4
gli impieghi più convenienti; minimizzare gli effetti delle
oscillazioni dei tassi di interesse sui flussi di cassa, gestire il
rischio di cambio minimizzando gli effetti delle oscillazioni
dei cambi sui flussi di cassa generati dalle operazioni
caratteristiche dell’impresa. Tutto ciò per “finanziare” al
costo minimo il fabbisogno dell’impresa.
Questo si realizza mediante la razionalizzazione nei
movimenti di cassa che è rappresentata dal risparmio
degli oneri finanziari, dal conseguimento di maggiori utili
con un più attento e rapido utilizzo delle risorse finanziarie
ed un più attento rapporto con le banche. Sostanzialmente
perciò l’attività del tesoriere è rivolta verso due aree di
intervento: il treasury management che è la gestione del
capitale circolante e il cash management che è la gestione
degli incassi, dei pagamenti e dei rapporti finanziari a
breve termine.
Per svolgere tali compiti il tesoriere si avvale
principalmente di strumenti previsionali: il budget di
tesoreria ed il preventivo di cassa che forniscono
informazioni sui flussi di cassa. Tali strumenti previsionali
sono redatti dallo stesso tesoriere sulla base delle
informazioni raccolte nei vari settori dell’impresa:
commerciale, amministrativo, direzione, personale etc.
5
La funzione della tesoreria può essere intesa diversamente
nelle varie realtà aziendali come
1
:
- centro di costo (che offre servizi finanziari
strettamente legati ai bisogni dell’azienda ad un
costo contenuto).
- centro di profitto (che, oltre a fornire servizi
finanziari, si prefigge l’obiettivo di generare profitti
aggiuntivi attraverso attività di trading a carattere
speculativo che vanno al di là dei bisogni operativi)
oppure come
- centro di servizio a valore aggiunto (nel quale il
tesoriere/i gode di un margine di discrezionalità in
relazione al momento di copertura delle esposizioni
aziendali e al tipo di strumenti da utilizzare).
La realtà delle piccole e grandi imprese si orienta verso una
tesoreria quale centro di costo o centro di servizio a valore
aggiunto.
Nei grandi gruppi industriali troviamo invece maggiormente
il modello della tesoreria come centro di profitto; in tale
contesto l’unità che si occupa della tesoreria assume,
generalmente, le vesti di impresa finanziaria (profit
centre).
1
Sul punto v. A. DACCO’, L’accentramento della tesoreria nei gruppi di società,
2002, p. 25.
6
In ogni caso la funzione di tesoreria è una realtà sempre
più importante ed essenziale tanto è vero che è nata nel
1992, proprio per valorizzare il ruolo degli incaricati della
finanza all’interno dell’impresa, l’Associazione Italiana
Tesorieri d’ Impresa (AITI).
7
2 – GRUPPI DI SOCIETÀ (DEFINIZIONE)
Altro elemento essenziale della presente ricerca è il
“gruppo di società”.
Il gruppo è una forma di aggregazione fra imprese
caratterizzato da un carattere di grande versatilità, infatti
gruppi di società operano in più disparati settori economici
e a livelli dimensionali diversi. L’aggregazione in oggetto
viene vista come “raggruppamento di varie società attorno
ad una che le controlla (società madre)”. Il fenomeno era
già conosciuto al legislatore del 1942 il quale si è
preoccupato di arginare lo sviluppo di tali “aggregazioni”
per salvaguardare la buona fede dei soci estranei all’attività
sociale e l’affidamento dei creditori. Il pericolo (che il
legislatore intravedeva in questo tipo di operazioni) non
attiene tanto al funzionamento dei gruppi stessi ma sorge
in relazione alla formazione del capitale con il quale le varie
società partecipanti al gruppo si presentano ai terzi.
Questa diffidenza del legislatore nei confronti dei “gruppi di
società” ha portato alla formulazione di norme quali: il
divieto di costituire o aumentare il capitale sociale
mediante la sottoscrizione reciproca delle azioni (art. 2360
C.C.); i divieti imposti dall’art. 2361 C.C. che proibisce
l’assunzione di partecipazioni in altre società, anche se
prevista genericamente nell’atto costitutivo, se per la
misura e per l’oggetto delle partecipazioni viene a
determinarsi una modifica sostanziale dell’oggetto sociale
8
(in modo da evitare che gli amministratori modifichino di
fatto l’oggetto sociale eludendo l’approvazione dell’as-
semblea straordinaria dei soci); il divieto di cui all’art. 5 d.l.
