Il Protocollo di Cartagena e il diritto WTO, tra conflitti e compatibilità

Si è accennato ai timori connessi all’uso delle biotecnologie e alla circolazione dei prodotti biotecnologici. In questo campo, le preoccupazioni ambientali e sanitarie si legano strettamente ai dilemmi etici, formando una matassa difficile a sbrogliarsi.
Dal punto di vista etico è possibile ricavare due questioni di fondo: una strettamente ambientale, legata ai concetti di “land ethic” e della tutela del valore intrinseco della natura, che pone domande radicali sulla giustizia degli interventi umani; ed una più tradizionalmente etica, concentrata sulle applicazioni umane delle biotecnologie. Ancora una volta, ci limitiamo al necessario, tralasciando le questioni di etica pura per dedicarci a quelle sociali e ambientali, per le quali si rimanda al paragrafo 1.4.1.
Per quanto riguarda le preoccupazioni ambientali e sanitarie, queste sono oggetto specifico del Protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza, e per questa ragione meritano una rapida visione.
I rischi possono distinguersi in rischi diretti e rischi indotti: i primi concernono le conseguenze dirette derivanti dall’uso di organismi geneticamente modificati; i secondi riguardano invece le conseguenze mediate, in cui l’uso di prodotti biotecnologici è solo una circostanza scatenante, ma dal punto di vista causale coopera con altri fattori.
Tra i rischi indotti possiamo annoverare l’insorgere di una dipendenza, in ambito agricolo, dalle nuove sementi transgeniche. L’altissimo tasso di produttività, certo, ma anche la persuasività del sistema integrato che le riguarda (sementi, erbicidi, pesticidi, fertilizzanti), che peraltro impedisce un agevole ritorno a colture diverse, sarebbero tra le cause di questo fenomeno, che porterebbe con sé, oltre alla dipendenza, gravissimi danni alla biodiversità.