Capitolo1 Stato dell’arte dello scavo meccanizzato
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ξ Maggiore celerità di esecuzione (se la lunghezza dell’opera è
abbastanza elevata e la roccia sufficientemente omogenea e non troppo dura e
abrasiva)
ξ Minore interferenza tra scavo e messa in opera dei sostegni
ξ Minor disturbo sismico dell’intorno
Si può quindi affermare che lo scavo meccanizzato risulta particolarmente
appetibile soprattutto per gallerie di grande lunghezza, gallerie per le quali è
prevista una lunga vita utile, gallerie in ambiente urbano.(2) (3)
Una classificazione generale distingue le macchine per lo scavo meccanizzato
in due grosse famiglie:
ξ Macchine ad Attacco Puntuale
ξ Macchine a Piena Sezione
Le teste fresanti delle macchine in figura sono equipaggiate mediante una serie
di utensili atti allo scavo la cui scelta ed impiego è funzione delle
Capitolo1 Stato dell’arte dello scavo meccanizzato
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condizioni del materiale; se il materiale si presenta infatti particolarmente duro
e resistente, uno dei fattori più importanti, dal punto di vista economico,
diventa ,oltre la media d’avanzamento, anche il costo degli utensili di taglio la
cui usura e frequenza di sostituzione influenzano in larga misura l’ economia
dell’opera.(1)
Nei metodi più tipici e diffusi di scavo meccanico di rocce, la disgregazione di
queste è ottenuta per azione di utensili, che applicano localmente alla loro
superficie delle pressioni elevatissime, idonee a disgregarne un piccolo
spessore (passata dell’utensile); concettualmente si tratta di applicare alle
rocce principi analoghi a quelli su cui si basano, nella lavorazione dei metalli e
del legno, le macchine ad asportazione di truciolo, come le pialle, le seghe da
legno o da ferro, i torni, le frese, etc.( anche se la roccia, per la sua limitata
plasticità, non dà luogo a truciolo continuo ma piuttosto a scaglie irregolari
più o meno fini)(4)
Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare a fondo l’interazione tra utensile
e roccia durante la fase di scavo, andando a studiare i risultati sperimentali
ottenuti tramite un macchinario progettato al DIGITA (Dipartimento di
GeoIngegneria e Tecnologie Ambientali presso l’università di Cagliari) che
permette di simulare l’azione di differenti tipi di utensili che eseguono tagli a
rotazione, stimando quantitativamente le performances di diversi tipi di
utensili, con e senza l’assistenza della tecnologia waterjet, grazie a misure
accurate di:
1. Energia Specifica meccanica di taglio
2. Forze normali e forze di taglio
3. Profondità di taglio
4. Volume asportato
Capitolo1 Stato dell’arte dello scavo meccanizzato
4
Il presente lavoro darà particolare attenzione agli utensili di tipo strisciante
(picchi) dando solamente dei brevi cenni sull’azione degli utensili rotanti per
un ulteriore approfondimento dei quali si rimanda a testi specifici.
Capitolo 2 Generalità sugli utensili per lo scavo meccanizzato e sulla loro interazione con la roccia
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Capitolo2
Generalità sugli utensili di taglio, rocce e loro interazione
2.1 Considerazioni generali.
Si premettono alcune osservazioni da tener presenti nel seguito della
trattazione :
ξ La forza che l’utensile esercita sulla roccia è uguale a quella che la
roccia esercita sull’utensile, ed essendo tali forze scambiate su una
medesima superficie di contatto, tale discorso vale pure per le pressioni.
Tra roccia e utensile, durante l’applicazione della forza, è in atto un
processo di reciproca distruzione, e per tale motivo si cercherà di
massimizzare il rapporto tra tali effetti distruttivi a sfavore della roccia
ed a favore dell’utensile.
