Il Nuovo Concordato Preventivo

2 INTRODUZIONE L’avvento del D.L. 35/2005 convertito nella l. 80/2005 e dell’intera riforma fallimentare hanno modificato in maniera sostanziale quella che per oltre sessant’anni era stata la disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali. L’esigenza di attuare una riforma fallimentare che coinvolgesse tutta la disciplina era evidente, in quanto questo arco temporale così ampio è stato caratterizzato da numerosi interventi della Corte Costituzionale che ha reso inefficaci diverse parti della legge fallimentare che non rispettavano i principi sanciti dalla Costituzione con conseguente creazione di continui vuoti normativi colmati esclusivamente con la prassi giurisprudenziale1 spesso differente tra i vari tribunali. Altra motivazione determinante che ha portato a questo radicale cambiamento è stata la notevole evoluzione del contesto economico e del tessuto industriale dal 1942 ad oggi. Infatti, le attività imprenditoriali si sono considerevolmente ampliate e diffuse nel territorio, ma soprattutto è cambiato il soggetto principale del fallimento e delle altre procedure, meglio identificato oggi nella società rispetto alla realtà imprenditoriale che si presentava all’epoca. Di conseguenza è inevitabile che le norme si siano adeguate al nuovo contesto sociale ed 1 C. Cost., 22 dicembre 1989, n. 570. Dopo l’abolizione dell’imposta di ricchezza mobile l’unico criterio per individuare il piccolo imprenditore ai fini fallimentari era il capitale fissato dalla legge fallimentare nell’art. 1 II comma, pari a novecentomila lire. Il legislatore successivamente non ha più adeguato l’importo e nel 1989 la Corte Costituzionale ha sentenziato “costituzionalmente illegittimo l’art. 1, II comma, l. f. nella parte in cui la predetta norma prevede che, quando è mancato l’accertamento ai fini dell’imposta di ricchezza mobile, sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti attività con capitale superiore a novecentomila”. Non aggiornando l’importo dichiarato illegittimo, il legislatore ha lasciato così un vuoto normativo che la giurisprudenza ha dovuto colmare, utilizzando spesso parametri diversi da tribunale a tribunale.