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Assolutismo e libertà comunali alla periferia dello Stato Pontificio

L’elaborato esamina la posizione della città di Ripatransone nei confronti degli apparati amministrativi e fiscali di Roma, sede del governo Pontificio, e di Macerata, capoluogo della Marca d’Ancona, in special modo per quanto riguarda le cosiddette tasse dei cavalli vivi e morti, in un lasso di tempo compreso approssimativamente tra il 1520 e il 1620.
Il primo capitolo, intitolato “Tra Ascoli e Fermo”, tratta per l’appunto dei rapporti tra la Comunità di Ripatransone e le due città majores del sud della Marca, nemiche mortali e a capo di “Stati” formati da municipi di piccole e medie dimensioni. La posizione di Ripatransone è caratterizzata dallo sforzo continuo di svincolarsi dalla giurisdizione di Fermo. In tale contesto s’inseriscono dunque i rapporti amichevoli con Ascoli, interessata ad aumentare la propria influenza sul maggior numero di castelli all’interno del territorio rivale. Tale stato di cose giunge al parossismo alla fine del XV secolo, che vede la comunità ripana, dopo una lunga serie di conflitti armati tra le milizie dei tre Comuni, svincolarsi dall’influenza della dominante, e raggiungere un buon livello di sviluppo politico ed economico. Di qui l’ambizione della classe al governo, che si va progressivamente assestando secondo un modello patriziale, a vedere riconosciuta de iure la propria indipendenza. L’obiettivo diventa dunque che la Terra sia elevata a Città e quindi a centro di una diocesi, aggregando e assumendo la leadership dei quindici comuni situati tra il Fermano e l’Ascolano, e nominalmente sottoposti da secoli alla giurisdizione del Presidato Farfense. Due eventi incontrollabili, tuttavia, nel giro di pochi anni pongono il patriziato ripano da una situazione di crescita , ad una subitanea perdita di prestigio e ad un’impotenza pressoché totali. In primo luogo l’elezione a Pontefice di Felice Peretti, con il nome di Sisto V, causò per la dirigenza di Ripatransone la perdita di una cospicua porzione delle libertà tanto faticosamente acquisite: beneficiando le proprie “patrie”, con l’istituzione del Presidato di Montalto prima, e poi con l’elevazione della Sede di Fermo ad Arcidiocesi, Sisto V sottopose, di fatto, la città di Ripatransone a nuovi centri di potere, lasciando in pratica alla classe dirigente ripana soltanto la curatela dell’ordinaria amministrazione fiscale. A questa situazione si aggiunsero gli eventi drammatici degli anni a cavallo tra la fine del secolo XVI e l’inizio del XVII, che videro carestie e pestilenze falcidiare la popolazione, sprofondando la città, pochi decenni prima in buon momento economico, in una crisi irreversibile.
Nel secondo capitolo, intitolato “Tra Macerata e Roma”, la prima parte è dedicata ad una panoramica sui mutamenti occorsi nell’organizzazione amministrativa, fiscale e militare dello Stato pontificio, dalle Riforme sistine all’istituzione della Congregazione Cardinalizia del Buon Governo, al potenziamento del sistema e del prelievo tributario, ai tentativi di creazione di uno stabile esercito territoriale. Sono inoltre presi in considerazione i riflessi di tali mutamenti sulla particolare condizione della Marca Anconetana. Nella seconda parte sono invece analizzati i documenti, conservati nell’Archivio storico comunale di Ripatransone, riguardanti le tasse dei cavalli. Preso atto della scarsa bibliografia sull’argomento, si è dunque tentato di rintracciare l’origine delle due imposizioni in due contributi d’epoca feudale, il fodro (il dovere di foraggiare le cavalcature del re, dei suoi emissari e dei suoi soldati) e il restaur (il rimborso in caso di perdita del cavallo dovuto ai cavalieri, che in Italia assumeva il nome di mendum equorum). Si mostra come le tasse dei cavalli vivi e quelle dei cavalli morti appaiano per lungo tempo sentite come distinte e separate tanto all’interno dei brevi e delle costituzioni pontificie quanto nella corrispondenza fiscale degli Anziani di Ripatransone, e come gradualmente vengano svuotate dei caratteri originari formalizzandosi in un’unica composizione, non più pretesa dai soldati sul campo, ma riscossa regolarmente dai Tesorieri provinciali tramite loro emissari mandati da Macerata. Di fronte alla continuata opposizione delle magistrature cittadine a versare il contributo di cui vanta l’esenzione, è invece a Roma che vengono composte le dispute, dapprima dal Commissario della Camera e dal Camerlengo, in seguito dai Cardinali della Congregazione del Buon governo.

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Introduzione a. L’elaborato esamina la posizione della città di Ripatransone nei confronti degli apparati amministrativi e fiscali di Roma, sede del governo Pontificio, e di Macerata, capoluogo della Marca d’Ancona, in special modo per quanto riguarda le cosiddette tasse dei cavalli vivi e morti , in un lasso di tempo compreso approssimativamente tra il 1520 e il 1620. Queste due date individuano infatti i due estremi cronologici dei documenti inerenti l’esenzione dalle suddette tasse conservati all’interno dell’Archivio storico comunale di Ripatransone. È stato ovviamente necessario esaminare anche fonti e studi medievali, inerenti in particolare i secoli dal XIII al XV, al fine di determinare le linee di sviluppo della città, esporre la situazione di perenne rivalità e guerra tra municipi caratteristica del Piceno (le odierne province di Ascoli e Fermo) ancora all’inizio dell’età moderna, nonché tentare di individuare l’origine, pochissimo nota, delle due imposizioni, oggetto di ripetute controversie tra la comunità di Ripatransone, la Camera apostolica, e la Tesoreria della Marca. b. L’elaborato si articola in due capitoli. Il primo, intitolato “Tra Ascoli e Fermo” , tratta per l’appunto dei rapporti 5

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandro Ameli
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Storia
  Relatore: Valerio Marchetti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 173

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