ξ Rocce e metalli (o altri materiali usati per gli utensili), sono
caratterizzati da specifici valori di resistenza meccanica, necessaria a
provocare il cedimento. Questi valori di resistenza, dipendono, oltre che
dal tipo di materiale, anche dal tipo di sollecitazione cui ci si riferisce,
che sia di compressione, trazione o taglio. E’ importante notare come
tali valori di resistenza dipendano anche dalla scala dell’interazione
considerata, difatti si è constatato come la forza unitaria necessaria al
cedimento, cresca al diminuire delle dimensioni del solido caricato ed in
modo diverso da materiale a materiale.
ξ Si deve considerare inoltre la disomogeneità dal punto di vista della
resistenza meccanica sia delle rocce che dei metalli, nel senso che,
quando sono sottoposti a carichi in punti diversi, rispondono in modo
diverso.Anche quando appaiono omogenei all’esame visuale, i materiali
Capitolo 2 Generalità sugli utensili per lo scavo meccanizzato e sulla loro interazione con la roccia
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si rivelano disomogenei all’esame microscopico, in quanto seppur
costituiti da un unico minerale, possono esserci diversi orientamenti
cristallografici da punto a punto.Questo crea problemi quando si deve
calcolare la forza che un utensile deve applicare per tagliare, o
prevedere la durata in servizio dell’utensile, perché non agisce su un
materiale medio ma agisce successivamente su piccoli volumi dei
singoli componenti, più o meno resistenti. La roccia dovrà quindi essere
caratterizzata sia dal valore di resistenza che le compete nel suo
insieme, sia da un’indicazione della distribuzione dei valori di
resistenza locale alla piccola scala (durezza).
Da notare che ha poco senso il concetto di durezza media: la scala di
Mohs è senz’altro utile, ma occorre tenere presente che una roccia
composta per metà da calcite (durezza Mohs pari a 3) e per metà da
quarzo (durezza Mohs pari a 7) non equivale affatto, ai fini dello scavo
meccanico, ad una roccia composta totalmente da apatite (durezza Mohs
pari a 5), anche se: (7+3)/2 = 5.
Capitolo 2 Generalità sugli utensili per lo scavo meccanizzato e sulla loro interazione con la roccia
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2.2 Durezza e tenacità.
All’utensile non si richiede solo di essere duro al punto tale da non subire
abrasioni locali da parte dei componenti della roccia, ma anche di essere,
macroscopicamente tenace, ossia di non scheggiarsi all’improvvisa
applicazione del carico. A riguardo, un diamante non è il materiale migliore.
La tenacità è espressa dal lavoro necessario a portare alle condizioni di rottura
un volume unitario del materiale in oggetto, vale a dire dal prodotto della
forza applicata al materiale per lo spostamento da quest’ultimo subito prima
che sopraggiunga la rottura stessa.
Occorre inoltre tener presente che :
ξ Per corpi rigidi ideali, definiti tali in quanto indeformabili ed
impenetrabili, non ha senso parlare di tenacità
ξ Applicare una forza infinita è impossibile, ma applicare una forza quasi
infinita è facile, basti pensare agli urti; più difficile risulta applicare una
pressione infinita, questa è, infatti, automaticamente limitata dalla
capacità a resistere a carico localmente concentrato (durezza) del meno
duro dei due corpi che vengono a contatto, almeno fino a quando la
velocità del corpo urtante non è eccessiva. In caso di contatto ad alta
velocità anche un proiettile d’acqua può trasmettere una pressione
molto elevata ad una roccia dura (basti pensare al waterjet).
ξ Un utensile deve trasferire una forza notevole su una piccola superficie,
in modo da realizzare un’elevata pressione di contatto; essendo la
roccia un materiale fragile, la sua rottura non avviene sotto forma di
truciolo continuo, come accade per il legno, ma di scaglie separate.
L’utensile non trasferisce una forza costante, ma una successione di
picchi intensi di forza, separati da brevi intervalli di quasi riposo, nei
quali si sposta per aggredire e distaccare la scaglia successiva,
Capitolo 2 Generalità sugli utensili per lo scavo meccanizzato e sulla loro interazione con la roccia
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concentrando l’azione nello spazio e nel tempo. Per questo motivo
l’utensile deve essere duro, resistente e tenace. L’utensile ideale per lo
scavo deve essere capace di sopportare una forza elevata senza
rompersi e di trasmettere, senza logorarsi, un’elevata pressione
(attraverso una piccola area di contatto) in modo da vincere la
resistenza della roccia.
