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Studio sulle potenzialità della Spettrofotometria UV -Visibile in Riflettanza Diffusa nella caratterizzazione di materiali inorganici di interesse artistico-archeologico.

Spettroscopia elettronica e pigmenti

La spettroscopia elettronica indaga la regione ultravioletta, visibile e infrarossa dello spettro elettromagnetico: i composti organici risultano assorbire maggiormente nell’UV e nel visibile, quelli inorganici – soprattutto se contengono metalli di transizione- possono presentare bande di assorbimento d-d anche alle basse energie corrispondenti alle frequenze del vicino IR.
In base alle principali caratteristiche degli spettri elettronici, è possibile caratterizzare i componenti principali del materiale in esame, preferibilmente confrontando i dati ottenuti con quelli di composti di riferimento.
Dopo aver preso in considerazione tutta una serie di accorgimenti (prestare attenzione a materiali fortemente assorbenti o con particelle di grandi dimensioni, in cui assorbimento e diffusione competono) per migliorare la qualità dello spettro ottenuto, spesso il semplice spettro di riflettanza nel visibile può essere sufficiente all’identificazione del materiale in esame, soprattutto quando si tratta di pigmenti puri o è nota la tavolozza dell’autore. Solitamente i pigmenti caratterizzati da bande di transizione d-d mostrano le condizioni ideali per l’identificazione, poiché il basso coefficiente di assorbimento causa una “compressione” dello spettro, mantenendo però le caratteristiche spettrali osservabili in modalità trasmissione.

L’azzurite, per esempio, è facilmente riconosciuto e distinto dagli altri pigmenti blu, a causa della presenza di un intenso picco a 450 nm e invece a bassi valori di riflettanza nella regione del rosso e nel vicino IR, fattori che sottolineano la presenza di transizione d-d. Al contrario, l’indaco, il blu di Prussia e il lapislazzuli mostrano alta riflettanza proprio nel rosso e nell’IR; inoltre l’indaco e il lapislazzuli presentano spettri molto simili e solo una buona praticità e abitudine possono permetterli di differenziarli senza dubbi.
Tra i pigmenti blu, lo smaltino è caratterizzato da un particolare spettro elettronico con due bande d-d, una nel visibile, suddivisa in tre bande minori, e una nel vicino IR, che rendono possibile una sicura identificazione.
Oltre alla distinzione dei differenti pigmenti, la tecnica FORS può offrire utili informazioni riguardo l’origine e/o la manifattura di vetri antichi: si possono sfruttare a tale scopo le medesime due bande come marcatori della natura sodica o potassica di un vetro. In effetti, il reticolo cristallino viene leggermente modificato nel passaggio tra vetro al sodio e al potassio e in quest’ultimo caso lo ione Co2+ risulta influenzato dall’intensità del campo cristallino, che è inferiore nel vetro sodico. Come conseguenza, nel vetro al potassio il centro delle due bande risulta spostato verso frequenze minori.
La presenza del cobalto coordinato tetraedricamente è sempre accompagnata da queste due bande di assorbimento, la cui posizione dipende ovviamente dal reticolo cristallino che ospita lo ione metallico. Per esempio, se il cobalto è presente in una struttura a base ZnO, il colore risultante del materiale sarà verde, i quanto le due bande di assorbimento risultano leggermente spostate verso il rosso.
Comunque, anche se la presenza delle bande appena citate è sempre sintomatica della presenza dello ione cobalto (II), la loro assenza non implica l’assenza di pigmenti al cobalto. Per esempio, il fosfato di cobalto mostra due intensi segnali centrati a 560 nm, una banda di assorbimento meno intensa invece a 860 nm: in questo pigmento violetto il cobalto (II) è esacoordinato in un intorno pseudo ottaedrico.
Invece, un altro comune pigmento quale la malachite CuCO3∙Cu(OH)2 mostra un’ampia zona di assorbimento nel vicino IR, che è dovuto a transizioni d-d del rame.
Nonostante il loro utilizzo fin dai tempi antichi, gli spettri elettronici delle ocre gialle e rosse sono stati poco studiati e solo recentemente è stata proposta una loro interpretazione. Questi pigmenti sono terre naturali formate da argilla e silice e devono il loro colore alla goetite (gialla), idrossido ferrico α-FeOOH, e all’ematite, α-Fe2O3. Gli spettri di riflettanza nel visibile sono dominati da un picco a 740 e 760 nm e una banda allargata meno intensa da 640 a 660 nm. Queste caratteristiche non sono dovute a trasferimenti di carica legante-metallo, come è stato inizialmente supposto, ma all’eccitazione del ferro trivalente e a transizioni d-d del Fe(III), intensificata dall’accoppiamento magnetico con atomi di ferro adiacenti, mentre meccanismi di trasferimenti di carica sono responsabili dell’assorbimento nell’UV.
Anche per il lapislazzuli l’interpretazione dello spettro di assorbimento è rimasta un mistero per molto tempo. Solo recentemente si è compreso che il responsabile del forte assorbimento a 600 nm è l’anione S3- presente nel reticolo di questo complesso alluminosilicato. La contemporanea presenza di S2- provoca assorbimento intorno i 380-400 nm, che produce un tenue colore giallo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Studio sulle potenzialità della Spettrofotometria UV -Visibile in Riflettanza Diffusa nella caratterizzazione di materiali inorganici di interesse artistico-archeologico.

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Informazioni tesi

  Autore: Michela Romagnolo
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi del Piemonte Orientale A.Avogadro
  Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
  Corso: Chimica e tecnologia farmaceutiche
  Relatore: Maurizio Aceto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 112

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