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L'attività d'impresa degli enti senza scopo di lucro

La tesi cerca di indagare su come le tradizionali regole del dritto privato e del diritto pubblico, pensate per l'imprenditore che agisce a scopo di lucro (individuale o societario) possano essere applicate a enti collettivi (e anche alle fondazioni, ove si propenda per l'esclusione di tale soggetto dal novero delle formazioni sociali) che agiscono nel mercato per scopi diversi dalla spartizione del lucro.
Una prima parte è dedicata a chiarire la nozione di ente collettivo senza scopo di lucro; si cerca di mostrare come la nozione di ente non lucrativo rimanga valida anche quando il soggetto in esame compia un'attività economica, purché rispetti sempre il divieto di distribuzione degli utili.
Una seconda parte è dedicata alla disamina specifica delle regole classiche del diritto commerciale (i cosiddetti "statuti" dell'imprenditore), applicate agli enti senza scopo di lucro.
La terza e ultima parte è dedicata ad alcuni soggetti in particolare, come le organizzazioni di volontariato, gli enti ecclesiastici, le fondazioni bancarie o gli enti musicali, che hanno avuto maggiore importanza per la prassi o perché tenuti particolarmente in considerazione dal legislatore.
Si conclude per la generale possibilità che un ente senza scopo di lucro possa, rimanendo tale e non venendo riqualificato come società di fatto, agire sul mercato come un imprenditore, ma essendo sottoposto alle comuni regole cui soggiacciono gli imprenditori economici.

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4 INTRODUZIONE. Tratti evolutivi del settore dal codice civile ad oggi. Non è certo un compito difficile, in questi tempi, giustificare il proprio interesse per un argomento legato al mondo dell'associazionismo. Chiunque può notare come tutto il settore sia in fermento. A questa constatazione si può arrivare con gli strumenti del giurista, oppure (prescindendone totalmente) con valutazioni di tipo sociologico. Il giurista può notare come si sia passati dalle norme codicistiche, oltremodo scarne per le associazioni non riconosciute e un po' più articolate per quelle riconosciute, alla vasta e multiforme produzione legislativa attuale. In particolare, le associazioni non riconosciute sono state indicate "come un esempio, tra i più eclatanti, dell'influenza stravolgente che un istituto può avere sui disegni astratti del legislatore" 1 . Le disposizioni di maggior rilievo in termini di principio ovviamente si rinvengono nella Costituzione (artt. 2, sulle formazioni sociali, 17, sulla libertà di riunione, 18, sulla libertà di associazione). A queste si sono aggiunte le decisioni della Corte Costituzionale, che ha invalidato alcune norme del Testo unico di pubblica sicurezza del 1931, riferibili, tutte, a un sistema di valori che era divenuto inattuale e incompatibile con il nuovo assetto politico e istituzionale. I giudici della legge non hanno però portato fino in fondo la propria opera; e, infatti, non hanno dichiarato, per esempio, l'incostituzionalità, almeno parziale, del sistema concessorio previsto per le persone giuridiche. Si è mosso anche il legislatore ordinario. Se è mancato un intervento riformatore generale, almeno per quel che riguarda la normativa civilistica, tuttavia sono stati disciplinati alcuni particolari aspetti suscettibili di interessare i vari tipi di enti collettivi. Si pensi, sempre in via di stretta esemplificazione, alla trascrizione degli atti aventi ad oggetto beni immobili in capo alle associazioni non riconosciute (legge 27 febbraio 1985, n. 52, che ha modificato l'art. 2659 c.c. 2 ); alle disposizioni del codice di procedura penale 3 (artt. 91-95) in cui si prevede che gli enti e le 1 LISERRE, Le associazioni non riconosciute tra modelli e realtà, Jus, 1983, p. 50. 2 La legge 27 febbraio 1985, n. 52, contiene “modifiche al libro sesto del codice civile e norme di servizio ipotecario con riferimento all’introduzione di un sistema di elaborazione automatica nelle conservatorie dei registri immobiliari”. 3 Approvato con il d.p.r. 22 settembre 1988, n. 447, ed entrato in vigore il 24 ottobre 1989.

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Informazioni tesi

  Autore: Danilo Ferrante
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2001-02
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Paolo Carrozza
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 121

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Parole chiave

eterodestinazione degli utili
lucro oggettivo
lucro soggettivo
non profit
onlus
enti non lucrativi
divieto di distribuzione degli utili

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