1148 del 1941 il quale esclude la possibilità alle società di
possedere azioni di altre società per un valore superiore a
quello del proprio capitale
2
. Salvi tali divieti, tuttavia, le
società sono state libere di acquistare azioni o quote di
altre società creando così rapporti tra le società interessate
che hanno condotto alla costituzione, sempre più frequente
nel corso degli ultimi anni, di gruppi di società.
Nel nostro ordinamento manca una specifica definizione
normativa di gruppo di società. Peraltro, poiché
dall’esercizio del potere di acquisire azioni o quote di altre
società possono scaturire gravi pericoli per l’integrità del
capitale sociale e per il regolare funzionamento degli organi
della società, il legislatore del 1942 ha dettato regole
particolari per limitare l’esercizio del potere di
partecipazione.
L’art. 2359 C.C. pone una distinzione fra società controllate
e collegate: ”Sono considerate società controllate:
1. le società in cui un’altra società, dispone della
maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea
ordinaria;
2
Sul punto cfr. G. AULETTA, N. SALANITRO, Diritto Commerciale, 1996, p.
195
9
2. le società in cui un’altra società dispone di voti
sufficienti per esercitare un’influenza dominante
nell’assemblea ordinaria;
3. le società che sono sotto influenza dominante di
un’altra società in virtù di particolari vincoli
contrattuali con essa.
Sono considerate collegate le società sulle quali un’altra
società esercita un’influenza notevole. L’influenza si
presume quando nell’assemblea ordinaria può essere
esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se
la società ha azioni quotate in borsa.”
Alcuni studiosi hanno messo in evidenza che il
collegamento tra una società ed altre (anche se si può, in
sostanza, ipotizzare una partecipazione di controllo) non dà
vita necessariamente ad un gruppo. Infatti Cottino
3
ha
osservato che il fatto che più imprese si uniscano tra di loro
per un’azione di interesse comune, esprime una logica
sostanzialmente di gruppo (tanto è vero che le imprese
conferiscono mandato ad una di esse detta capogruppo),
ma non configura la presenza del gruppo.
Recentemente nel D.lgsl 6 del 17/01/2003 sulla riforma
organica del diritto societario si pone l’accento sulla
3
Sul punto cfr. COTTINO, Gruppi di Società, in Enciclopedia Treccani, 1993,
pag.3.
10
“direzione e coordinamento di società”
4
. La legge di
delega, n. 366 del 3/10/2001, richiede una disciplina di
trasparenza con regole tali da assicurare che l’attività di
direzione e coordinamento contemperi l’interesse del
gruppo, delle società controllate e dei soci di minoranza. In
tale “panorama” si richiede altresì la motivazione delle
decisioni conseguenti ad una valutazione dell’interesse del
gruppo; adeguate forme di pubblicità dell’appartenenza al
gruppo ed adeguate forme di tutela per il socio all’ingresso
e all’uscita della società dal gruppo.
In tale delega si è, ancora, ritenuto non opportuno dare o
richiamare una nozione di gruppo o di controllo per due
ragioni: da un lato le innumerevoli definizioni di gruppo
esistenti nella normativa di ogni livello sono funzionali a
problemi specifici; e dall’altro è chiaro che qualunque
nozione si sarebbe dimostrata inadeguata alla rapida
evoluzione della realtà sociale, economica e giuridica. Si è
ritenuto che il problema centrale del fenomeno del gruppo
fosse quello della responsabilità della controllante nei
confronti dei soci e dei creditori sociali della controllata.
In tale contesto il limite all’esercizio dell’attività di direzione
e coordinamento è apparso dovesse essere costituito dal
rispetto dei valori essenziali del “bene” partecipazione
sociale, bene che la legge individua nella partecipazione
4
Sul punto cfr. la Relazione al decreto legislativo recante :”Riforma organica
della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione
della legge 3 ottobre 2001, n. 366, pubblicata sul sito internet Notarlex,
Consiglio Nazionale del Notariato, punto 13.
