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Accudimento, attaccamento e dinamiche familiari nell'anoressia nervosa

Sostegno alla genitorialità

L’adolescente che è inserito in uno specifico contesto relazionale familiare sente però l’influenza di tutte le dinamiche che avvengono all’interno, che se disfunzionali causano disagi al soggetto e rendono più difficile il processo di cambiamento e di guarigione. È dunque importante svolgere un lavoro anche con i genitori dell’adolescente, attraverso una presa in carico che li vede coinvolti in un percorso terapeutico parallelo. Inoltre vista l’età delle ragazze il coinvolgimento dei genitori nel percorso di cura si rivela indispensabile. Il lavoro con i genitori di adolescenti con il disturbo alimentare costituisce un momento di osservazione molto utile per conoscere le interazioni comportamentali nella famiglia e la trasmissione culturale transgenerazione, ossia il passaggio inconscio di contenuti tra le generazioni. Ci sono dei casi però in cui non è possibile lavorare con la coppia genitoriale perchè i genitori sono divorziati o separati e tra di loro ci sono dinamiche conflittuali per le quali si rifiutano di partecipare; questo è un ostacolo per il quale ciò che resta da fare è lavorare con la singola ragazza. Prendendo in considerazione il caso in cui le problematiche presenti in famiglia possono essere causa del disagio e del sintomo della paziente e considerando che la coppia genitoriale solitamente è inconsapevole che il disagio della figlia possa essere connesso a tale situazione, bisognerà tenere in considerazione come il lavoro con i genitori debba essere principalmente focalizzato su ciò che nella famiglia risulta essere disfunzionale per la problematica della ragazza anoressica, fornendo loro un supporto e lavorando al fine che vengano messe a fuoco certe dinamiche e che possa avvenire un processo di cambiamento.

L’intervento clinico con i genitori, quando possibile, permette di comprendere il quadro affettivo e relazionale che alimenta il sintomo della ragazza. La clinica della famiglia ha come obiettivo quello di «curare l’ambiente relazionale» ossia di analizzare tutte le dinamiche presenti in quel sistema e comprendere come certi meccanismi disfunzionali possono aver determinato e possono mantenere vivo il sintomo, con lo scopo di promuovere i giusti cambiamenti. La struttura famigliare delle ragazze anoressiche risulta essere in molti casi caratterizzata da una mancanza di confini generazionali, di spazi personali e dominata da forme di invischiamento relazionale. Quello che risulta essere importante e terapeutico per tutti i componenti di quel sistema è proporre un consulente diverso per i genitori e per la figlia, questo permette di attuare una prima “separazione”, processo solitamente assente e problematico nel caso dell’anoressia. Oltre ai colloqui con i genitori che permettono di lavorare sui meccanismi disfunzionali nel rapporto con la figlia e/o nei rapporti di coppia, è possibile proporre loro l’inserimento all’interno di gruppi terapeutici che hanno come obiettivo il confronto con altre storie familiari e altri modi di funzionamento del sistema familiare. Questo permette di non sentirsi soli nel disagio, di condividere la propria storia trovando spunti di riflessione importanti nell’ascolto di altre vicende e inoltre permette di vedere certe dinamiche relazionali dall’esterno, agite da altri membri del gruppo. Si vuole ripercorrere consapevolmente attraverso la riflessione e l’esplorazione, le dinamiche della patologia delle figlie partendo da uno sguardo genitoriale al fine di promuovere l’emergere di nuove prospettive di significato prima non pensate e per valutare quali possano essere le risorse naturali che il nucleo dispone. Il sintomo non viene più considerato come qualcosa di isolato, casuale, determinato da fattori sconosciuti, diventa ora comprensibile, collegabile e leggibile attraverso una specifica storia e vicende familiari. Dare un significato al sintomo permette di non viverlo più con timore e rifiuto, bensì viene accettato e affrontato con schemi del tutto nuovi e funzionali.

Jeammet considera l’alleanza terapeutica con i genitori la miglior prevenzione di drop-outs:
«il loro coinvolgimento attivo consente, infatti, di riorganizzare la dinamica delle relazioni familiari; la loro capacità di tollerare il cambiamento favorisce la ripresa evolutiva della figlia, che non viene ostacolata nella separazione psichica dalle figure genitoriali».

Inoltre è «funzionale alla soluzione edipica», il che vuol dire che l’incontro con punti di vista diversi porta a dover abbandonare una interpretazione onnipotente e assolutistica del ruolo, a riconoscere i meccanismi che prendono forma in quel specifico contesto e portano a considerare l’altro ed accettarlo come terzo, distinto da sé. Infine un fenomeno che si nota molto frequente all’interno dei gruppi terapeutici è quello del “capro espiatorio”. Si tratta di una modalità difensiva arcaica che consiste nel proiettare su un oggetto altro da sé, parti di sé vissute come angoscianti e impensabili. Esso ha una funzione positiva per il gruppo in quanto permette di canalizzare le aggressioni ed impedire che esse diventino una minaccia per l’integrità psichica dell’individuo e per l’integrità del gruppo terapeutico ed inoltre «serve in alcune circostanze a recuperare, tramite il contagio emotivo, una certa coesione indifferenziata che di fronte all’emergere di movimenti di separazione-individuazione tenta di recuperare la fusionalità originaria». Dall’analisi di diversi gruppi genitoriali si evidenzia come per tutti i nuclei sia molto difficile mettere in discussione il proprio ruolo di madre e di padre e così anche il sistema relazionale esistente all’interno della famiglia. Di fronte a questa forte resistenza è importante che il terapeuta non sia intrusivo, altrimenti c’è il rischio di spezzare il legame terapeutico e comportare la rinuncia alla terapia gruppale; piuttosto deve favorire un clima di confronto e sostegno finalizzato a stimolare riflessione e introspezione.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Accudimento, attaccamento e dinamiche familiari nell'anoressia nervosa

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Informazioni tesi

  Autore: Marina Carlotta Peruzzo
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2018-19
  Università: IUSVE - Istituto Universitario Salesiano Venezia
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Giovanna Borsetto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 120

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Parole chiave

anoressia
disfunzioni
attaccamento
disturbo
accudimento
comportamento alimentare

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