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Le relazioni tra Russia e Unione Europea dal 1992 ad oggi

Tratti principali della politica estera russa durante la presidenza Putin: dal 1999 ad oggi

Come avremo modo di vedere nel prossimo capitolo, è proprio durante la guida di Putin al Cremlino che i rapporti tra Mosca e Bruxelles hanno cominciato a produrre risultati maggiormente concreti ed apprezzabili. Se Elcin aveva privilegiato il rapporto con gli Stati Uniti, sia per orientamento personale e del proprio staff, sia soprattutto per l’inconsistenza politica dell’Europa inconciliabile con l’urgenza di aiuti e interventi strutturali avvertita da Mosca, Putin mostrò da subito di voler ampliare il raggio d’azione e d’interesse della politica estera russa.

L’obiettivo dichiarato del nuovo Presidente era quello di affermare il Paese come potenza regionale nell’area centro-asiatica, sfruttando le possibilità offerte dalla propria posizione geografica a cavallo tra Europa e Asia per proporsi come intermediario credibile tra i due mondi. Molti osservatori concordano nell’affermare che Putin abbia “riscoperto l’Eurasia” negli interessi di politica estera del proprio Paese16, sia per allargare la sfera d’azione politica russa a Est, sia per assumere un peso “contrattuale” maggiore nelle relazioni con l’Ovest, e, in particolar modo, agli occhi degli europei.

La Russia di Putin ha acquistato sicurezza e riscoperto le proprie possibilità in politica estera anche grazie ai mutati assetti internazionali venutisi a creare, come abbiamo premesso, in seguito agli attacchi terroristici al World Trade Centre del 2001. L’Occidente, a cominciare dagli Stati Uniti, ha riscoperto la Russia come un alleato necessario nella lotta al terrorismo internazionale e nella ricerca del mantenimento della sicurezza del pianeta. Dopo le divergenze emerse tra le due parti in occasione dei bombardamenti Nato contro la Serbia durante il conflitto in Kosovo, che videro la Russia particolarmente ostile all’azione occidentale in nome del tradizionale panslavismo che la legava a Belgrado, la “nuova” sfida al terrorismo internazionale proclamata dal presidente americano Bush aprì per Mosca nuove prospettive che rendevano più conveniente la collaborazione, piuttosto che la contrapposizione, con Washington.

Inizialmente, invece, Mosca sembrò agire con l’obiettivo di scongiurare l’accettazione del principio di ingerenza negli affari interni di uno Stato sovrano sostenuto, nemmeno troppo velatamente, dagli Stati Uniti, vista e considerata la situazione in Cecenia, a causa della quale Mosca si trovava esposta alle critiche della comunità internazionale. Il Cremlino, sotto la guida di Putin, diresse la propria politica estera verso un maggiore realismo, partendo dal sostanziale riconoscimento della debolezza internazionale del Paese e della scarsa incisività sulla scena globale dovuta al ridimensionamento del proprio ruolo, sia a livello mondiale sia nei confronti dell’area ex-sovietica. Tuttavia, questa innegabile realtà non impediva alla Russia di porre al primo posto tra gli obiettivi di politica estera la difesa dei propri interessi nazionali.

Da un lato, dunque, la logica di realpolitik seguita dai vertici russi, incoraggiava l’incremento della cooperazione e una maggiore convergenza con gli Stati Uniti su temi ben precisi che potevano comportare reali vantaggi per Mosca, quali la lotta al terrorismo e alla criminalità internazionale, la soluzione della pressione dei flussi migratori, l’imperativo di difesa della rispettiva sicurezza territoriale, l’apertura economico-commerciale e l’espansione dei propri mercati. Allo stesso tempo, tuttavia, Putin puntò ampiamente alla difesa del principio di multipolarità nelle relazioni internazionali, avvicinandosi in questo frangente alla posizione di alcuni Stati chiave dell’Europa, quali Francia e Germania.

Il Presidente russo, infatti, vedeva nella promozione di questo principio due vantaggi fondamentali per Mosca: la possibilità di porre dei margini all’unipolarismo mondiale e di contenere l’unilateralismo statunitense nella gestione degli affari internazionali, che spingeva la Casa Bianca ad una crescente competizione con Mosca per l’influenza nelle aree strategiche del Caucaso e in alcuni Stati, come Georgia, Ucraina e Uzbekistan, vitali per la sicurezza geopolitica russa; una base per costruire e rafforzare quell’asse Parigi-Berlino-Mosca che poteva rilanciare la cooperazione con l’Europa in modo autonomo e indipendente rispetto alle politiche di Washington, fornendo anche maggiore credibilità e peso specifico al ruolo di Mosca nell’ambito delle organizzazioni e delle istituzioni internazionali su cui essa puntava per affermare tale principio multilaterale20. In questa logica appare chiaro l’interesse russo nei confronti del rafforzamento della cooperazione militare e di difesa con l’Europa.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Le relazioni tra Russia e Unione Europea dal 1992 ad oggi

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Informazioni tesi

  Autore: Alice Bruni
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni internazionali
  Relatore: Lorenzo Medici
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 164

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Parole chiave

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