IPT, BST, ACT e CBT: quattro psicoterapie ''brevi'' a confronto

L’approccio strategico alla terapia può essere definito come “l’arte di risolvere problemi complicati, mediante soluzioni semplici”. Nasce da un progetto di ricerca antropologica, realizzato tra il 1952 e il 1962 a Palo Alto, riguardante le teorie di G. Bateson sulla matrice interattiva dei disturbi mentali. Si deve, quindi, a G. Bateson e al suo famoso gruppo di ricercatori il primo progetto di studio sulla comunicazione e i suoi effetti non solo semantici e sintattici, ma soprattutto pragmatici: l’utilizzo strategico del linguaggio può indurre cambiamenti radicali nella percezione e nella gestione della realtà da parte delle persone. “Per la prima volta, grazie alle registrazioni filmate, differenti tipologie di comunicazione vengono rigorosamente analizzate nella loro struttura e nei loro effetti. Le tecniche della sofistica, quali l’uso di antologie e paradossi, e il ricorso a una logica non lineare e non ordinaria, vengono sistematicamente studiate e sperimentate come efficaci strumenti comunicativi. In particolare, viene dimostrata la loro idoneità ad affrontare tutte quelle situazioni umane in cui la logica razionalistica e il linguaggio della dimostrazione e della spiegazione naufragano, come nel caso delle forme severe di disturbo psichico o delle relazioni conflittuali”. La Scuola di Palo Alto nasce proprio dalla necessità di studiare gli esseri umani nella loro interazione, sana o malata, pacifica o conflittuale, e le possibili concrete soluzioni ai loro problemi, partendo dal presupposto per cui la comunicazione “costruisce” la realtà. “Non si può non comunicare” è il postulato-chiave della “Pragmatica della comunicazione”. Dunque, si deve scegliere se farlo in modo casuale e subire tale ineluttabilità, oppure scegliere di farlo strategicamente, imparando a gestire la comunicazione. Da questa assunzione nasce l’approccio strategico.