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Zingari al bivio: cultura nomade o cultura occidentale?

Il “problema zingaro” è un problema fondamentale in Italia poiché da ben cinque secoli gli Zingari vi sono penetrati e da invasori con caratteristiche dominanti si sono trasformati in esseri sbandati, emarginati, deboli.
Non c’è stata osmosi tra le due culture, ognuna è andata per la propria strada e solo ultimamente si sono rinvenute crepe nel sistema: crepe comunque non culturali ma disfattrici che conducono il modello nomade all’estinzione.
Il problema della mancata acculturazione tra le due culture è raramente riscontrabile, perché è storicamente affermato che due culture in contatto si integrano, si assimilano col tempo anche se una delle due, di solito quella invadente, prevale.
Si può rimediare a questo grave fatto e togliere anche i difetti di un’acculturazione auspicabile solo con l’educazione. Ritengo necessario al proposito sollevare il problema dell’educazione degli adulti, sottolineando che solo comprendendo a fondo la necessità dell’educazione, si può penetrare e risolvere qualsiasi problema riguardante gli Zingari e ogni altro gruppo marginale.
L’educazione degli adulti si impone come una necessità: il mondo in rapida evoluzione richiede un continuo processo di adattamento dell’uomo lavoratore per adeguarsi ai sempre nuovi processi di produzione. Al concetto statico di una cultura fine a se’ stessa si deve sostituire il concetto dinamico di una cultura permanente, cioè educazione come durata e non come successione di due momenti distinti: istruzione e vita dell’adulto nella società.
Ci si è resi conto che l’alfabetizzazione non deve essere considerata come strumento ai fini di un miglior rendimento del singolo nella società, ma come dato culturale, rispondente al fondamentale bisogno di conoscere dell’uomo.
Alla luce di questa nuova educazione si è potuto constatare il fallimento di tante campagne di alfabetizzazione causato dalla nostra incapacità ad innestare i valori nuovi nel contesto dei valori tradizionali, e dalla non valutazione della forza di pressione sociale esercitata dai gruppi, e soprattutto dei gruppi arcaici che sono particolarmente chiusi. L’errore commesso è stato quello di educare e basta, cioè di offrire un valore e di far pesare questa offerta. Quando invece la vera educazione si basa su una collaborazione sociale impostata, cioè su un rapporto tra educandi e non fra educatore-educando. In ultimo bisogna riconoscere che in materia di educazione degli adulti ci troviamo di fronte a persone ricche di esperienza di vita, quindi di deduzioni, di logica, di cultura sia pure orale e bisogna agire di conseguenza con il massimo, cosciente rispetto possibile. L’adulto deve sentire la scuola non come qualcosa di estraneo anche se utile ma come elemento chiarificatore strettamente connesso con la sua vita stessa.
La scuola avrà un significato per l’analfabeta solo se egli potrà inserirsi con le sue possibilità e le sue attitudini nell’atmosfera culturale, affrontandone i problemi.
Nel dialogo, nella discussione egli potrà portare la ricchezza della sua esperienza e del suo sapere che deve essere adeguatamente valutata.
La cultura si basa sul binomio espressione culturale della personalità e comunicazione: il modello culturale non può essere trasferito in una società arcaica , come semplice sostituzione di un contenuto tradizionale, deve essere compreso, interpretato e successivamente comunicato in forma originale e personale.
Da quanto scritto sopra emerge chiaramente la necessità di una conoscenza approfondita della situazione socio-culturale e della psicologia del gruppo sul quale si vuole iniziare una campagna di alfabetizzazione che sia veramente efficace dal punto di vista culturale ed educativo. E’ assurdo pensare di educare degli adulti partendo da principi generici e riducendo l’apprendimento di qualche tecnica elementare e di qualche nozione. E’ necessario che i dati culturali nuovi si innestino gradualmente e possano essere accettati come valori accanto ai tradizionali già acquisiti.
Ho voluto trattare seppur brevemente dell’educazione degli adulti perché ritengo fondamentale spiegare la situazione socioculturale degli Zingari e per mettere in rilievo le “pecche” di una campagna di alfabetizzazione iniziata nei loro confronti “dall’alto”
Ritornando al lavoro svolto, ho ritenuto opportuno dividerlo in quattro capitoli.
Il primo tratterà essenzialmente della storia zingara in Europa. La probabile origine e le persecuzioni di cui furono vittime gli Zingari; il secondo, che rappresenta il fulcro del lavoro, prenderà in considerazione la descrizione e l’analisi antropologica della cultura nomade; il terzo comprenderà una critica sociologica alle “possibilità” che la nostra società offre al nomade; il quarto, infine, tratterà in generale gli interventi della nostra cultura sulla cultura nomade e in particolare l’intervento culturale operato nell’educazione scolastica nei suoi aspetti e risultati.

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Premessa Gli Zingari sono un problema sociologico da sempre. Questo mio studio intende fornire un aiuto a tutti coloro che sugli Zingari vogliono saperne di più antropologicamente e culturalmente e per sfatare miti e leggende metropolitane che fomentano un razzismo diffuso verso questo gruppo marginale ma consistente. Già la dottoressa Mirella Karpati e il dottori Giorgio Ausenda hanno a lungo parlato e scritto sugli Zingari e in questa sede spero di richiamare l’attenzione sui loro lavori. Comunque mentre la prima ha svolto un lavoro principalmente antropologico, e il secondo principalmente statistico, il mio vuol essere una lavoro essenzialmente critico. Il “problema zingaro” è un problema fondamentale in Italia poiché da ben cinque secoli gli Zingari vi sono penetrati e da invasori con caratteristiche dominanti si sono trasformati in esseri sbandati, emarginati, deboli. Non c’è stata osmosi tra le due culture, ognuna è andata per la propria strada e solo ultimamente si sono rinvenute crepe nel sistema: crepe comunque non culturali ma disfattrici che conducono il modello nomade all’estinzione. Il problema della mancata acculturazione tra le due culture è raramente riscontrabile, perché è storicamente affermato che due culture in contatto si integrano, si assimilano col tempo anche se una delle due, di solito quella invadente, prevale. Si può rimediare a questo grave fatto e togliere anche i difetti di un’acculturazione auspicabile solo con l’educazione. Ritengo necessario al proposito sollevare il problema dell’educazione degli adulti, sottolineando che solo comprendendo a fondo la necessità dell’educazione, si può penetrare e risolvere qualsiasi problema riguardante gli Zingari e ogni altro gruppo marginale. L’educazione degli adulti si impone come una necessità: il mondo in rapida evoluzione richiede un continuo processo di adattamento dell’uomo lavoratore per adeguarsi ai sempre nuovi processi di produzione. Al concetto statico di una cultura fine a se’ stessa si deve sostituire il concetto dinamico di una cultura permanente, cioè educazione come durata e non come successione di due momenti distinti: istruzione e vita dell’adulto nella società. Ci si è resi conto che l’alfabetizzazione non deve essere considerata come strumento ai fini di un miglior rendimento del singolo nella società, ma come dato culturale, rispondente al fondamentale bisogno di conoscere dell’uomo. Alla luce di questa nuova educazione si è potuto constatare il fallimento di tante campagne di alfabetizzazione causato dalla nostra incapacità ad innestare i valori nuovi nel contesto dei valori tradizionali, e dalla non valutazione della

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Antonietta Montella
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1971-72
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Magistero
  Corso: Pedagogia e Sociologia
  Relatore: Antonio Carbonaro
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 97

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