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Ancora su Verga: il caso di ''Storia di una capinera'' da Romanzo a Sceneggiatura

Verga e il cinematografo

La narrazione oggettiva sperimentata da Verga anche attraverso la fotografia, fu il primo passo che lo avvicinò a una nuova arte che si stava sviluppando all’inizio del 1900, quell’arte che, per molto tempo, fu chiamata “fotografia animata” o Kinematografo. Il cinema occupò gli interessi dell’autore nell’ultimo decennio della sua vita, dal 1909 al 1921. Ciò che mosse Verga verso il cinema fu, dal primo momento, un interesse di tipo pecuniario. Nel 1909, infatti, vendette i diritti di Cavalleria rusticana a una casa di produzione parigina l’A.C.A.D. per 500 lire. Lo scrittore riconobbe nel nuovo mezzo la grande capacità di diffusione presso il pubblico ma espresse un giudizio negativo poiché la fruizione non aveva, secondo lui, bisogno di particolare impegno da parte di chi assisteva alla visione. Molte furono le opere di Verga richieste per essere sceneggiate ed egli le cedette, inizialmente anche grazie all’intercessione dell’amica Giulia Debownska, una sua traduttrice, alla quale andarono i primi proventi e alla quale l’autore chiese esplicitamente di non far comparire il proprio nome nella produzione cinematografica. “Io posso autorizzare la riproduzione cinematografica delle mie scene popolari intitolate Cavalleria rusticana, ma del nuovo scenario per l’adattamento del mio dramma alle esigenze della cinematografia non posso né voglio occuparmi per le ragioni che le spiegai di già”. Verga voleva mantenere un netto distacco nei confronti della nuova arte e voleva dimostrare l’integrità di letterato, lontano dai profitti, che cede i diritti delle sue opere solo per favorire l’amica. Infatti “Il cinema non aveva ancora raggiunto uno statuto culturale, il pubblico era popolare e piccolo-borghese. Questo fatto contribuiva a svalutarlo perché la quantità e la qualità dei consumatori incidono sul valore simbolico di un prodotto”.

Ma il rifiuto a contribuire al trattamento delle sue opere durò poco e Verga iniziò a fornire all’amica Dina di Sordevolo anche degli schemi di come le sue opere potessero essere rappresentate sul grande schermo. La prima svolta avvenne con la crisi cinematografica in Italia, nel 1909, scatenata soprattutto dalle nuove esigenze di un pubblico che non si accontentava più di ciò che vedeva rappresentato sul grande schermo, già visto e rivisto; dalla competizione tra le varie case produttrici; dal numero eccessivo dei film proiettati nelle sale e dalla minaccia sempre più evidente della produzione straniera. Tali avvenimeenti provocarono un ribaltamento dell’organizzazione della produzione cinematografica italiana. “In questa fase di ristrutturazione produttiva e di nascita di nuove manifatture, entrano in modo massiccio, al sud come al nord, figure di nobili che investono i propri capitali nel cinema, terreno in cui la speculazione appare assai più redditizia e, al tempo stesso, più gratificante degli investimenti immobiliari e fondiari su cui, in genere, le grandi famiglie continuavano a basare le proprie fortune. È fin troppo ovvio osservare che l’ingresso di queste figure di aristocratici condizionerà in modo decisivo le caratteristiche e la politica culturale successiva di molte tra le maggiori case”. In molte di queste ultime, infatti, la figura del presidente coincide con quella del regista, così da eliminare i conflitti di competenza. La presenza degli aristocratici in queste case di produzione, oltre alla disponibilità di ingenti capitali, contribuì alla qualificazione culturale dei film prodotti. “Il salto è possibile anche perché esistono pubblici interamente da conquistare e perché, nel giro di pochi anni, la politica delle case, tesa a una maggior qualificazione culturale del prodotto, si dimostra assai redditizia sul piano nazionale e internazionale. Le maggiori case (…) cominciano a reclutare, tra i letterati, i giornalisti, i poeti e gli uomini id cultura, figure in grado di elevare la qualità del prodotto e conferirgli il marchio dell’artisticità (…)”. In questo periodo i letterati furono le figure più ricercate per riprodurre, sul grande schermo, classici già conosciuti e di successo e nuove storie da raccontare.

Fu in questo ambito che Verga e le sue opere entrarono a far parte del catalogo cinematografico dei primi decenni del ’900. Solo nel 1916 il suo contributo al cinema divenne ufficiale, entrando a far parte della Silentium film, una casa di produzione milanese alla quale aderirono anche altri letterati. Nonostante l’esclusiva con quest’ultima, Verga cercò di vendere i soggetti delle sue opere letterarie anche ad altre case cinematografiche e pose le sue condizioni all’interno della Silentium. I film realizzati dalle sue opere furono nove: Cavalleria rusticana (tre versioni), Storia di una capinera, Tigre Reale, Caccia al lupo, Una peccatrice, Eva e Il Marito di Elena. Come si nota dai titoli la realizzazione cinematografica di opere verghiane, in questo primo periodo, fu legata di preferenza alle opere letterarie con temi di matrice romantica poiché essi erano più appetibili presso un pubblico non maturo e poco colto.
Solo dopo la morte dell’autore siciliano, negli anni ’40 del ’900, il cinema verghiano fu preso come esempio per un fenomeno cinematografico di elevato carattere culturale e sociale che prese il nome di neorealismo. La terra trema di Visconti, fu tratto da I Malavoglia di Verga e dimostrò come la trasposizione sul grande schermo di un’opera verista potesse essere rappresentata come il suo autore desiderava, attraverso il racconto dei protagonisti e senza l’interposizione del narratore. Della nascita del cinema italiano e del rapporto tra verismo e cinema ci occuperemo nel secondo capitolo.

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Ancora su Verga: il caso di ''Storia di una capinera'' da Romanzo a Sceneggiatura

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Informazioni tesi

  Autore: Daniela Fleres
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2018-19
  Università: Università Telematica "E-Campus"
  Facoltà: Lettere
  Corso: Lettere moderne
  Relatore: Lucia Bertolini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 170

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Parole chiave

verga
linguistica italiana
storia di una capinera

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