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Anoressia e Bulimia: un tentativo di comprensione sociofamiliare

Verso una concezione preliminare e alternativa del corpo e della malattia

L’impostazione positivistica e causalistica definisce la patologia come conseguenza dello scarto (devianza) da un insieme di parametri, assunti come normali perché più frequenti.

Abbandonando però le scienze naturali, che pongono il corpo come dato a sé, così come le riflessioni psicologiche che colgono l’unità mente corpo all’interno di una presunta fondazione biologica (cosificando così la psiche), è possibile concepire il sintomo non più come segno, che rinvia ad un significato sulla base di un codice, ma come simbolo di un movimento vitale: sciogliendo il sintomo dal rigido casualismo, ci si può accostare alla molteplicità dei significati del reale per il soggetto.

Considerando quindi la malattia nella dimensione esperienziale-evolutiva del singolo, si può leggere nel suo squilibrio uno stato dell’essere, una strategia per fronteggiare la realtà: ogni comportamento è un’azione finalizzata che costituisce il miglior adattamento possibile all’ambiente; il malato non è anormale per mancanza di norme da imporre scientificamente, ma perché incapace di ritrovare le norme necessarie all’adattamento al mondo. La malattia è, quindi, l’inconscia perdita del senso vitale di quelle norme che caratterizzano l’ambiente del soggetto e dovrebbero essere riferimento per la propria identità.

Il soggetto con DCA nega perciò i meccanismi sociali e le norme di vita che per lui non hanno più senso e non gli permettono di accedere alla piena esistenza dello spirito, il cui depauperamento si riflette in quello procurato al corpo. Il conflitto interiore è rimosso tramite la nevrosi: il soggetto si propone di uscire da ogni forma adeguata alla vita, negando la dimensione materiale. La bulimia può quindi rappresentare l’impossibilità di saziare la fame dello spirito, mentre l’anoressia vede nel cibo un’invasione incontrollabile.

Alieno non è solo il bisogno di alimento che non si saprebbe controllare, ma qualsiasi pulsione vitale: la magrezza, pur imponendo una distruzione reale, rappresenta l’unico modo per mantenere un rapporto con la propria intima realtà, percepita come l’unica degna di fede. Per salvare la soggettività non resta che distruggere oggettualità e materialità.

Il corpo non è infatti essenziale all’esistenza: come teorizzato da Cartesio (1641) posso dubitare che il mio corpo esista, ma non posso dubitare che io esisto. Il nucleo malato consiste proprio nella pretesa di trattare il corpo, che appartiene alla realtà, come un oggetto interno creazione della mente: effetto delle pretese della mente sul corpo è la dissociazione psicosomatica.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Anoressia e Bulimia: un tentativo di comprensione sociofamiliare

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Informazioni tesi

  Autore: Eleonora Fungher
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Scienze psicologiche
  Relatore: Ivano Spano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 48

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Parole chiave

anoressia
bulimia
concezione del corpo
costruzione dell'identità
disturbi del comportamento alimentare
ipotesi dispercettiva
ipotesi familiari
ipotesi psicoanalitiche
relazione con la madre
ruolo della famiglia
teoria dell'attaccamento
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