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La revisione della Costituzione: tra modifiche espresse e modifiche tacite

Il primo gennaio di quest’anno, la Costituzione della Repubblica, la nostra Costituzione, ha compiuto sessant’anni. Sono tanti sessanta anni. Ma sono anche troppi per una Costituzione? Quella degli Stati Uniti d’America ne ha duecentoventi, ma in quel Paese non c’è alcun movimento di opinione pubblica convinta che quella Costituzione sia vecchia. Lo si pensa, invece, in Italia della nostra; ma a pensarlo, però, è il ceto politico.
A distanza di sessant’anni la nostra Costituzione resta tra le più ammirate nel mondo degli studiosi e anche tra le più imitate da altri ordinamenti.
Persino coloro che ne auspicano una revisione significativa si preoccupano, quasi sempre almeno, di precisare che non intendono stravolgerla. Per molti versi essa resta un progetto ancora da attuare pienamente, il che la rende sempre nuova. La sua conoscenza da parte delle generazioni di italiani che sono nati e cresciuti sotto la sua vigenza non è, stando a rilevazioni anche ufficiali, elevata (sorte che essa condivide con i fatti e i personaggi della storia patria), ma la sua difesa da parte della stragrande maggioranza degli elettori, nel referendum del giugno 2006, ha dimostrato l’attaccamento verso di essa.
A sessanta anni dall'entrata in vigore della Costituzione la domanda da porre non è se essa sia superata o meno, né se sia tuttora valida in tutte le sue parti o se debba essere aggiornata. Questa domanda non ha senso. Nessuna Costituzione può pretendere di rimanere di generazione in generazione immutata nel testo e nelle prassi di attuazione.
Il vero problema consiste nel chiedersi dove trae fondamento la sua forza, la sostanza sociale e civile di questo Patto di convivenza. La risposta a questa domanda è assai delicata, perché da essa dipende anche la valutazione dei cambiamenti eventualmente da apportarvi, dei ritocchi di cui potrebbe aver bisogno.
Cercheremo di trovare una soluzione al quesito nel corso di questa tesi, anticipando però sin da ora quella che, secondo me, potrebbe essere una possibile risposta: la forza della nostra Costituzione sta nel difficile, certamente incompiuto, ma importante equilibrio che i costituenti seppero realizzare all’interno di essa, tra la prima e la seconda parte della Carta. Nel tempo questo equilibrio è stato spiegato, soprattutto da parte dei costituenti e degli studiosi di diritto costituzionale e non solo, con nomi e appellativi diversi: lo Stato del valore umano, l’al di là della politica, l’anteriorità della persona umana allo Stato. Tutte formule che non avrebbero senso se non fossero ricondotte a quello spirito di reciproca comprensione e disponibilità all’ascolto che sessanta anni fa, malgrado il clima di tensione anche internazionale, accompagnò i lavori dell’Assemblea costituente e fece della nuova Costituzione il fondamento della convivenza democratica e della ritrovata unità nazionale.
La nostra Costituzione sessant’anni fa seppe essere momento di compromesso alto non solo e non tanto tra forze politiche (per definizione destinate, nel tempo, ad essere sostituite da altre), ma tra culture politiche, capaci di mantenere, anche a distanza di anni, forza di orientamento. In essa c’è “tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre speranze, le nostre gioie”, ma anche il nostro futuro. In essa sono contenuti i principi e i valori che costituiscono le condizioni indispensabili di un'Italia democratica, moderna ed evoluta.
Da tempo è aperto un dibattito riformatore. Ritengo che la Costituzione necessiti di alcuni mirati adeguamenti, perché la nostra democrazia possa incidere più efficacemente di fronte ai tanti problemi che incalzano. D'altronde, la Carta del '48 non è mai stata considerata del tutto intoccabile. Si dimentica talvolta che in questi sessant'anni - tra il 1963 e il 2005 - sono stati modificati, sostituiti, aggiunti 38 articoli o commi della Costituzione. Nella prima parte, l'articolo in cui è stato introdotto il "diritto di voto dei cittadini residenti all'estero", e, più di recente, l'articolo nel quale è stato inserito il comma sulle "pari opportunità tra donne e uomini". Nella seconda parte della Costituzione, l'intero Titolo V, e articoli di particolare significato e rilievo come quello che ha sancito, nel 1999, i principi del giusto processo.
Sull'ordinamento della Repubblica, il Parlamento è dunque intervenuto, attraverso apposite leggi costituzionali, ripetutamente, in legislature lontane e vicine ai nostri giorni. Ma ben al di là di ciò si è più volte aperto il confronto su revisioni di assai più ampia portata, tali da investire anche la forma di governo disegnata nella Costituzione del '48.

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6 Introduzione Il primo gennaio di quest’anno, la Costituzione della Repubblica, la nostra Costituzione, ha compiuto sessant’anni. Sono tanti sessanta anni. Ma sono anche troppi per una Costituzione? Quella degli Stati Uniti d’America ne ha duecentoventi, ma in quel Paese non c’è alcun movimento di opinione pubblica convinta che quella Costituzione sia vecchia. Lo si pensa, invece, in Italia della nostra; ma a pensarlo, però, è il ceto politico. A distanza di sessant’anni la nostra Costituzione resta tra le più ammirate nel mondo degli studiosi e anche tra le più imitate da altri ordinamenti. Persino coloro che ne auspicano una revisione significativa si preoccupano, quasi sempre almeno, di precisare che non intendono stravolgerla. Per molti versi essa resta un progetto ancora da attuare pienamente, il che la rende sempre nuova. La sua conoscenza da parte delle generazioni di italiani che sono nati e cresciuti sotto la sua vigenza non è, stando a rilevazioni anche ufficiali, elevata (sorte che essa condivide con i fatti e i personaggi della storia patria), ma la sua difesa da parte della stragrande maggioranza degli elettori, nel referendum del giugno 2006, ha dimostrato l’attaccamento verso di essa. A sessanta anni dall'entrata in vigore della Costituzione la domanda da porre non è se essa sia superata o meno, né se sia tuttora valida in tutte le sue parti o se debba essere aggiornata. Questa domanda non ha senso. Nessuna Costituzione può pretendere di rimanere di generazione in generazione immutata nel testo e nelle prassi di attuazione. Il vero problema consiste nel chiedersi dove trae fondamento la sua forza, la sostanza sociale e civile di questo Patto di convivenza. La risposta a questa domanda è assai delicata, perché da essa dipende anche la valutazione

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Informazioni tesi

  Autore: Giovanni Antoci
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Francesco Dal Canto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 187

FAQ

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Parole chiave

art. 138
bicamerale
consuetudine
convenzioni
corte costituzionale
costituzione
decostituzionalizzazione
deliberazione
derogabilità
inattuazione
interpretazione
legge costiuzionale
leggi di revisione
limiti
modiche tacite
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revisione costituzionale
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