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L’atto politico sotto il profilo del vuoto di tutela giurisdizionale

Diritto amministrativo - atto politico - tutela giurisdizionale

Dall'Introduzione:

“Il ricorso non è ammesso se trattasi di atti o provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico”. È questa la formula di un celebre secondo comma, noto agli studiosi di questo secolo come appartenente all’art. 31 del T.U. sul Consiglio di Stato.
Si dice talora, probabilmente non senza fondamento, che gli studiosi del diritto trovano grandi difficoltà nel trasmettere la comprensione di taluni fenomeni giuridici a chi di diritto non si occupa. La norma citata costituirebbe in tal senso, senza dubbio, un esempio tra i migliori: come queste semplici due righe abbiano potuto costituire un nodo del diritto amministrativo e richiedere le fatiche che diverse generazioni di studiosi, hanno profuso nell’arco di numerosi decenni.
In questo senso ben fu citato il motto dantesco “breve scintilla gran fiamma seconda” (Coco, nel noto articolo citato nel testo). Ma a ben guardare, la ragione che anima la norma e che fu la causa di tanti studi, non fu affatto di poco momento.
Complesso e difficile a causa dei problemi che in esso si innestano, la tematica dell’atto politico rimase e rimane senza dubbio assai suggestiva, per le considerazioni di indole generale, storica, politica e non ultimo, filosofica che essa reca con sé, come è del resto caratteristico degli argomenti propri del diritto costituzionale.
Non delude dunque l’atto politico, giacché anch’esso svolge il proprio sviluppo nella materia costituzionale. Esso nasce, infatti, come figura del diritto processuale amministrativo, come eccezione alla “pretesa” alla legittimità dell’agire amministrativo, che gli ordinamenti europei del secolo scorso videro sorgere e tradursi nella istituzione di giudici a ciò competenti. Ma su questo terreno non poteva conoscere una soluzione adeguata: troppo forte era infatti il suo legame con il diritto costituzionale, difficile o impossibile dare una configurazione dogmatica esaustiva e stabile, data la sua variabilità in relazione agli assetti costituzionali. Al punto da indurre non pochi studiosi a ritenere non raggiungibile una soluzione del problema: “L’analyse juridique est impuissant à fournir le critérium de l’Acte de gouvernement et à en déterminer les contours parce que la matière n’est pas sous la dépendance de la technique juridique” (Duez, Les actes de gouvernement, pag. 23. Citato nel testo). Ma il problema dell’atto politico andava compreso e affrontato in chiave costituzionalistica, ed è qui infatti che troverà successivamente il suo sbocco, complici in questo anche gli orientamenti autoritari dei regimi della prima metà del Novecento.
Sebbene esso si risolva formalmente in una eccezione processuale, questa eccezione deve la propria ragion d’essere alla posizione del potere esecutivo nei confronti degli altri Poteri, affonda cioè le proprie radici negli assetti costituzionali di una Stato.
Ma nello svolgersi della trasformazione di questi ultimi, un altro aspetto del medesimo fenomeno, della insindacabilità degli atti politici, rimaneva sullo sfondo: quello della tutela delle posizioni dell’individuo assicurate dalla legge ed eventualmente prevaricate dall’azione amministrativa. In questo svolgersi, nella evoluzione dello Stato che porterà allo spontaneo superamento del problema dell’atto politico, la tutela appunto della posizione del singolo sembra stare piuttosto in seconda fila rispetto ai personaggi che conducono la scena. La problematica dell’atto politico infatti si esaurirà da sola e solo conseguentemente, come effetto secondario, troverà la sua soluzione la protezione dell’individuo.
Insomma, lo studio della atto politico richiede senz’altro uno studio diacronico, come evoluzione dell’atto politico. E la sua comprensione impone uno sguardo alla storia costituzionale degli ordinamenti in cui si svolge e ai fattori trainanti di tale evoluzione. E questo che senza dubbio costituisce ancora oggi il fascino dello studio della antica figura dell’Acte de gouvernement.

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7 INTRODUZIONE. “Il ricorso non è ammesso se trattasi di atti o provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico”. ¨ questa la formula di un celebre secondo comma, noto agli studiosi di questo secolo come appartenente all’art. 31 del T.U. sul Consiglio di Stato. Si dice talora, probabilmente non senza fondamento, che gli studiosi del diritto trovano grandi difficoltà nel trasmettere la comprensione di taluni fenomeni giuridici a chi di diritto non si occupa. La norma citata costituirebbe in tal senso, senza dubbio, un esempio tra i migliori: come è possibile che queste semplici due righe abbiano potuto costituire un nodo del diritto amministrativo e richiedere le fatiche che diverse generazioni di studiosi, hanno profuso nell’arco di numerosi decenni? Ben fu citato, in proposito, il motto dantesco “breve scintilla gran fiamma seconda” (COCO). Ma a ben guardare, la ragione che anima la norma e che fu la causa di tanti studi, non è affatto di poco momento. Complesso e difficile a causa dei problemi che in esso si innestano, la tematica dell’atto politico rimase e rimane senza dubbio assai suggestiva, per le considerazioni di indole generale,

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Informazioni tesi

  Autore: Vincenzo Fabrizio Giglio
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1997-98
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Giorgio Berti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 310

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Parole chiave

acte de gouvernement
acte politique
atto
giurisdizionale
politico
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