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Gialappa's Band: un nuovo modo di fare televisione (1985-2002)

Un’oasi indipendente: Mai dire gol nella televisione di Berlusconi

Nella puntata di esordio della stagione 1996-1997, Lippi definisce Mai dire gol un cult. Non è il primo ad associare questo termine al programma, poiché già nel 1994 viene considerato come tale dai principali quotidiani italiani: una trasmissione di culto, capace di suscitare un’adesione partecipativa nei propri telespettatori, facendo scattare in essi dei processi di identificazione e di socializzazione nei confronti di una comunità virtuale di destinatari.
Si possono trovare nel corso degli anni alcuni tratti distintivi che fanno diventare Mai dire gol un programma di culto. Uno di questi è sicuramente l’autoreferenzialità del programma, sia nei confronti della televisione in generale che nei confronti della trasmissione stessa. Infatti, l’autoreferenzialità dei mezzi di comunicazione di massa è un fenomeno sempre più rilevante e diffuso e la televisione sempre più frequentemente parla di sé stessa. Essa è in primo luogo l’oggetto delle prese in giro da parte della Gialappa’s, che vuole smascherare le ipocrisie della comunicazione televisiva italiana, allenando il telespettatore ad assumere un atteggiamento critico e smaliziato nei confronti della televisione e della sua retorica. Allo stesso tempo, Mai dire gol inizia già ad autocitarsi e a costruirsi un archivio di riferimenti intratestuali fin dalla seconda stagione del programma, quando vengono messi insieme i migliori momenti della prima edizione nella sigla d’apertura. Meno di un decennio dopo, a partire dal 24 gennaio 2000, dal lunedì al venerdì alle ore 14.30, va in onda Mai dire maik, una «raccolta di splendidi epigrammi sepolcrali tratti da una stagione irripetibile»: con il pretesto del quiz, la Gialappa’s insieme a De Luigi, Crozza, Hidding e Foresta rivisitano dieci anni di Mai dire gol, permettendo ai telespettatori di ripercorrere i momenti più divertenti delle stagioni passate. La creazione di una memoria interna del programma è una delle condizioni essenziali all’origine del culto.
Oltre alla memoria interna, anche la formazione di un serbatoio di citazioni a cui attingere, la presenza di formule fisse riproposte di puntata in puntata, senza dubbio rafforza il culto. In Mai dire gol si trovano diversi tipi di formule verbali e gestuali ricorrenti, che permettono di conferire una struttura costante e riconoscibile al testo, influenzando successivamente anche i titoli dei giornali e i modi di dire dei telespettatori. Grazie al programma, alcuni tormentoni dei personaggi di Frengo, Caccamo e Pier Piero entrano a far parte del linguaggio giovanile. Pertanto non sorprende che una parola come gollonzo, nata dallo slang delle trasmissioni della Gialappa’s e riproposta negli anni dal giornalismo sportivo, sia entrata ufficialmente nel Vocabolario della Lingua Italiana Zingarelli nel 2011, per definire un gol ridicolo e fortunoso.
Un’altra caratteristica dei programmi di culto è la serialità, che si definisce come la ripetizione, all’interno di un palinsesto, delle stesse modalità rappresentative ed espressive, attraverso prodotti caratterizzati da strutture narrative costanti e personaggi fissi. In Mai dire gol, la struttura della serie tende ad essere chiusa nelle prime edizioni, con le varie puntate che sono intercambiabili tra di loro e senza traccia di evoluzione dei personaggi. Negli anni successivi la serialità aperta prende il sopravvento e si inizia ad assistere a uno sviluppo diacronico delle vicende dei personaggi all’interno della trasmissione. In questa maniera, il telespettatore fedele viene premiato poiché è l’unico in grado di cogliere i rimandi intratestuali. Ecco quindi che le caricature comiche di Teocoli come Caccamo o Vettorello, che inizialmente vengono solo abbozzate attraverso l’accento regionale o qualche tic comportamentale, si evolvono nel corso delle puntate, assumendo perfino un certo spessore caratteriale. Vengono quindi introdotti in maniera sempre più massiccia degli elementi narrativi all’interno del programma, che fino a quel momento trattava solamente di informazione sportiva, mettendo in crisi la tradizionale divisione tra fatto e finzione.