11
all”esercizio in comune di una attività economica al fine di
dividerne gli utili” (art. 2247 C.C.). Questi valori da tutelare
possono individuarsi nei principi di continuità dell’impresa
sociale, redditività e valorizzazione della partecipazione
sociale. La normativa detta una responsabilità fonda-
mentalmente di tipo aquiliano e necessariamente della
controllante direttamente verso i danneggiati. Si tratta di
una disciplina che non si sostituisce a quella del 1942 ma
che si aggiunge ad essa, posto che i numerosi tentativi di
tutelare gli interessi dei creditori e dei soci della controllata
non sembrano essere riusciti a dare ad oggi una tutela
adeguata. Per evitare che il margine di iniziativa della
società soggetta all’attività di direzione e coordinamento
sia eccessivamente ridotto come conseguenza della pos-
sibilità di azione diretta da parte dei suoi soci o dei suoi
creditori contro la società controllante, l’art. 2497 comma
3° C.C. (in seguito alla riforma) prevede che l’azione sia
esperibile solo se essi non siano stati soddisfatti dalla
società controllata. Inoltre è stato precisato che il danno a
base dell’azione in esame (cioè di responsabilità) è il danno
derivante dal risultato complessivo dell’attività della
controllante e non il danno risultante da un atto
isolatamente considerato (eliminabile anche a seguito di
specifiche operazioni dirette a tal fine).
La ragione dell’analitica motivazione delle decisioni di chi
esercita attività di direzione e coordinamento, prevista
dalla riforma (art. 2497 ter), è coerente con la normativa
generale che è attenta a prevedere regole di trasparenza.
12
Del resto solo la conoscenza delle ragioni economiche ed
imprenditoriali di un’operazione può consentire un giudizio
sulla correttezza di questa e quindi può consentire di
valutare se l’apparente diseconomicità di un atto,
isolatamente considerato, trova giustificazione nel quadro
generale dei costi e benefici derivanti dall’integrazione di
un gruppo oppure no.
I gruppi di società, come già anticipato, mirano a sod-
disfare le esigenze di sviluppo dell’attività economica pre-
fissa attraverso la formazione di imprese formalmente
autonome e distinte ma in effetti coordinate tra di loro. Di
solito tale coordinamento avviene attraverso la costituzione
di società finanziarie dette Holdings, le quali svolgono
quale attività esclusiva o principale l’assunzione di
partecipazioni in altre società, allo scopo di dirigerne
l’attività.
La formazione del gruppo può avvenire in diversi modi:
mediante l’estendersi a catena del controllo da una società
all’altra (“A” capogruppo dirige la società “B” che a sua
volta dirige la società “C” etc.); mediante una “dilatazione
a stella” (la società capogruppo esercita solo una attività di
controllo delle società operative, lasciando a ciascuna di
queste ultime l’esercizio dell’attività in un singolo settore
economico); oppure attraverso i modelli “a scacchiera” o “a
ventaglio” (dove prevale il controllo verticale tra le imprese
o forme di collegamento tramite rapporti collaterali tra le
collegate). Spesso però la realtà del gruppo è data dalla
13
combinazione di questi modelli e quindi dalla realizzazione
di forme non riconducibili a schemi rigorosi.
La grande flessibilità dei gruppi si realizza, perciò, in una
realtà multiforme che è caratterizzata da svariate
strutture:
ξ Strutture caratterizzate da un’elevata interazione
economica: gruppi formati da società autonome.
(L’interazione fra le società del gruppo può essere
tale che l’attività di ciascuna delle società costituisce
una fase di un unico processo produttivo).
ξ Strutture di tipo giuridico – organizzativo: gruppi di
società o gruppi in cui partecipano imprese non
societarie.
ξ Strutture di tipo gerarchico o paritario.
ξ Strutture che rappresentano gruppi composti da
grandi imprese o gruppi di piccole e medie imprese.
In merito alle modalità di attuazione il gruppo può essere
definito:
1. verticale (unisce imprese che operano in settori
produttivi diversi o in fasi differenti di uno stesso
processo produttivo);
14
2. orizzontale (le imprese del gruppo operano nello stesso
settore e compiono processi produttivi simili);
3. misto.
In sostanza non esiste nella realtà sociale una unitaria
struttura organizzativa del fenomeno dei gruppi in quanto
tale accentramento può assumere diverse forme più o
meno penetranti (Pavone La Rosa
5
).
5
Sul punto cfr. A. PAVONE LA ROSA, Gruppi finanziari e disciplina generale dei
gruppi di società, in Riv. soc., 1998, p. 1576