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Struttura degli atti persecutori e contestazione aperta

Il presente lavoro prende avvio con una panoramica generale sul delitto di atti persecutori, anche noto come stalking, sino ad arrivare alle riforme legislative più recenti che hanno interessato la fattispecie. Maggiore approfondimento è dedicato alla ricostruzione dell'elemento oggettivo del delitto, operata dalla sentenza 172/2014 della Corte Costituzionale, che ha il merito di aver effettuato chiarimenti circa il requisito della necessaria reiterazione delle condotte richiesto dalla norma, nonché riguardo il significato e i criteri di accertamento degli eventi "psichici" ivi tipizzati, senza tuttavia risolvere completamente le problematiche relative all'asserita indeterminatezza della figura criminosa. Principale implicazione dell'ampiezza della fattispecie è una ricca fenomenologia delle modalità con cui il fatto può concretarsi, di cui sono esemplificazione le recenti elaborazioni giurisprudenziali in materia di stalking occupazionale e condominiale. La vasta casistica caratterizzante il fenomeno persecutorio conduce a possibili sovrapposizioni con altre fattispecie preesistenti e, dunque, alla necessità di regolamentare i rapporti con queste ultime facendo leva sulla clausola di riserva contenuta nell'art. 612-bis. Si propone, poi, un'analisi sulla struttura del delitto di atti persecutori, che è stato inquadrato in maniera unanime dalla giurisprudenza nella categoria del reato abituale di evento, anche se non mancano opinioni dottrinali che si sono espresse diversamente, con l'intento di ricondurre la fattispecie alle diverse figure del reato complesso e del reato continuato.

Ciò induce ad affrontare anche i profili relativi al complesso rapporto con il reato permanente, categoria che, pur rimanendo distinta, presenta numerosi punti in comune con il reato abituale, al punto da influenzarne la relativa disciplina processuale. La peculiare struttura del delitto produce effetti di non poca rilevanza, tra cui uno spostamento in avanti del momento consumativo che determina, a sua volta, importanti conseguenze in tema di procedibilità, competenza e prescrizione, nonché sulla configurabilità del tentativo di atti persecutori, ad oggi riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità. Successivamente, la trattazione si concentra sul delineare le ripercussioni che l'anatomia della fattispecie genera a livello processuale, quando si opti per una contestazione "aperta" del reato. Particolarmente significativa, da questo punto di vista, è la recente sentenza 15651/2020 della Corte di Cassazione, che ha elaborato dei criteri di enunciazione dell'addebito penale ad hoc per il delitto di atti persecutori, sulla scia dei princìpi già sviluppati in passato per il reato permanente. I giudici di legittimità, tenendo conto dell'intrinseca attitudine del reato abituale a durare nel tempo, hanno così stabilito che le condotte ulteriori rispetto a quelle descritte nell'imputazione originaria non devono formare oggetto di ulteriore, specifica contestazione, né essere descritte in maniera analitica, essendo sufficiente una loro "descrizione di massima", ferma restando la cesura temporale determinata della sentenza di primo grado, che funge da termine "convenzionale" di cessazione dell'abitualità.

Conclusioni, queste, che fanno sorgere nella dottrina dubbi di compatibilità con il principio del ne bis in idem e con quello di adeguatezza della pena, stante la possibilità di suddivisione di un illecito unitario, con conseguente applicazione di una sanzione diversa per ciascun segmento. Nell'avviarsi alla sua conclusione, la tesi si propone l'obiettivo di esaminare le problematiche scaturenti dalla contestazione "aperta", poiché le regole stabilite per quest'ultima, inevitabilmente, si scontrano con la rigidità del precetto che stabilisce, in capo all'organo dell'accusa, l'onere di formulare un'imputazione "chiara e precisa". Diviene, così, oggetto di studio anche il complesso di norme e di garanzie che dovrebbero applicarsi se la modifica dell'imputazione avvenisse secondo le rituali forme previste per le diverse fasi processuali, con particolare attenzione al rispetto del principio di correlazione tra accusa e sentenza in un contesto in cui il giudice può tener conto, ai fini della decisione, anche di fatti che non sono stati espressamente menzionati nel capo d'accusa. Il che, come si intuisce, rischia di causare un insanabile contrasto con i princìpi costituzionali e sovranazionali posti a tutela del diritto di difesa dell'imputato e, più in generale, del contradditorio. Nel tentativo di rinvenire un espediente in grado di evitare simili esiti, l'attenzione si focalizza sul criterio della prevedibilità, particolarmente controverso in quanto, da un lato, potenzialmente discordante con alcuni dei suddetti princìpi, ma, dall'altro, suscettibile di divenire l'unica giustificazione per consentire un'evoluzione latente dell'imputazione, connessa in maniera fisiologica al naturale protrarsi della condotta abituale nel tempo.

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1 INTRODUZIONE Il presente lavoro prende avvio con una panoramica generale sul delitto di atti persecutori, anche noto come stalking, a partire dalla sua introduzione nell’art. 612-bis del Codice Penale, sino ad arrivare alle riforme legislative più recenti che hanno interessato tanto la disciplina sostanziale che quella processuale della fattispecie. Maggiore approfondimento è dedicato alla ricostruzione dell’elemento oggettivo del delitto, operata dalla sentenza 172/2014 della Corte Costituzionale, che ha il merito di aver effettuato chiarimenti circa il requisito della necessaria reiterazione delle condotte richiesto dalla norma, nonché riguardo il significato e i criteri di accertamento degli eventi “psichici” ivi tipizzati, senza tuttavia risolvere completamente le problematiche relative all’asserita indeterminatezza della figura criminosa. Principale implicazione dell’ampiezza della fattispecie è una ricca fenomenologia delle modalità con cui il fatto può concretarsi, di cui sono esemplificazione le recenti elaborazioni giurisprudenziali in materia di stalking occupazionale e condominiale. La vasta casistica caratterizzante il fenomeno persecutorio conduce a possibili sovrapposizioni con altre fattispecie preesistenti e, dunque, alla necessità di regolamentare i rapporti con queste ultime facendo leva sulla clausola di riserva contenuta nell’art. 612-bis. Si propone, poi, un’analisi sulla struttura del delitto di atti persecutori, che è stato inquadrato in maniera unanime dalla giurisprudenza nella categoria del reato abituale di evento, anche se non mancano opinioni dottrinali che si sono espresse diversamente, con l’intento di ricondurre la fattispecie alle diverse figure del reato complesso e del reato continuato. Ciò induce ad affrontare anche i profili relativi al complesso rapporto con il reato permanente, categoria che, pur rimanendo distinta, presenta numerosi punti in comune con il reato abituale, al punto da influenzarne la relativa disciplina processuale, come si vedrà nel prosieguo.

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Informazioni tesi

  Autore: Chiara Ciapetti
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2022-23
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Massimiliano Masucci
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 340

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Parole chiave

stalking
atti persecutori
stalking occupazionale
reato

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