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Adolescenza, formazione dell'identità e abuso di alcol: Analisi del fenomeno e interventi di prevenzione primaria

Rischi adolescenziali e diffusione dell’identità

Quando si parla di diffusione o confusione dell’identità, si intende il fallimento del processo normale di formazione dell’identità positiva, con conseguenze quali l’ambiguità di ruolo, il conflitto di ruolo e la perdita di ruolo (Erikson, 2008, p. 25). I conflitti gravi, fonte della confusione dell’identità, sono la lotta dentro sé stessi, la ribellione, la confusione, la delinquenza, la violenza, la depressione, la chiusura in sé stessi (ivi, p. 17). Agli adolescenti così confusi, disperati, pronti a assorbire tutto, soprattutto «quello che la società dice loro di non essere», si attribuisce un’identità negativa (ivi, pp. 28-31).
La confusione dell’identità è il frutto di un lungo processo nel quale l’adolescente prova invano a definire e ridefinire sé stesso e gli altri e anche a sperimentare le possibilità più nuove e i valori più antichi e finisce per contrappore, anziché sintetizzare, le sue alternative sessuali, etniche, occupazionali, tipologiche e, spesso, a decidere definitivamente e totalmente per l’una o l’altra (Erikson, 2008, pp. 100-101). Questo significa che, quando è esposto a una complessità di esperienze che richiedono allo stesso tempo l’intimità fisica, la scelta occupazionale, la competitività energica e l’autodefinizione, l’adolescente confuso entra ipso facto in uno stato di paralisi, uno stato di confusione acuta d’identità (ivi, p. 196).

Un adolescente confuso manifesta alcuni sintomi, tra cui: (1) un problema nell’intimità, nel senso che, isolandosi, stringe relazioni interpersonali stereotipate e formali e, dopo ripetuti tentativi di fallimento, cerca l’intimità con persone non adatte; (2) la dispersione della prospettiva temporale, caratterizzata da un forte senso di urgenza e da un rifiuto di considerare il tempo come dimensione essenziale della vita; (3) la dispersione dell’industriosità, caratterizzata da un turbamento nell’attitudine al lavoro, che si manifesta sia come impossibilità di concentrazione sui compiti, sia come preoccupazione autodistruttrice riguardante una particolare attività; (4) le sequele causate da un’educazione dura e ipercontrollata, nella quale i genitori sono rigidi, autoritari, resistenti e onnipresenti; (5) l’identificazione altruistica, nella quale un adolescente affida la propria identità ad un fratello nella speranza di riguadagnarne una maggiore e migliore in un processo di diffusione; (6) l’autismo infantile, che determina la profondità della regressione e la dimensione del ritorno ai vecchi introietti; (7) la confusione temporale, che consiste nella perdita della funzione di conservare prospettive e aspettative future; (8) la coscienza di identità, considerata come una forma di autoconsapevolezza riscontrata nelle discrepanze tra l’autostima, l’autoimmagine gonfiata di autonomia e la propria apparenza agli occhi degli altri; (9) l’autocoscienza considerata come un aspetto del dubbio tanto sull’attendibilità di tutto l’arco dell’infanzia, quanto su quello di tutto l’universo sociale a cui si deve fare fronte; (10) la fissazione in un ruolo, anziché la libera sperimentazione in ruoli disponibili, collegata ai conflitti tra libera iniziativa e colpa edipica della realtà infantile; (11) l’estrema paralisi lavorativa, che sembra una conseguenza logica di un profondo senso d’inadeguatezza delle proprie possibilità, che può indurre a evitare ogni forma di competizione e che può assumere un’importanza nella delinquenza giovanile (Erikson, 2008, pp. 197-217).
Analizzando questi sintomi ci possiamo rendere conto che nei cambiamenti adolescenziali ci sono elementi da considerare come fattori di rischio. Niente di sorprendente se i cambiamenti neurobiologici presentati prima in modo positivo come predisponenti alla ricerca di novità, al coinvolgimento sociale, a una maggiore intensità emotiva e all’elaborazione creativa (Siegel, 2014, pp. 19-20) siano qua presentati negli aspetti contrastanti. Qui si trova il significato del titolo «Adolescenza al crocevia della formazione dell’identità», nel senso che sono aperte tutte e due le possibilità di un’identità da connotare positivamente o negativamente. Infatti, l’adolescenza appare come una medaglia a due facce, poiché lo sviluppo fisico-mentale, la presenza di relazioni significative e il senso di appartenere a un gruppo costituiscono, allo stesso tempo, i fattori di protezione e i fattori di rischio non solo per la formazione dell’identità, ma anche per la salute personale e sociale.

