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Joker: dalla tragedia alla commedia. Il caso clinico di Arthur Fleck e della sua psicosi paranoica

Il lavoro che intendo proporre è mosso da un profondo desiderio di poter esplorare la questione della psicosi paranoica sfruttando uno dei più enigmatici e conosciuti personaggi della cultura cinematografica passata e contemporanea, spesso etichettato come "pazzo" con una facilità disarmante. Il fatto che questo personaggio sia stato relegato alla categoria dei "villains" (i cattivi, gli antagonisti) non ha permesso di leggerlo con l'attenzione e la delicatezza che, a mio parere, merita. È stato necessario l'intervento e l'interpretazione del regista Todd Philips con la sua particolare elaborazione del personaggio del "Joker" che, nel 2019, ha dato nuova dignità alla genesi di colui che sin dall'inizio della sua storia è sempre stato costretto a dipendere dalla figura di Batman, come se fosse proprio quest'ultimo ad essere la conditio sine qua non della sua stessa esistenza. In questa pellicola non abbiamo – non ancora – colui che farà di tutto per distruggere l'uomo pipistrello; non vediamo un personaggio strutturato nella sua pienezza che ha preso finalmente posto in un discorso già avviato di competizione e lotta contro il giustiziere mascherato. Il regista ci mostra invece un uomo, un soggetto alle prese con le sue questioni personali, con la sua vita dominata interamente dalla voce dell'Altro, impegnato nel galleggiare maldestramente in una città (Gotham City) la quale società estremamente capitalistica e corrotta, divide con fredda nettezza la classe ricca da quella povera senza mostrarci una possibile via di mezzo. L'opportunità che Philips ci ha regalato la reputo quindi degna di essere presa in attenta analisi, puntando la lente di ingrandimento su quelle sfumature che per lo più possono rimanere celate agli occhi di chi non mastica la psicoanalisi. Rimane sorprendente come l'attenta visione del film e lo studio del personaggio rendano possibile conciliare questi con la teoria psicoanalitica lacaniana e come lo stesso preso in esame, interpretato magistralmente dal premiato agli oscar Joaquin Phoenix, si presti finemente alla lettura della psicosi al di fuori di un contesto clinico.
Il percorso che intraprenderò si articolerà in due capitoli principali: una lettura prettamente clinica della storia di Arthur Fleck con particolare attenzione ai capisaldi psicoanalitici della psicosi (relazione materna, questione paterna e forclusione, scatenamento psicotico e accomodamento) e un secondo capitolo dedicato alla teoria psicoanalitica lacaniana che evidenzierà ancor meglio tutte le questioni di cui sopra e nello specifico la questione del Joker. L'ipotesi che intendo avanzare o meglio il tentativo verso cui miro, è la possibilità di sviluppare la "Commedia di Arthur" come il corrispettivo drammaturgico psicotico del "Complesso Edipico" nevrotico. La commedia da un lato, la tragedia dall'altra. C'è una differenza sostanziale tra queste due forme di rappresentazione teatrale: la tragedia potremmo dire che inizia bene e finisce male per il protagonista e spesso necessita di un deus ex machina, un personaggio divino che scioglie l'intreccio. Un Dio, un Padre se vogliamo divertirci con le interpretazioni, che pacifica tutto il dramma del soggetto per dare lui una nuova possibilità di stare al mondo; sull'altro versante troviamo la commedia, una forma decisamente più giovane della tragedia, che ha come elemento trainante la risata. Questa per lo più ha un lieto fine e, a differenza della tragedia che tratta il conflitto tra un individuo e la società, mette al centro della rappresentazione l'integrazione dell'individuo nella società. Inoltre, la struttura della commedia ruota intorno alla risoluzione di una confusione. La più tipica forma di confusione comica (soprattutto in Shakespeare) è la confusione dell'identità. Effettivamente, in Joker, abbiamo tutte le caratteristiche della commedia: dalla risata (sintomatica) del protagonista, alla confusione dell'identità, fino a raggiungere un "lieto fine" che pacifica questo caos risolvendo una volta per tutte la questione identitaria. Il punto di partenza e quello di arrivo di questo elaborato, con la premessa e la promessa di approfondirlo nel corso degli anni accademici, è quello di poter accostare una delle più significative frasi del film ("ho sempre pensato che la mia vita fosse una tragedia, ma adesso mi rendo conto che è una cazzo di commedia" ), con la questione psicotica paranoidea.
Per concludere, la presa in esame di questo film l'ho reputata una validissima alternativa al caso clinico in quanto impossibilitato a seguirne uno vista la situazione d'emergenza che stiamo vivendo.

