettive di ricerca nello studio della malattia e salute mentale

Tra i contributi di ricerca sulle rappresentazioni sociali di salute e malattia, i lavori di Herzlich e Jodelet costituiscono due pilastri della letteratura, ed ebbero un ruolo fondamentale nella diffusione della teoria delle rappresentazioni sociali in Europa.
Entrambe collaboratrici di Moscovici alla scuola di Parigi, nel decennio successivo alla pubblicazione della sua Opera Prima le studiose intrapresero due corpose indagini sull’argomento, i cui risultati sono poi confluiti nelle rispettive pubblicazioni: “Santé et maladie. Analyse d’une représentation sociale” (1969) e “Folies et représentations sociales” (1989) (cfr. Emiliani e Palmonari, 2009).
Malgrado le differenze, entrambi gli studi si caratterizzano per l’adozione di una prospettiva antropologica e per l’utilizzo di metodi qualitativi e osservativi. In particolare:
1) Herzlich si avvale di interviste libere, proponendosi di rendere esplicite le rappresentazioni di salute e malattia attraverso l’analisi dei discorsi prodotti intorno ad esse. Tramite una serie di associazioni e interpretazioni, l’autrice arriva a cogliere le rappresentazioni nel loro significato contestuale, come prodotto di interazioni cognitive e verbali all’interno della comunità (cfr. Moscovici, 1973). La principale evidenza riportata da Herzlich consiste nell’individuazione di una rappresentazione della malattia basata su due poli: l’uno, endogeno, associato all’individuo e alla salute, l’altro, esogeno, relativo all’ambiente e alla malattia, ambedue compresi in una visione secondo cui lo stile di vita (in particolare quello cittadino) è responsabile del cattivo stato di salute dell’individuo (cfr. Emiliani e Palmonari);
2) lo studio di Jodelet si focalizza sulle rappresentazioni della patologia e del malato mentale, argomento che nei colloqui condotti da Herzlich non era emerso spontaneamente (cfr. Moscovici, 1989). Il contributo empirico di Jodelet, una lunga inchiesta sul campo che l’ha occupata per quasi 4 anni, ha richiesto l’implementazione di vari strumenti di ricerca (questionari, osservazioni, interviste in profondità) somministrati ai protagonisti di un contesto di vita reale: una comunità rurale francese che da oltre 70 vedeva alcuni malati mentali alloggiati stabilmente presso gli abitanti del luogo. La metodologia adottata da Jodelet ha consentito di svelare non solo i significati profondi insiti nelle rappresentazioni, ma anche il loro riflesso sui comportamenti quotidiani; questi, sotto una superficie di placida tolleranza, si rivelarono diretti a marcare la distinzione tra individui sani e malati, discriminando quest’ultimi per proteggere la propria identità e per timore di contaminazione.

Oltre i contributi classici di Herzlich e Jodelet, si può constatare l’esistenza di una letteratura sterminata in tema di malattia mentale e devianza, anche al di fuori del paradigma delle rappresentazioni sociali. Un interesse così sviluppato può essere dovuto al misto di repulsione e fascinazione che da sempre lega l’uomo alla follia, oppure a un tentativo di dominare razionalmente le spinte illogiche e misteriose associate all’insania mentale (cfr. de Rosa, 1995). Quali che ne siano le ragioni, non si è ancora pervenuti a una definizione univoca e condivisa dei concetti di “devianza” e “follia”: i numerosi studi prodotti, infatti, privilegiano l’una o l’altra accezione (maggiormente criminalizzata o maggiormente medicalizzata) in base agli orientamenti teorici e metodologici adottati, non aiutando, in tal modo, a costituire un campo di conoscenze organico e strutturato sull’argomento.
Particolarmente numerose sono le indagini condotte nell’ambito della social cognition utilizzando il costrutto di atteggiamento, che offrono una chiara dimostrazione delle differenze tra questa prospettiva e quella introdotta da Moscovici sulle rappresentazioni sociali: la prima, centrata sui meccanismi di differenziazione interindividuale e sulle distorsioni valutative, si distingue per gli obiettivi settoriali e per il rilievo attribuito ai processi cognitivi rispetto ai contenuti delle rappresentazioni; la seconda si focalizza invece sul contesto, sul suo valore simbolico e storico-culturale, e concepisce il sociale come stratificato a più livelli in gruppi e sottogruppi (ibid.).
Così, se social cognition e teoria delle rappresentazioni sociali condividono alcuni oggetti di studio (tra cui la malattia/salute mentale) e una matrice di tipo costruttivista (per cui il soggetto è considerato un attivo costruttore di conoscenza), le rappresentazioni sociali se ne distinguono per una marcata componente interazionista, che riporta la natura sociale delle rappresentazioni oltre la semplice condivisione interindividuale, situandola negli scambi sociali stessi che le producono. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

''La psicoanalisi, la sua immagine e il suo pubblico'', cinquant'anni dopo. Indagine empirica sulle rappresentazioni sociali della psicoanalisi tramite lo strumento delle trame associative.

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Informazioni tesi

  Autore: Stefania Panarotto
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Medicina e psicologia
  Corso: Psicologia della comunicazione e del marketing
  Relatore: Elena Bocci
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 157

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