Proseguiamo con i fattori di rischio. Le ricerche hanno mostrato che la forza fisica, la funzione immunitaria, la resistenza al caldo e al freddo, la velocità e la prontezza alla reazione predispongono l’adolescente a rischi quali incidenti, uso di droghe, ferite da arma da fuoco, suicidio, omicidio, attrazione a fare esperienze pericolose, come guidare a tutta velocità, allontanarsi dagli adulti per provare l’innovazione (Siegel, 2014, p. 30-33) e mettere in atto insieme ai coetanei comportamenti devianti (ivi, p. 78). Le caratteristiche dell’adolescenza che spingono alla gratificazione diventano fattori di rischio nel caso in cui inducono l’adolescente a concentrarsi solo sulle gratificazioni positive, prestando meno attenzione ai potenziali rischi e effetti negativi, agendo sotto l’influenza dell’impulsività e dell’iper-razionalità (ivi, pp. 74-77).
Consideriamo ancora una volta la funzione del processo di formazione della mielinizzazione degli assoni e quella del processo di maturazione della materia grigia in quanto agenti della ristrutturazione cerebrale. Questi due meccanismi, oltre a rimodellare il modo di essere, agire e pensare, possono portare alla luce qualche disturbo mentale, come la depressione, il disturbo bipolare e la schizofrenia, e permettere che si manifesti la vulnerabilità già presente nel cervello in modo latente (Siegel, 2014, pp. 101-102). A questi meccanismi sono connessi fattori di rischio quali: il fallimento del processo di integrazione, che porta alla riduzione della flessibilità mentale e della resilienza (ivi, p. 103); il contesto sfavorevole e lo stato emotivo instabile, che influenzano il funzionamento del cervello; l’immaturità della corteccia prefrontale, che rende le funzioni cognitive più vulnerabili all’influsso delle emozioni intense e della presenza dei pari (Ammaniti, 2018, p. 164).
Un altro fattore di rischio si individua a livello della riorganizzazione della vita affettiva attraverso un disinvestimento degli oggetti di amore primari e l’investimento in oggetti di amore secondari. Il rischio risiede nel fatto che «il ritiro dell’investimento oggettuale e la crescente frattura fra Io e Super-Io producono un impoverimento dell’Io, che è vissuto dall’adolescente come una sensazione di vuoto, come una tempesta interiore che, alla ricerca di sollievo, può rivolgersi a qualunque opportunità di mitigazione offerta dall’ambiente» (Blos, 1971, p. 110). Nel momento in cui l’Io di un adolescente diventa più debole, compaiono alcune complicazioni che mettono alla prova la sua capacità integrativa, sia portandolo a manovre di differimento nel caso dell’adolescenza prolungata, sia provocando vari insuccessi nel caso dell’adolescenza abortiva, sia adottando adattamenti nevrotici nel caso dell’adolescenza incompleta, sia deformando l’Io, sia provocando una grave patologia. In questi casi, la crisi che vive l’adolescente si presenta come una conseguenza di un apparato dell’Io difettoso, di una scarsa capacità di apprendimento differenziale, di una tendenza all’angoscia traumatica come terrore di perdere l’Io e di insuccessi provocati da disturbi intersistemici (Blos, 1971, p. 175; 189-190).