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2 INTRODUZIONE Il lavoro che intendo proporre è mosso da un profondo desiderio di poter esplorare la questione della psicosi paranoica sfruttando uno dei più enigmatici e conosciuti personaggi della cultura cinematografica passata e contemporanea, spesso etichettato come ‘’pazzo’’ con una facilità disarmante. Il fatto che questo personaggio sia stato relegato alla categoria dei ‘’villains’’ (i cattivi, gli antagonisti) non ha permesso di leggerlo con l’attenzione e la delicatezza che, a mio parere, merita. È stato necessario l’intervento e l’interpretazione del regista Todd Philips con la sua particolare elaborazione del personaggio del ‘’Joker’’ che, nel 2019, ha dato nuova dignità alla genesi di colui che sin dall’inizio della sua storia è sempre stato costretto a dipendere dalla figura di Batman, come se fosse proprio quest’ultimo ad essere la conditio sine qua non della sua stessa esistenza. In questa pellicola non abbiamo – non ancora – colui che farà di tutto per distruggere l’uomo pipistrello; non vediamo un personaggio strutturato nella sua pienezza che ha preso finalmente posto in un discorso già avviato di competizione e lotta contro il giustiziere mascherato. Il regista ci mostra invece un uomo, un soggetto alle prese con le sue questioni personali, con la sua vita dominata interamente dalla voce dell’Altro, impegnato nel galleggiare maldestramente in una città (Gotham City) la quale società estremamente capitalistica e corrotta, divide con fredda nettezza la classe ricca da quella povera senza mostrarci una possibile via di mezzo. L’opportunità che Philips ci ha regalato la reputo quindi degna di essere presa in attenta analisi, puntando la lente di ingrandimento su quelle sfumature che per lo più possono rimanere celate agli occhi di chi non mastica la psicoanalisi. Rimane sorprendente come l’attenta visione del film e lo studio del personaggio rendano possibile conciliare questi con la teoria psicoanalitica lacaniana e come lo stesso preso in esame, interpretato magistralmente dal premiato agli oscar Joaquin Phoenix, si presti finemente alla lettura della psicosi al di fuori di un contesto clinico. Il percorso che intraprenderò si articolerà in due capitoli principali: una lettura prettamente clinica della storia di Arthur Fleck con particolare attenzione ai capisaldi psicoanalitici della psicosi (relazione materna, questione paterna e forclusione, scatenamento psicotico e accomodamento) e un secondo capitolo dedicato alla teoria psicoanalitica lacaniana che evidenzierà ancor meglio tutte le questioni di cui sopra e nello specifico la questione del Joker. L’ipotesi che intendo avanzare o meglio il tentativo verso cui miro, è la possibilità di sviluppare la ‘’Commedia di Arthur’’ come il corrispettivo drammaturgico psicotico del ‘’Complesso Edipico’’ nevrotico. La commedia da un lato, la tragedia dall’altra. C’è una differenza sostanziale tra queste due forme di rappresentazione teatrale: la tragedia potremmo dire che inizia bene e finisce male per il protagonista e spesso

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Informazioni tesi

  Autore: Andres Rivera Garcia
  Tipo: Tesi di Specializzazione/Perfezionamento
Specializzazione in Psicoterapia Psicoanalitica
Anno: 2020
Docente/Relatore: Chiara Tartaglione
Istituito da: I.R.P.A. (Istituto di Ricerca di Psicoanalisi Applicata) Ancona
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 39

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