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Il laboratorio di improvvisazione nella didattica jazzistica. Alcune riflessioni ed un'esperienza pratica

Verso una nuova didattica della musica?

Le enormi trasformazioni avvenute in pochi decenni nella realtà produttiva e culturale della musica non possono e non potranno necessariamente investire anche la didattica. Accenneremo ora in modo necessariamente conciso, ad una serie di problematiche di cui è impossibile prevedere l’esito. Esse valgono come spunto di riflessione, così come le osservazioni – certo non soluzioni -proposte.

A chi si deve rivolgere l’insegnamento musicale, ed a che scopo? Esso deve soddisfare la crescente domanda di formazione di base (dovuta anche alla colpevole mancanza di una seria educazione musicale di base nella scuola), concentrandosi su una seria alfabetizzazione e acculturazione rispetto alla evoluzione strutturale e storica della/e musica/che, o piuttosto dedicarsi particolarmente alla formazione delle nuove figure professionali richieste?

In breve: l’offerta didattica deve essere rivolta alla formazione di una grande platea di amatori evoluti, o di un - sempre più ristretto - gruppo di futuri professionisti? E come porsi rispetto ai problemi posti dall’industrializzazione? Si deve, in un certo senso, “mettere in guardia” dai pericoli che essa comporta in termini di banalizzazione, preparando i musicisti ad una contrapposizione dialettica con essa, o invece comprenderne per tempo i meccanismi che la regolano per adeguarsi ad essi ed inserirsi più proficuamente al suo interno?

Rispetto all’ultima questione riteniamo prima di tutto sia necessario un approccio non ideologico: se – come purtroppo spesso accade - smettiamo di ragionare e cominciamo a fare il tifo per “la creatività [sociale?, individuale?] contro la perfida industria [il potere?]” o viceversa per “lo sviluppo economico [il libero mercato?] contro intellettualismi e pregiudiziali ideologiche”, perderemo sicuramente ogni contatto con la realtà, e soprattutto con la realtà dei musicisti, che di fatto hanno di volta in volta, spesso più per le circostanze che per scelta, operato indifferentemente nella direzione più “artistica” o in quella più “commerciale”. Nei fatti, alla fine, ogni caso è particolare, ed è nostra opinione che l’istituzione scolastica, specie quella pubblica, debba concorrere sia a sviluppare creatività e conoscenza critica, sia a preparare le figure professionali che il mercato del lavoro richiede.

Più in generale, ci auguriamo che le recenti innovazioni nei Conservatori italiani non siano che un passo di un lungo percorso di evoluzione didattica, che alla fine ci sembra necessariamente avere come sbocco una riduzione della standardizzazione: quella dell’orchestrale sinfonico è oggi una delle molte figure professionali possibili in ambito musicale, e tutto sommato è minoritaria.
Così se ha avuto senso concentrare essenzialmente lo studio sulle capacità di lettura e sulla tecnica strumentale in epoche in cui la padronanza dello strumento garantiva possibilità di lavoro, ci sembra che oggi sarebbe più adeguato un approccio più “generalista” rivolto fin dall’inizio degli studi anche alla conoscenza delle tecniche armoniche, di arrangiamento e composizione non meno che di quelle di registrazione, oltre che alla storia, all’analisi ed alla critica della/e musica/che; in un secondo tempo lo studente potrà identificare l’ambito in cui riesce meglio, o è più interessato, e approfondirlo di conseguenza.

Questo orientamento generale ci sembra essere alla base delle trasformazioni che caratterizzano i conservatori italiani, soprattutto nel loro trasformarsi in università, ma le innovazioni che esso comporta in termini di organizzazione e strategie didattiche sono molto lente nella loro attuazione: a titolo di esempio facciamo notare il primo limite che ci è balzato agli occhi: di fatto i piani di studio non sono frutto di una ricerca e riflessione del singolo allievo, indirizzato ed aiutato in questo dai docenti, ma in genere provengono da un modello, stampato dal conservatorio, e pedissequamente fotocopiato da tutti gli studenti.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il laboratorio di improvvisazione nella didattica jazzistica. Alcune riflessioni ed un'esperienza pratica

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Tocilj
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Conservatorio di musica
  Facoltà: Jazz
  Corso: Sassofono jazz
  Relatore: Paolo Tombolesi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 71

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