La roccia si disgrega per distacco successivo di scaglie(fig.1) e non per
formazione di truciolo(fig.2) (tranne nei materiali a comportamento
francamente plastico come le argille). La forza scambiata è quindi di
tipo impulsivo (si annulla al momento del distacco delle singole
scaglie). Pertanto l’utensile si comporta come concentratore di forza sia
nello spazio sia nel tempo.
Fig.2 Disgregamento plastico Fig.1 Disgregamento fragile
Nei materiali con elevata deformazione a rottura (comportamento
plastico) il truciolo(fig.2) è in continuità meccanica con il pezzo
lavorato, e quindi esercita una pressione continua e costante sul petto
dell’utensile (metalli, argilla umida).
Capitolo 2 Generalità sugli utensili per lo scavo meccanizzato e sulla loro interazione con la roccia
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Ciò accade raramente nelle rocce per le quali la forza scambiata con
l’utensile si annulla ad ogni distacco di scaglia(fig.1), a meno degli
attriti.
ξ Un aumento di tenacità per un materiale si traduce il più delle volte in
una equivalente perdita in durezza dello stesso e viceversa (fig.3). A
ogni tipo di impiego corrisponde un materiale idoneo caratterizzato da
un definito campo di valori della durezza.(fig.4)
Figura 4
Capitolo 2 Generalità sugli utensili per lo scavo meccanizzato e sulla loro interazione con la roccia
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2.3 Materiali per utensili
In attesa che venga sviluppato l’ipotetico utensile ideale (duro, tenace e di
basso costo) gli utensili impiegati per lo scavo meccanizzato delle rocce sono
costruiti con una struttura composita: nella zona a contatto con la roccia si
privilegia la durezza mentre nella parte che costituisce il corpo dell’utensile
(applicato all’organo di scavo della macchina) si privilegia la tenacità.
I materiali utilizzati per la fabbricazione degli utensili di scavo delle rocce
possono essere classificati in tre categorie:
ξ Sostanze semplici (diamante, abrasivi vari, sciolti o inglobati in una
matrice)
ξ Materiali sinterizzati (“widia”, altre composizioni di carburi metallici)
ξ Leghe metalliche (acciai duri eventualmente temprati)
Della prima categoria fanno parte il diamante naturale o sintetico ed altre
sostanze usate sotto forma di grani liberi, come quarzo, corindone(Al
2
O
3
) e il
carborundum (SiC).
I sinterizzati, sono materiali che si ottengono tramite compattazione a forte
pressione, e riscaldamento ad una temperatura che risulta insufficiente a
provocare la fusione, ma sufficiente a provocare la saldatura dei grani. A
questa categoria, fa parte il più diffuso materiale per utensili da roccia,
il“Widia” (dal tedesco wie diamant:duro come il diamante, in realtà molto
meno), altrimenti detto “carbide” o “hard metal”, ottenuto sinterizzando ad
alta temperatura ed elevata pressione il carburo di tungsteno e di cobalto,
conferendogli una durezza che dipende dal rapporto dei due metalli (il
contenuto di Co riduce la durezza ma aumenta la tenacità).
Capitolo 2 Generalità sugli utensili per lo scavo meccanizzato e sulla loro interazione con la roccia
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Figura 3
Le leghe sono ottenute fondendo insieme metalli diversi e raffreddando la
soluzione con un processo controllato , appartengono a tale categoria anche gli
abrasivi metallici utilizzati come grani sciolti (granaglie d’acciaio o di ghisa
dura) nel taglio o nella perforazione di rocce. La durezza finale dipende non
solo dalla composizione della lega ma anche dal trattamento termico cui è
sottoposta. Questo può essere differenziato per le diverse parti dell’utensile.
Idealmente durezza e tenacità sono caratteristiche specifiche di un materiale,
definite quantitativamente da grandezze che hanno le dimensioni di pressioni:
la durezza dovrebbe esprimere la pressione da applicare su un’area
piccolissima per provocare un cedimento locale, la tenacità il lavoro
necessario a portare a rottura un volume unitario di materiale (il rapporto
lavoro/volume è ancora ,dimensionalmente una pressione).
