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Le fonti del vantaggio competitivo nell'industria dei videogames

L’intrattenimento videoludico esiste da almeno trent’anni. È nel 1972 che nasce, quasi per caso, il primo gioco elettronico della storia, il celebre “Pong”, insieme ai primi mini home PC a basso costo sviluppati per il videogaming e alle prime console. Quegli anni segnarono la fine della crisi petrolifera e un momento di radicale cambiamento della situazione economica mondiale. Così, se fino alla prima metà degli anni ’70 tutto ciò che era legato all’entertainment era considerato effimero e superfluo, tra la fine di quegli anni e i primi anni ’80, con l’esplosione del mercato dei microprocessori e dei semiconduttori, il settore dei videogiochi riuscì a cavalcare l’onda positiva, trovando infine la giusta posizione sul mercato.
Il punto di partenza della trattazione, affrontato nel primo capitolo, riguarda le origini dell’industria, la struttura attuale del settore e le recenti tendenze evolutive che dirigono le scelte di consumo verso modelli di fruizione sempre più integrati. Nel secondo capitolo sono esaminate le principali teorie sul vantaggio competitivo e gli attori che intervengono nel processo di creazione del valore. Il terzo capitolo analizza le principali determinanti del vantaggio competitivo, il ruolo del marketing, della tecnologia e le possibilità introdotte dal modding. Il quarto capitolo, infine, descrive il caso della più importante azienda produttrice di console e le strategie che ne hanno decretato il successo sul mercato.

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PREMESSA L’intrattenimento videoludico esiste da almeno trent’anni. È nel 1972 che nasce, quasi per caso, il primo gioco elettronico della storia, il celebre “Pong”, insieme ai primi mini home PC a basso costo sviluppati per il videogaming e alle prime console. Quegli anni segnarono la fine della crisi petrolifera e un momento di radicale cambiamento della situazione economica mondiale. Così, se fino alla prima metà degli anni ’70 tutto ciò che era legato all’entertainment era considerato effimero e superfluo, tra la fine di quegli anni e i primi anni ’80, con l’esplosione del mercato dei microprocessori e dei semiconduttori, il settore dei videogiochi riuscì a cavalcare l’onda positiva, trovando infine la giusta posizione sul mercato. Il punto di partenza del presente lavoro prende spunto dalla considerazione che in un mercato tendente al ristagno, come quello dell’industria tecnologica, i videogame continuano a crescere, e sebbene le console sono vendute “in perdita”, le royalties1 che i vari produttori di giochi devono pagare ai produttori hardware per ogni copia venduta, rappresentano un guadagno significativo. La dinamica presente nell’industria è dettata dalle pressioni e dall’alta volatilità. I costi più significativi di un’azienda produttrice di software sono quelli di progettazione e scrittura del codice (oltre, naturalmente, ai costi di marketing e di vendita), ma mentre i costi variabili per le copie prodotte sono relativamente bassi, i costi fissi di sviluppo impongono grandi numeri nelle vendite e talvolta i mercati nazionali, anche se di proporzioni statunitensi, 1 Con il termine royalties si indica il pagamento di un compenso al titolare di un brevetto o una proprietà intellettuale, con lo scopo di poter sfruttare quel bene per fini commerciali. Le royalties sono applicate in campo industriale per la remunerazione di diritti derivanti da brevetti che possono essere ceduti, dietro contratto, in licenza a terzi. Non esiste una regola fissa per la determinazione delle royalties in quanto derivano da pattuizioni derivanti da contratto fra privati e possono assumere, quindi, numerose forme. Fig.1: Pong Fonte: http://www.atari.it 4

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Informazioni tesi

  Autore: Alessio Di Rita
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi del Molise
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia Aziendale
  Relatore: Francesco Testa
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 115

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