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Etica 2.0 - Aspetti Storici, Filosofici e Giuridici della Computer Ethics

Quale nozione di computer ethics?

Dalla sua comparsa negli anni '40 del secolo scorso, il computer ha stravolto la società umana sotto molteplici punti di vista. Ha cambiato il nostro modo di lavorare, di comunicare, di divertirci, di socializzare, perfino di delinquere. Possiamo affermare senza ombra di dubbio, parafrasando James Moor, che il computer ci ha fornito mezzi di cui prima non disponevamo. Una penetrazione tanto capillare nella vita e nelle attività umane non poteva non mettere a dura prova la tenuta dei pilastri su cui si fondano, o si dovrebbero fondare, le azioni di ciascuno: in una parola, l'etica. La riflessione filosofica si è fatta carico di questo fenomeno, imbrigliandolo nel concetto di "computer ethics", concetto che – all'esito di un dibattito che continua da oltre quarant'anni – appare quanto mai indistinto, e del quale ciascun autore ha dato una diversa chiave di lettura. Tra la ristretta concezione professionale di un Gotterbarn e l'ontologia onnicomprensiva di un Floridi c'è un universo di problematiche etiche intimamente connesse con l'utilizzo del computer le quali non sempre, a nostro avviso, hanno ricevuto la collocazione che meritavano. Non senza qualche timore, e con l'umiltà di chi ha ancora molto da imparare sull'argomento, ci accingiamo a fornire la nostra interpretazione.

"Computer" ed "ethics"
Nel constatare come, negli ultimi decenni, la discussione abbia privilegiato – talvolta assolutizzandoli – aspetti della disciplina del tutto settoriali, intendiamo fare tabula rasa e ripartire da pochi, semplici concetti. "Computer" ed "ethics", dunque. La scelta di queste due parole non vuole manifestare una sorta di venerazione o feticismo nei confronti della definizione di Maner, bensì intende rappresentare una precisa linea di demarcazione: "computer ethics", dunque non (solo) etica professionale del programmatore, né etica del cyberspazio, né ontologia informazionale né, tantomeno, etica femminista applicata. Quanto al primo dei due cardini – "computer" – saranno sufficienti poche precisazioni: il termine è inteso nella sua accezione più lata, come sinonimo di tecnologie informatiche e delle comunicazioni (ICT). Non è necessario sedere ad una scrivania e digitare su una tastiera per usare un computer: è sufficiente guidare un'auto, guardare un film o usare il telefono cellulare. La prospettiva cui facciamo riferimento riguarda tutti i sistemi automatici di rappresentazione e gestione delle informazioni, sia hardware che software. Definire cosa intendiamo per "etica" è compito assai più arduo. Secondo la nostra prospettiva, l'etica è una scienza che attiene ai meccanismi di graduazione, scelta e giudizio delle condotte umane moralmente rilevanti. Ogniqualvolta si presenti all'uomo una possibilità di agire significativa sul piano morale, essa considera l'intero spettro dei comportamenti possibili; ne gradua il valore morale secondo considerazioni di varia natura; consente di esprimere un giudizio di lode o biasimo circa l'autore e la scelta da lui effettuata, giudizio la cui intensità è proporzionale al grado di valore o disvalore della condotta intrapresa. Da queste scarne considerazioni, possiamo individuare alcuni caratteri salienti dell'etica così come la intendiamo:

(1) ha valenza operativa e casistica;

(2) ha dimensione sociale;

(3) è antropica, sebbene non necessariamente antropocentrica.

