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Corporate Social Responsibility: Implicazioni Strategiche ed Impatto sulle Performance Aziendali

Relazione tra CSR e risultati finanziari: lo stato dell’arte

L’allocazione ottimale di risorse scarse rappresenta da sempre una delle principali prerogative del management strategico (Chandler, 1963) (Mintzberg, 1979). Tuttavia, le crescenti pressioni esercitate dall’ambiente esterno all’impresa hanno generato un notevole incremento della complessità caratterizzante detto processo. Nel decidere come allocare le proprie risorse, l’impresa deve prendere in considerazione non solamente i potenziali impatti economici e finanziari delle proprie scelte ma deve anche valutare se e in quale misura le proprie decisioni allocative rispondono alle aspettative di natura sociale che emergono in modo più o meno strutturato dal contesto socio-economico di riferimento (Prahalad & Hamel, 1994) (Waddock & Graves, 1997). Di conseguenza, ciò ha portato gli studiosi accademici ad indagare circa l’esistenza di una qualche correlazione esistente tra performance finanziaria e performance sociale d’impresa. A partire dalla seconda metà degli anni Settanta, infatti, si assistette ad un’ intensa proliferazione di pubblicazioni accademiche aventi per oggetto la definizione di appositi modelli atti ad individuare quali siano le determinanti e le componenti della responsabilità sociale d’impresa e le modalità attraverso le quali l’impresa possa potenzialmente far fronte a dette questioni sociali. Dal punto di vista concettuale, questo orientamento teorico rappresentò un primo tentativo di superare la logica conflittuale del rapporto tra business e società in favore di una maggiormente interdipendente (Lee, 2008).

Nonostante la notevole trattazione accademica ed empirica sviluppatasi nel corso degli ultimi decenni, la natura del legame esistente tra performance sociali e performance finanziarie dell’impresa risulta essere piuttosto ambigua e tutt’altro che chiara (Ullman, 1985) (Waddock & Graves, 1997) (Carroll, 1999). Dal punto di vista teorico, è possibile constatare la presenza in letteratura di due orientamenti interpretativi diametralmente opposti (O'Bannon & Preston, 1997) (Orlitzky, Schmidt, & Rynes, 2003). Da un lato, infatti, i sostenitori della teoria degli stakeholders e dell’approccio strategico alla responsabilità sociale d’impresa suggeriscono l’esistenza di una correlazione positiva tra performance sociale e performance finanziaria in quanto il soddisfacimento delle aspettative sociali caratterizzanti un dato contesto conduce a dei significativi vantaggi in termini di reputazione, legittimazione (O'Bannon & Preston, 1997), innovazione e vantaggio competitivo sostenibile e di lungo periodo (Porter & Kramer, 2006). Dall’altro lato, i sostenitori di un approccio liberale o “pure profit” sostengono che la destinazione di risorse dell’azienda per il perseguimento di obiettivi socialmente responsabili non sia compatibile con la massimizzazione del profitto degli azionisti e sia sintomatico di un conflitto d’agenzia tra manager e shareholders (Friedman, 1970). Secondo questa prospettiva teorica, gli investimenti in responsabilità sociale rappresenterebbero un modo per i manager di perseguire un interesse personale di natura sociale, politica, di carriera o reputazionale a discapito dei soci/azionisti. Di conseguenza, le risorse investite in CSR apporterebbero un maggior beneficio in termini sociali se fossero investite in un’ottica di efficientamento operativo.

Questa ambiguità del fenomeno dal punto di vista teorico trova conferma anche sotto il profilo empirico (Ullman, 1985) (Waddock & Graves, 1997) (Carroll & Shabana, 2010) (Perrini, Russo, Tencati, & Vurro, 2012). Una delle ragioni fondamentali alla base dell’incertezza e dell’eterogeneità caratterizzanti la sottostante relazione tra risultati sociali e finanziari è la problematica connessa alla misurazione delle performance sociali dell’impresa (cd. “corporate social performance”) (Waddock & Graves, 1997). Il concetto di CSP si caratterizza per una forte multidimensionalità sia dal punto di vista concettuale e disciplinare, sia dal punto di vista del livello d’analisi (Aguinis & Glavas, 2012). In particolare, la relazione esistente tra corporate social performance e corporate financial performance è stata oggetto di studio di numerose discipline dell’economia e della sociologia, tra le quali si annoverano gli studi in materia di organizational behavior, psicologia, risorse umane, marketing, strategia, ambiente e sostenibilità, organizzazione aziendale (Aguinis & Glavas, 2012). Detti studi sono stati condotti adottando prevalentemente un solo livello d’analisi per volta, il che induce a trascurare le interdipendenze esistenti tra la dimensione istituzionale, organizzativa ed individuale del fenomeno (Aguinis & Glavas, 2012). Di conseguenza, la mancata definizione di un preciso criterio di misurazione della corporate social performance ha condotto, dal punto di vista empirico, a delle risultanze tra loro profondamente discordanti e contraddittorie, le quali hanno contribuito ad alimentare l’incertezza circa l’esistenza e la natura del rapporto tra investimenti in responsabilità sociale e profittabilità.

