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Morte e rinascita nell’opera di William Shakespeare. “The earth that’s nature’s mother is her tomb; what is her burying grave, that is her womb” (Romeo and Juliet).

Una commedia “oscura”

Accennavamo nel capitolo precedente all’abilità di Shakespeare nell’inserire personaggi o scene comico-popolari nelle tragedie, e introdurre nell’ilarità della commedia la morte e la sofferenza. In Hamlet - con i giochi di parole e le battute di scherno del suo protagonista, e coi suoi becchini-clowns - la commistione dei generi che si avvertiva già nel primo Shakespeare, come abbiamo avuto modo di riscontrare soprattutto in Henry IV, diventa elemento strutturale dominante.

Avvertendo la difficoltà di far coincidere la forma ai contenuti, in una realtà, quella del Cinquecento, in cui l’uomo si affaccia a più mondi e alla pluralità di prospettive che essi offrono - e in cui allo sfasamento dell’individuo fa eco anche quello della rappresentazione - il drammaturgo crea una struttura teatrale estremamente aperta e flessibile in cui la polivalenza del reale si riflette nella polivalenza di una forma che infrange ogni barriera tra «commedia» e «tragedia».
Così, mentre nei drammi storici abbiamo visto levarsi, tra i re e i nobili, tra le lotte e le congiure, la poderosa figura comica di Falstaff, sulla comicità di Troilus and Cressida, All’s Well that Ends Well e Measure for Measure vedremo passare, come suggerisce Agostino Lombardo, «un soffio di morte, una percezione di tragedia» (Agostino Lombardo, Shakespeare: un teatro per l’uomo moderno).

Le commedie composte fra il 1601 e il 1606, infatti, sembrano muovere direttamente dalla interrogazione esistenziale e ontologica di Hamlet, proseguendo l’indagine, che si è detto iniziata in Richard II, dei recessi più cupi dell’animo umano, e rivelando così un intensificarsi del sentimento tragico. I protagonisti di queste commedie cercano di fare ordine e chiarezza nel loro mondo, individuale e collettivo, dominato dalla corruzione e dall’oscurità, nonché dalla minaccia sempre più crescente della morte.
Queste opere, il cui lieto fine lascia un sapore amaro, mostrano così uno spirito assai diverso da quello della commedia classica, tanto che i critici si sono trovati d’accordo, in linea di massima, nel dar loro il nome significativo di “problem plays”: drammi problematici o “oscuri”, dal punto di vista dei contenuti che vertono su un problema morale centrale, oppure tragicommedie, dal punto di vista della struttura drammaturgica, la cui distribuzione in due parti, «la prima violentemente realistica e potenzialmente tragica, la seconda meccanicamente comica», (Alessandro Serpieri, Misura per Misura) analizzeremo in Measure for Measure.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Morte e rinascita nell’opera di William Shakespeare. “The earth that’s nature’s mother is her tomb; what is her burying grave, that is her womb” (Romeo and Juliet).

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Natalizia Radicchio
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lingue e Letterature Straniere
  Relatore: Alessandro  Serpieri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 237

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