Un'altra caratteristica di Mai dire gol che lo pone fra i programmi di culto è quello di essere identificato come «un’oasi ideologicamente indipendente» all’interno del palinsesto di Fininvest. Infatti, sebbene la politica venga raramente tematizzata in maniera esplicita, soprattutto nelle prime edizioni, si coglie una certa aria di sinistra nel programma, in contrasto con l’ideologia e il pensiero politico del proprietario delle reti televisive in cui Mai dire gol va in onda, ovvero Silvio Berlusconi. Generalmente, la competenza ideologica presupposta da un programma di culto non coincide con i valori della maggioranza, poiché lo spettatore modello di simili programmi desidera differenziarsi dalla massa.
La Gialappa’s Band non ha mai nascosto di essere in disaccordo con alcune scelte politiche del proprietario di Fininvest e questo lo si può osservare facilmente nel 1995 in occasione del referendum abrogativo di materia televisiva. Nel 1994 Berlusconi decide di entrare in politica riuscendo a diventare Presidente del Consiglio dei ministri, grazie anche al forte sostegno durante la campagna elettorale da parte delle reti televisive di cui è proprietario. Il suo esordio in politica è accompagnato da un acceso dibattito in riferimento al conflitto d’interesse tra ruolo pubblico e attività private di Berlusconi. Con l’intenzione di aggiustare i difetti del sistema televisivo, vengono organizzati dai suoi avversari politici del centrosinistra tre referendum volti ad abrogare alcuni punti della legge Mammì. I quesiti vogliono ridurre il numero delle reti affidabili a un singolo imprenditore privato, limitare la raccolta pubblicitaria dei canali televisivi e impedire le interruzioni delle opere cinematografiche. Lo scontro politico passa anche per la televisione, con le reti Fininvest impegnate nella battaglia per il no al referendum, che obbligherebbe Berlusconi a cedere una delle sue reti. L’intensa campagna propagandistica delle reti berlusconiane culmina in un lungo spot per celebrarne i 15 anni di vita che coinvolge anche molte personalità dei programmi del palinsesto Fininvest, ma non la Gialappa’s. Taranto, Gherarducci e Santin si sono infatti schierati più volte per il sì al referendum. Taranto, intervistato sulle pagine del «Corriere della Sera», afferma: «Berlusconi ha il monopolio privato e ha messo le mani anche sulla Rai, dopo aver detto che non spostava neppure una pianta. Sappiamo che peso ha avuto la tivù alle politiche». Sulle pagine de «l’Unità», Gherarducci aggiunge: «Due reti a testa tra Rai e Fininvest per noi è la soluzione ideale». Inoltre, i tre della Gialappa’s hanno più volte dichiarato che, in caso di vittoria del no, avrebbero potuto lasciare le reti Fininvest.

Lo stesso Taranto ha successivamente ammesso:
«Per quei referendum, facemmo l’errore, io in particolare, di schierarci. Andai a un comizio con Franca Rame in piazza del Duomo a Milano per celebrare il funerale della par condicio. […] Ce lo siamo posti, eccome, il problema: “se non andiamo in onda nemmeno noi, chi dirà determinate cose?” Non so se abbiamo trovato la risposta giusta, ma abbiamo concluso che almeno noi dovevamo andare in onda. […] Programmi come il nostro, come “Le Iene” insomma hanno lasciato il segno nel pubblico tanto denigrato di Italia 1».
I tre quesiti sono bocciati nella consultazione popolare, a dimostrare il forte radicamento e la diffusa accettazione delle logiche pubblicitarie delle reti Fininvest. Ci si può domandare per quale motivo Mai dire gol sia continuato ad andare in onda anche negli anni successivi, nonostante la posizione presa dalla Gialappa’s sul referendum in contrasto con quella delle reti Fininvest. La risposta la prova a dare Taranto: «Temo che in Rai, in questi anni, non abbiano permesso a nessuno di dire certe cose scomode perché l’azienda non ne aveva un tornaconto economico, mentre in Mediaset certi programmi li vivono come un’offesa ma li mandano in onda perché fanno audience, pensano agli introiti pubblicitari». Infatti, nonostante sulle pagine de «Il Giornale», di proprietà di Paolo Berlusconi, fratello di Silvio, si inviti la Gialappa’s a lasciare le reti berlusconiane, il trio viene confermato dalla Fininvest anche per le stagioni successive.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Gialappa's Band: un nuovo modo di fare televisione (1985-2002)

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Presente
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Scienze Umanistiche
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Silvia Salvatici
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 61

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