Un ulteriore fattore di rischio è la volontà dell’adolescente di stare insieme ad amici e colleghi, che lo spinge a sperimentare esperienze nuove e gratificanti e a correre rischi (Siegel, 2014, p. 80), quando si affida a compagni a comportamento prevalentemente deviante. È già noto che alcuni adolescenti cercano di raggiungere l’autonomia identificandosi con i valori della propria generazione (Maggiolini e Pietropolli, 2004, pp. 62-63). Nel caso in cui l’identificazione avviene in età precoce, c’è una grande possibilità di incorrere in rischi, dato che gli adolescenti possono facilmente essere influenzati da modelli e valori negativi che possono limitare l’autonomia affettiva e influire sull’elaborazione delle fantasie sessuali e sullo sviluppo di una competenza di ruolo sessuale. Le conseguenze probabili sono la tendenza a dare spazio agli aspetti esibizionistici e manipolatori del corpo e la tendenza a vivere ripiegati sul presente, con poca consapevolezza del futuro, indebolendo le capacità progettuali (ivi, pp. 64-67).
Un ultimo fattore di rischio è l’indifferenza dell’ambiente o delle istituzioni sociali o semplicemente della società in generale. Mentre «le istituzioni sociali […] mirano a elaborare atteggiamenti e tratti di carattere, a sviluppare tipi particolari di risposta a certi stimoli sociali e sistemi di valori che limitano le reazioni entro un ambito circoscritto» (Blos, 1971, p. 259), la società attuale sembra non preoccuparsi dello sviluppo sociale degli adolescenti. Questi ultimi sono spesso abbandonati a sé stessi per costituire spontaneamente organizzazioni competitive entro i loro ranghi. Il rischio risiede nel fatto che essi non hanno più lo sguardo rivolto al futuro per mancanza di opportunità di inserimento e di acquisizione di un ruolo significativo che la società dovrebbe loro offrire. Di conseguenza, l’adolescenza è nei nostri tempi considerata come «una condizione esistenziale quasi permanente legata a un presente che non facilita l’ingresso nell’età adulta» (Ammaniti, 2018, p. 154). Questa condizione di «ciascuno-per-sé-stesso» o di laissez-faire può generare più mali che beni nello sviluppo sociale, nel senso che essa permette, da una parte, un alto livello di differenziazione e di individualizzazione per mancanza di modelli obbligatori e, dall’altra parte, uno sviluppo deviante e patologico dovuto alla discontinuità della configurazione sociale e al peso dell’autodeterminazione (Blos, 1971, pp. 259-260).

L’adolescente che non riesce a fare una ridefinizione complessiva del senso di sé in modo autoriflessivo e individuale attraverso processi di elaborazione simbolica metacognitiva (Maggiolini e Pietropolli, 2004, p. 122) soffre la diffusione di identità, sia ritirandosi in sé stesso, isolandosi dai pari e dalla famiglia, sia immergendosi nel mondo dei pari, perdendo nella massa la propria identità (Santrock, 2017, pp. 390-391). I più vulnerabili in questo contesto sono gli adolescenti con bassa autostima e alta ansia sociale, che stringono amicizie con individui più giovani o più grandi di loro, con il rischio che i più grandi li incoraggino a intraprendere comportamenti delinquenziali, come atti di vandalismo, fumo, abuso di alcol, attività sessuale precoce e non protetta, guida pericolosa e alimentazione disturbata, perché non sono in grado di resistere alla pressione degli altri (ivi, pp. 506-508).
Genitori ed educatori, in quanto principali agenti interessati ad accompagnare il processo di sviluppo adolescenziale, hanno, quindi, un compito difficile in una società che sta indebolendo la gerarchia di valori e i ruoli tradizionali (Ammaniti, 2018, p. 201). Distruggendo i modelli di socializzazione delle generazioni precedenti, la società non ne propone altri più forti e duraturi e, invece, rompe la continuità. Una parte del disagio giovanile può nascere in effetti dai seguenti aspetti: l’abolizione dei riti di iniziazione, marche di passaggio dall’infanzia all’età adulta; lo sviluppo puberale precoce, causato da cambiamenti alimentari, iperstimolazione pulsionale, aspettative e spinta da parte degli adulti all’acquisizione di una veloce autonomia; la tendenza ad andare verso una società senza modelli paterni e materni, in cui l’adolescenza comincia troppo presto e non finisce mai; il cambiamento dei valori, in cui l’importanza viene posta su aspetti estetici, immagine idealizzata del corpo, apparire e dovere essere più che sull’essere e il sentire; l’esposizione precoce e continuativa a immagini violente ed eccitanti; il timore diffuso negli adulti delle possibili frustrazioni, che è alla base della tolleranza verso l’uso delle sostanze; la necessità di adattamento a un contesto familiare molto mutato (Tirelli, 2006, pp. 181-182).
Se la diffusione dell’identità è una crisi esistenziale legata ad un momento difficile da superare, la colpa non è allora da imputare all’incompetenza individuale dell’adolescente, ma piuttosto al fallimento dell’ambiente nel fornire quanto necessario perché l’uomo biologico diventi più umano in un contesto ambientale e sociale.

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Adolescenza, formazione dell'identità e abuso di alcol: Analisi del fenomeno e interventi di prevenzione primaria

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Informazioni tesi

  Autore: Protais BAMPOYIKI
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2019-20
  Università: Pontificia Università Salesiana
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Psicologia
  Relatore: Massimo Vasale
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 56

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Parole chiave

dipendenza
adolescenza
prevenzione primaria
sistema nervoso centrale
formazione dell'identità
diffusione dell'identità
dimensione neurobiologica
dimensione psicosociale
abuso d'alcol
fattori di rischio e fattori protettivi

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