All’interno di questo contesto equivoco ed incerto, le principali controversie riguardanti la relazione intercorrente tra performance sociali (CSP) e performance finanziarie (CFP) vertono su due ordini di problematiche empiriche (O'Bannon & Preston, 1997) (Waddock & Graves, 1997): la direzione (o segno) della correlazione ed il nesso di causalità esistente tra CSR e performance finanziarie dell’impresa. Con direzione della relazione si asserisce alla possibile correlazione positiva, negativa o neutrale insita nel rapporto CSP-CFP. Con nesso di causalità si intende, invece, la relazione causa-effetto esistente tra le due componenti della relazione. In altre parole, analizzare la causalità del rapporto CSP-CFP significa individuare se dei cambiamenti (positivi o negativi) nelle performance sociali dell’impresa influenzino le performance finanziarie della stessa o, viceversa, se dei cambiamenti nelle performance finanziarie influenzino le performance sociali. Infine, è possibile osservare una relazione di tipo sinergico tra le due componenti, all’interno della quale CSP e CFP si rafforzano (o si danneggiano) reciprocamente.

Alla luce delle argomentazioni sopra esposte, è opportuno sottolineare nuovamente la presenza di risultanti tra loro profondamente discordanti, se non conflittuali, sia dal punto di vista teorico, sia dal punto di vista empirico.
Un contributo di notevole valenza concettuale ed empirica in questo specifico ambito di disciplina è quello proposto da O’Bannon e Preston (1997) nella loro pubblicazione “The Corporate Social-Financial Performance Relationship”. Attraverso il combinato disposto delle due variabili sopra riportate (direzione e nesso di causalità), i due Autori hanno definito un innovativo framework teorico di riferimento fondato su sei possibili ipotesi o scenari (si veda fig. 7).

Una prima ipotesi, definita come ipotesi dell’impatto sociale (social impact hypothesis), evidenzia come gli investimenti socialmente responsabili generino un miglioramento delle performance finanziarie dell’impresa. Secondo questa prospettiva, dunque, elevati (scarsi) livelli di performance sociale conducono ad un miglioramento (peggioramento) della performance finanziaria dell’impresa.
Una seconda ipotesi, definita come ipotesi del trade-off (trade-off hypothesis), evidenzia come la prestazione sociale risulti essere la variabile indipendente ed ipotizza che il perseguimento di iniziative socialmente responsabili conduca, sotto il profilo finanziario, ad un incremento ingiustificato dei costi finanziari.
La terza ipotesi, nota come l’ipotesi della disponibilità di risorse (available funds hypothesis), riconosce la possibile esistenza di un’associazione positiva tra risultati sociali e profittabilità dell’impresa ma, a differenza della social impact hypothesis, detto legame deriva causalmente da un eccesso di risorse possedute in precedenza dall’impresa. In altra parole, un incremento del livello di performance finanziaria conduce ad un miglioramento del livello di performance sociale complessivo dell’organizzazione.

Un ulteriore ipotesi, nota come ipotesi dell’opportunismo manageriale (managerial opportunism hypothesis) sostiene che il perseguimento di obiettivi ed interessi personali da parte dei manager in un’ottica di massimizzazione del profitto di breve periodo possa condurre ad una relazione negativa tra performance sociale e perfomance finanziaria d’impresa. Secondo questa prospettiva, infatti, nel caso in cui l’azienda consegua dei forti e solidi risultati finanziari, i manager potrebbero essere incentivati a “monetizzare” questa miglior performance riducendo gli investimenti socialmente responsabili al fine di massimizzare il propri interessi personali di breve periodo (O'Bannon & Preston, 1997).
Infine, vi è la possibilità che le performance sociali e finanziarie siano sinergiche e, di conseguenza, non sia possibile ricomporre il nesso di causalità sotto il profilo temporale. In altre parole, quest’ultima ipotesi sostiene l’esistenza di una relazione simultanea ed interattiva tra CSP e CFP, la quale può essere, alternativamente, di segno positivo o negativo.
Nonostante la notevole valenza concettuale del contributo di O’Bannon e Preston (1997), è opportuno analizzare nel dettaglio le principali argomentazioni teoriche ed empiriche elaborate dalla dottrina in merito all’esistenza (o meno) di un legame tra CSP e CFP e la natura dello stesso.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Corporate Social Responsibility: Implicazioni Strategiche ed Impatto sulle Performance Aziendali

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Informazioni tesi

  Autore: Davide Busanello
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi di Trieste
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia Aziendale
  Relatore: Andrea Tracogna
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 156

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