L'etica è una filosofia pratica, è conoscenza finalizzata all'azione non in senso generale, ma in relazione ad istanze specifiche. Si manifesta come risposta ad uno stallo in cui appaiono ugualmente possibili diverse linee di condotta ed è necessario decidere quale intraprendere. Se tale schema concettuale si ritrova in una miriade di attività umane, ciò che distingue il processo decisionale proprio dell'etica è il fatto che alcune delle condotte possibili appaiono in grado di incidere sul piano dei valori morali. Ma cosa intendiamo per "morale" e per "valore morale"? La risposta si ricollega al secondo degli aspetti dell'etica, ossia la sua dimensione sociale. Tanto il termine "etica" [gr. e,o ] quanto il termine "morale" [lat. mos] fanno riferimento ai concetti di uso, comportamento, costume, consuetudine. Sono tutti concetti sociali, che riguardano le interazioni fra l'individuo ed il corpo sociale di appartenenza. La morale è, dunque, l'insieme dei valori che costituiscono il collante sociale di una società, valori che vengono trasmessi all'individuo e che questi ha, in vario modo, interiorizzato. "Morale" è quanto riguarda innanzitutto la comunità di individui, il rapporto con "l'altro", più che le convinzioni del singolo: una condotta "moralmente rilevante", pertanto, è quella idonea ad incidere su valori socialmente condivisi. Il fondamento stesso della morale è quindi intersoggettivo, sebbene questa dimensione, in alcuni casi, possa apparire sfuggente. Pur con le innegabili differenze, tanto la deontologia quanto l'utilitarismo tengono in considerazione il rapporto tra la condotta dell'agente e la società in cui vive (il concetto di "legge universale" in Kant e quello della "massima utilità complessiva" rivelano la necessità di tenere conto dell'"altro" nel valutare la linea d'azione più desiderabile).
A questo aspetto si ricollega l'ultimo dei tre evidenziati: l'etica come scienza antropica, ma non necessariamente antropocentrica. Le etiche biocentriche ed ontocentriche, come sottolineato nel capitolo precedente, predicano la necessità di estendere la considerazione morale al di là dell'ambito umano, e rispettivamente a tutte le forme di vita e all'intera esistenza concepita come informazione. È un approccio condivisibile, a patto di non perdere di vista un dato fondamentale: lo stesso concetto di "considerazione morale" è un concetto che rimanda necessariamente all'uomo. L'etica così come la intendiamo è una scienza umana, che ha un senso in tanto in quanto orienti l'agire dell'uomo. Una prospettiva che ritenga piante, animali ed ecosistema come meritevoli di considerazione etica è una prospettiva che si motiva e si spiega unicamente con il fatto di esigere rispetto da parte dell'uomo. Ogniqualvolta ragioniamo di "considerazione morale" relativamente ad un dato dell'esistenza, stiamo pur sempre applicando categorie umane. L'intera biosfera e la stessa esistenza non hanno "valore" di per sé, in quanto vivi o esistenti, ma ne hanno in quanto sono l'oggetto di una attività di valutazione (o valorizzazione ) da parte dell'uomo. Dunque l'etica non è necessariamente antropocentrica, potendo estendere l'oggetto della propria considerazione al di là degli appartenenti alla specie umana – ma è senz'altro antropica, poiché non esistendo alcun "osservatore" umano sulla Terra, lo stesso concetto di valore – e a maggior ragione la morale o l'etica – sarebbe privo di significato.
Concludiamo questa digressione sull'etica notando come sia la fase di graduazione a costituire il punto più problematico, l'autentico nocciolo della questione. È qui che si gioca la partita fra le varie teorie etiche, le quali offrono dei paradigmi diversi in base ai quali catalogare (e giudicare) le possibili linee di condotta. Non pretendiamo di dare una risposta a questo problema, né di formulare una fortunata sintesi lì dove autori ben più illustri hanno fallito. Ma ci limitiamo a far notare come le considerazioni che guidano la valutazione del comportamento migliore da tenere dipendano in gran parte dal peso che l'agente attribuisce ad un determinato valore morale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Etica 2.0 - Aspetti Storici, Filosofici e Giuridici della Computer Ethics

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Informazioni tesi

  Autore: Francesco Vitrani
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Claudio Sarra
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 153

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