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Antropologi e poeti nel Nord-America del Novecento

Ruth Benedict, la poetessa antropologa

La vita di Edward Sapir si intreccia, come già accennato, a quella di un’antropologa approdata tardi alla professione: Ruth Benedict (1887-1948). Entrambi appartengono alla prima generazione di antropologi formati professionalmente nelle università americane che hanno suddiviso l’ampio ambito del relativismo culturale di Franz Boas in specializzazioni più gestibili (altri esempi sono Alfred Kroeber, Robert Lowie, Paul Radin). Il lavoro di Ruth Benedict, in particolare, sottolineò come l’antropologia potesse essere applicata alle moderne società complesse e ai problemi etici del conflitto internazionale (antisemitismo, imperialismo nazista e Olocausto).
Il legame di amicizia, oltre che professionale, tra Sapir e Benedict è strettamente correlato al loro grande interesse per la poesia. In particolare, Sapir spronò la sua amica affinché continuasse nella sua produzione poetica e, soprattutto, non la nascondesse con l’utilizzo di pseudonimi (come si vedrà più avanti).
Scrivendo della poesia di Ruth Benedict ad Harriet Monroe, la più alta lode di Sapir fu per la sua sincerità: “Above all, every line of her work is”.

Dalla poesia all’antropologia

Ruth Benedict, nata Fulton il 5 giugno 1887, proveniva da un’antica famiglia agricola americana. Sei dei suoi antenati avevano combattuto nella guerra rivoluzionaria; sia i genitori di sua madre che quelli di suo padre vivevano a Norwich, New York, e le case dei suoi nonni rimasero un solido ancoraggio nella sua memoria. Suo padre, medico laureato al New York Homeopathic Medical College, morì quando lei non aveva nemmeno due anni. L’evento è evocato dalla prima riga dell’autobiografia, che Ruth abbozzò e mai finì, del 1935, The story of my life:

The story of my life begins when I was twenty-one months old, at the time my father died.

Anche se assente, la figura del padre ebbe sempre un gran influsso nella sua vita:

I have very little idea what he was really like, but the part he played in my childhood, and still plays, was none the less great for that. It may even be that I kept some memory of him, for they tell me that all through my childhood I called one chair in the house my father’s chair, a chair no one else associated with my father.


Fu sua madre a sostenere la famiglia lavorando come insegnante. A differenza della sorella minore, Ruth non era incline ai doveri domestici, preferendo un personale mondo di fantasia al ruolo pragmatico della donna di casa. Spesso seguiva suo nonno nella stalla, dove poteva dare maggior sfogo alla sua immaginazione. A volte, poco convinta, fingeva di scappare; più spesso e catastroficamente esplodeva in violenti scoppi d’ira.155 I rimproveri della madre stentavano ad arrivare all’orecchio di Ruth, nel vero senso della parola: un attacco infantile di morbillo l’aveva lasciata parzialmente sorda, esacerbando il suo senso di alienazione. Scrive Benedict nella sua autobiografia:

These two worlds that I knew as a child stretched out in all directions. Happiness was a world the I lived in all by myself and for precious moments. These moments were my pearls of great price.

Tali preziosi momenti di solitudine la portarono a sperimentare la scrittura molto presto; quando si laureò in letteratura inglese nel 1909, aveva già pubblicato poesie e saggi critici premiati, su argomenti come Literature and Democracy and Traits of Shakespeare’s Heroes.
Ruth Benedict fece la sua prima esperienza interculturale in Europa con due compagni di classe, grazie a una borsa di studio. Poi tornò in America, a insegnare in una scuola secondaria. Nel giugno 1914, pensando di aver trovato il suo “grande amore”, sposò Stanley Benedict (1884-1936), un biochimico ricercatore al Cornell Medical College, e si stabilì nella periferia di New York City. Se fossero arrivati i figli tanto desiderati, forse Ruth non sarebbe diventata un’antropologa di fama mondiale.
Nel 1919 cominciò a seguire dei corsi presso la neonata New School for Social Research; furono suoi professori Elsie Clews Parsons (1875-1941), ricca sociologa femminista diventata etnografa, e Alexander Goldenweiser (1880-1940), descritto dalle parole della Mead come “il più pittoresco della generazione di antropologi giunta alla maturità prima della prima guerra mondiale”. Entrò alla scuola di specializzazione della Columbia e conseguì il dottorato nel 1923, seguita da Franz Boas. I suoi primi lavori si concentrarono sulla religione dei nativi americani: pubblicò The Vision in Plains Culture nel 1922 (su American Anthropologist) e, per il suo dottorato di ricerca, The Concept of the Guardian Spirit in North America. Il suo primo lavoro sul campo, nell’estate del 1922, quando aveva 35 anni, fu svolto tra i serrano della California; successivamente intraprese ulteriori studi sul campo tra gli zuñi e i pima. Fu colpita dal contrasto tra la cultura pima e quella dei pueblo del sud- ovest. Questi pensieri seminali furono sviluppati nel decennio successivo, e nel 1934 Benedict pubblicò il suo famoso libro Patterns of Culture.
A causa della parziale sordità, il lavoro sul campo non fu mai facile per lei. Doveva limitarsi a colloqui con informatori anglofoni o all’utilizzo di interpreti, e all’osservazione di cerimonie, dove l’occhio poteva sostituire l’orecchio. Aveva imparato a leggere le labbra, ma non era mai stata in grado di apprendere nuovi schemi fonetici. Così la parte del lavoro che comportava la comprensione delle domande o il seguire la discussione, rimaneva sempre un calvario per lei.
L’anno 1923 segnò non solo la pubblicazione della sua tesi di dottorato, ma anche l’inizio di una serie di amicizie in cui i vecchi tabù sulla fiducia potevano essere abbandonati. In particolare, fece conoscenza di due persone con le quali sviluppò rapporti profondi e reciprocamente influenti. Una era, appunto, il linguista e antropologo Edward Sapir: la voluminosa corrispondenza tra i due tratta di antropologia, psicologia e poesia, e testimonia un’amicizia che durò fino alla morte di Sapir, nel 1939. L’altra era Margaret Mead (1901-1978), una studentessa del corso di antropologia di Boas, che sarebbe diventata la sua collega, confidente ed esecutore letterario.
Ruth continuò a vivere in un appartamento a New York City, mentre nei fine settimana faceva la pendolare a Bedford Hills per vedere Stanley e sostenere un matrimonio ormai disintegrato. Sebbene si fosse resa conto già nel 1920 della situazione, non si separò completamente da Stanley fino al 1930. Ella fu editrice del Journal of American Folklore dal 1928 al 1939, e membro fondatore della Society for Applied Anthropology nel 1941. Nel 1946 pubblicò l’altro suo grande successo editoriale: Il Crisantemo e la Spada. Il libro fu ampiamente criticato per l’approccio di “cultura a distanza”, sebbene ciò fosse stato reso necessario dalla guerra. Per scrivere il libro infatti, Benedict si avvalse di interviste a giapponesi risedenti in America e di materiale letterario su temi della cultura giapponese.
Ruth Fulton Benedict morì il 17 settembre 1948 di trombosi coronarica, dopo una malattia di cinque giorni, appena dieci giorni dopo essere tornata da un’estate di insegnamento e da un viaggio in Europa.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Antropologi e poeti nel Nord-America del Novecento

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Cristina Cireddu
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Editoria, Culture della Comunicazione e della Moda
  Corso: Editoria, comunicazione multimediale e giornalismo
  Relatore: Stefano Allovio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 177

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