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Saggi di traduzione di quattro racconti di Chaim Potok

Zebra

Si chiamava Adam Martin Zebrin, ma tutto il vicinato lo conosceva come Zebra.
Non ricordava quando cominciò a esser chiamato con quel nome. Forse iniziarono a chiamarlo Zebra quando per la prima volta cominciò a correre. O forse cominciò a correre quando iniziarono a chiamarlo Zebra.
Amava quel nome e amava correre.
Quando era molto piccolo i suoi genitori lo portarono allo zoo dove, per la prima volta, vide delle zebre. Erano creature dall’aspetto bizzarro, come cavalli tarchiati dalle gambe corte, il collo grosso, con strisce bianche e scure.
Poi un giorno andò con i suoi genitori a vedere un film sull’Africa e vide le zebre, a centinaia, attraversare rombando una pianura erbosa, la polvere che si alzava in brune nubi ribollenti.
Correva già prima di vedere quel film, o cominciò a correre dopo? Nessuno sembrava in grado di ricordare.
Correva per tutto il vicinato per la pura gioia di sentire il vento sul viso. La gente diceva che quando correva inarcava la testa in avanti e indietro, il viso come appiattito. Uno dei suoi insegnanti gli disse che correre in quella maniera era intelligente, l’equilibrio era migliore. Ma la verità era che correva in quel modo, la testa gettata indietro, perché amava sentire il vento che gli scorreva veloce sul collo.
Ogni volta, dopo solo pochi minuti di corsa, cominciava a sentire le gambe meravigliosamente leggere. Correva lungo la scuola e le case sulla strada dietro la chiesa. Tutti i vicini lo conoscevano e lo salutavano gridando, “Vai, Zebra!” E a volte due o tre dei loro cani correvano per un po’ con lui, abbaiando.
Immaginava di essere una zebra su una pianura africana. In corsa.
C’era una collina sulla Franklin Avenue, una collina ripida. Appena raggiungeva quella colina si sentiva le gambe così leggere che era come se non le avesse affatto e stesse volando. Cominciava a discendere la collina, sicuro, mentre correva, che dovesse solo darsi una leggera spinta e via, sarebbe andato, e invece di una zebra diventava l’uccello che una volta aveva visto in un film sull’Alaska, rapidamente si trasformava in un’aquila che si librava sempre più in alto, leggera come la brezza più lieve, il vento fresco che accarezzava le braccia, le gambe, il collo.
Poi, un anno fa, correndo giù per la Franklin Avenue, si era dato quella spinta e aveva cominciato a trasformarsi in un’aquila, quando un’enorme ombra impetuosa apparve all’orizzonte e si infranse contro di lui immergendolo in un’oscurità dalla quale emerse molto, molto lentamente…
“Mai, mai, mai correre giù per la collina tanto veloce da non potersi fermare all’angolo,” lo aveva avvertito ripetutamente sua madre.
I suoi compagni di scuola e amici continuarono a chiamarlo Zebra pur sapendo che i dottori gli avevano annunciato che non avrebbe mai più potuto correre in quel modo.
Col tempo la gamba sarebbe guarita, dicevano i dottori, e forse in un anno o giù di lì la stecca sarebbe stata tolta. Ma non erano affatto sicuri per quanto riguardava la mano. Ogni tanto la mano infortunata, che ancora portava avvolta in una fascia, cominciava a fargli male. I dottori dicevano che non riuscivano a trovare la causa di quel dolore.
Una mattina, durante la lezione di geografia del signor Morgan, la mano di Zebra cominciò a fargli tremendamente male. Stava seduto guardando fuori dalla finestra verso il cielo. Il signor Morgan, un uomo sulla cinquantina dalle maniere rigide, dedito ad abiti distinti ed eleganti cravatte a farfalla, gli chiese di rispondere a una domanda. Zebra arrancò invano in cerca di una risposta. Il signor Morgan gli disse di prestare attenzione alla geografia dentro alla classe e non alla geografia al di fuori.
“Durante questa lezione, giovanotto, si concentra l’attenzione sulla terra, non sul cielo”, disse il signor Morgan.[...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Saggi di traduzione di quattro racconti di Chaim Potok

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Informazioni tesi

  Autore: Chiara Mugavero
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Lettere
  Corso: Traduzione letteraria e traduzione tecnico-scientifica
  Relatore: Mario Materassi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 119

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