La differenza di durezza e tenacità tra utensile e roccia dovrebbe correlarsi
alla quantità di lavoro di scavo che l’utensile può eseguire prima che lo si
debba sostituire o riparare.
Questa possibilità purtroppo esiste solo in astratto, perché durezza e tenacità
non si possono misurare con lo stesso tipo di prova su tutte le rocce e tutti i
materiali per utensili esistenti.
Capitolo 2 Generalità sugli utensili per lo scavo meccanizzato e sulla loro interazione con la roccia
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Sono in uso molte prove di durezza. Per i minerali è di uso corrente la nota
prova di Mohs :si tratta di una prova speditiva, che consiste semplicemente
nell’assegnare il minerale in prova ad una delle dieci classi di durezza, definite
dai dieci minerali di riferimento in base alla scalfibilità.
La prova di scalfitura, può anche essere eseguita secondo un diverso criterio,
impiegando un apposito apparecchio, lo sclerometro, ed operando su provini
levigati.
Lo sclerometro consiste in una punta di materiale duro (diamante o Widia),
che può essere premuta con un carico noto sulla superficie del provino, ed in
un sistema di traslazione del provino sotto la punta. Si possono misurare o il
carico necessario ad ottenere un’incisione di una certa lunghezza, o la
larghezza dell’incisione ottenuta con un certo carico, o anche la forza
necessaria a far traslare il provino quando sulla punta è applicato un certo
carico. Questo tipo di strumento può servire a comparare le durezze di
materiali per i quali la semplice prova di Mohs non è in grado di effettuare una
differenziazione.
Una distinzione importante è tra prove di macrodurezza e microdurezza : le
prime caratterizzate da carichi sul penetratore dell’ordine di decine di N, che
danno luogo ad intaccature millimetriche, le seconde invece caratterizzate da
carichi sul penetratore dell’ordine di frazioni di N, che danno luogo ad
intaccature di centesimi di millimetro; la distinzione è importante per tre
motivi:
1. le prove di microdurezza richiedono una preparazione molto più
accurata delle prove di macrodurezza
2. le prove di microdurezza saggiano il materiale su volumi molto piccoli,
generalmente inferiori alla grana del materiale stesso, le prove di
macrodurezza, invece, forniscono valori mediati su aree più estese,
Capitolo 2 Generalità sugli utensili per lo scavo meccanizzato e sulla loro interazione con la roccia
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spesso interessate da più componenti; anche ripetendo molte prove
lungo un allineamento, non si ha una buona indicazione della
dispersione dei valori puntuali.
3. quando i risultati delle misurazioni sono convertiti in valori di pressione
(dividendo il carico sulla punta per l’area dell’impronta) si osserva
sistematicamente che, a pari materiale saggiato, i valori delle prove di
macrodurezza risultano notevolmente inferiori a quelli di microdurezza.
Si tratta di un effetto di scala o di dimensioni, variamente teorizzato,
che si osserva anche in altre categorie di prove di resistenza meccanica.
Le prove di durezza maggiormente utilizzate per saggiare materiali duri sono
la prova di Vickers, con penetratore di diamante piramidale a base quadrata, e
quella di Knoop, con penetratore di diamante a base rombica[4]
La tenacità dovrebbe essere misurata dal lavoro consumato per rompere un
provino standard. Per un materiale ideale (proporzionalità diretta sforzi-
deformazioni) questo sarebbe dato dal quadrato della sollecitazione a rottura
diviso per il modulo di elasticità E. Per i solidi reali si ricorre ad indici
indiretti, spesso diversi per i vari materiali.
Per i materiali duri sinterizzati, utilizzati per la costruzione degli utensili di
scavo meccanizzato, sono state proposte prove specifiche, quale quella che
fornisce la resistenza alla rottura trasversale (prova statica ) e quella che indica
la resistenza relativa all’urto (prova dinamica ).[7]