che aggancia tutti i processi umani alla specificità spaziale e temporale (Bonnes). E’ da sottolineare 
che il legame persona/ambiente interessa non solo la persona e il  contesto ambientale a lei più 
vicino, ma sia allarga a comprendere l’aspetto sociale, quello culturale in senso lato, il micro e 
macro cosmo. 
Il legame di attaccamento a un luogo risente di molteplici processi psicologici e sociologici 
implicati nelle singole persone, nei gruppi, nelle comunità di appartenenza. Riguarda molteplici 
settori che vanno dal biologico, allo psicologico, al sociale, al culturale. Altrettanto vasta è la 
terminologia adottata per specificare i differenti significati che si sogliono mettere in primo piano. 
Per questo trovo giuste le osservazioni della Giuliani (2004) che considera l’attaccamento un 
concetto ombrello multidimensionale, sovraordinato, inglobante aspetti cognitivi, affettivi, 
comportamentali. Proprio per questo sarebbe più giusto parlare di attaccamenti (Low, Altman 1992; 
Giuliani, 2004). 
La teoria evoluzionistica etologica bowlbyana, incentrata sull’infanzia e sull’imprinting delle 
prime relazioni oggettuali, non è capace di spiegare tutto lo sviluppo affettivo, mentre 
nell’attaccamento ai luoghi, è implicata la prospettiva socioculturale, oltre  quella affettiva. Con la 
Teoria dell’attaccamento ai luoghi tutto è più complesso dal momento che bisognerebbe indagare 
ogni singolo tipo di legame con i luoghi, impresa questa non da poco. 
Consideriamo la casa, il luogo primario soprattutto per un anziano, nella quale egli rivisita e 
dà nuova vita ai ricordi. La casa è il luogo che ha inserito nel costrutto pluridimensionale del Sé: 
egli si identifica con la sua abitazione (secondo l’ impostazione fenomenologica) 
La territorialità è certamente un universale: l’essere umano da sempre ha avvertito il bisogno 
di ritagliare uno spazio privato per difendersi dalle intemperie, per salvaguardare la privacy degli 
affetti familiari. Da questo ancestrale bisogno di sicurezza, protezione e riservatezza, è nata 
l’esigenza di un’abitazione personale (Eibl Eibesfeld, 1993). Il vecchio ricava sicurezza, affetto, 
protezione, oltre che dalle persone che gli stanno accanto, anche dall’attaccamento ai luoghi nei 
quali ha trascorso buona parte della sua lunga esistenza (Baroni; Giuliani). Il possesso, 
l’identificazione, la familiarità generano appartenenza, sicurezza, padronanza fisica e psicologica, 
nonché forte radicamento emozionale, prossimità mentale (Grossman) alimentata dai ricordi, 
soprattutto quando la residenza abitativa è di lunga durata. 
Non sempre il Modello di stabilità del Sé, costruito attorno a quello dell’identità di luogo 
convalida, nell’individuo che cambia, in un mondo che cambia, la possibilità di gestione piena 
dell’ambiente in cui vive. La stabilità, così importante per la padronanza, è minacciata dal continuo 
mutamento della ridefinizione del significato da attribuire ai luoghi. Così la persona anziana 
interagisce dinamicamente, nonostante le apparenze contrarie, con le influenze che le derivano 
dall’ambiente e mette in atto strategie per arginare le crisi che originano dall’interno e dall’esterno 
(Bonaiuto et al., 2004). 
 Gli anziani, nonostante i deficit fisici e psicologici sono ancora capaci di controllare la realtà 
operando variazioni nel proprio mondo interno. Cambiano atteggiamenti, obiettivi, stile di 
attribuzione e di confronto con gli altri (Brandstadter, Greve, 1994), per cercare un senso al proprio 
operato, gestire sé, gli altri e il luogo in cui vivono. Ma se l’impresa di deviare le minacce 
all’identità non porta a risultati soddisfacenti, le conseguenze sono devastanti per il Sé, con tutta la 
sequela di reazioni che ne discendono a cascata. 
L’attaccamento a un luogo genera effetti collaterali: la continuità dell’identità personale pur 
nel mutamento, il mantenimento dell’autostima, dell’autoefficacia, la salute mentale, 
l’indipendenza, il benessere, il mantenimento delle risorse e delle abilità pratiche quotidiane (ADL, 
IADL), la continuità dei rapporti sociali che perdurano, gratificano, sostengono (Twigger-Ross, 
Uzzell, 1996; Gustafson, 2001 a). Certo, nei riguardi di un vecchio in buona salute, questo è il 
miglior augurio che si possa formulare: continuare a vivere nella sua casa con tutti i supporti che il 
suo ambiente gli può garantire. Il luogo più adatto, quello che gli consente una collocazione 
ottimale, prende le mosse dalla sua casa e da lì si allarga al quartiere: il legame affettivo estende la 
sua influenza dall’abitazione privata al raggio d’azione che un vecchio può percorrere con le sue 
gambe. 
Gli anziani sono contesto dipendenti (Bonaiuto et al. 2004) e la loro competenza nella 
gestione ambientale cede il passo a una vulnerabilità sempre più marcata (Lawton). Possono 
continuare a vivere nella loro casa se viene individualizzato e organizzato  per ciascuno di loro un 
ambiente modificato, protesico che, attraverso manufatti tecnologici e culturali, possa compensare 
l’inevitabile decadimento dell’essere umano (fase della Compensazione della SOC Theory di 
Baltes). 
Tre sono le funzioni riguardanti le abilità residue che devono essere garantite nel suo 
specifico ambiente: il mantenimento, la stimolazione, il supporto (Lawton). L’incremento 
dell’autonomia attraverso le attività della vita quotidiana e quelle consentite dalla tecnologia più 
aggiornata (ADL, IADL), tengono in esercizio le abilità residue, ne potenziano l’uso attraverso 
l’attività giornaliera, con positive ricadute pratiche, psicologiche, sociali. Con questi accorgimenti 
l’ambiente si fa più vivibile, più esplorato, meglio conosciuto, utilizzato, amato e presenta meno 
ostacoli insormontabili. Il vecchio torna ad essere più competente, ad affrontare la realtà con armi 
migliori, più adattive, a trovare risposte più adeguate alle sue necessità. Nel suo ambiente, seppur 
con qualche difficoltà, un vecchio è, a tutti gli effetti, una persona che conserva autonomia di 
azione, indipendenza di pensiero e volontà.L’intelligenza pratica, applicata alla risoluzione 
quotidiana dei problemi, fornisce modelli alternativi per la comprensione della realtà e valenze che 
si organizzano gerarchicamente in modo diverso rispetto ai periodi precedenti: tutto questo 
influenza l’organizzazione degli schemi mentali, la lettura del mondo che lo circonda e il  
comportamento (Blanchard-Fields, 1996). 
La casa è certamente il cuore pulsante di vita per una persona che invecchia. Ma quando la 
continua rinegoziazione di strategie per controllare l’ambiente e le defaillances fisiche e psichiche 
(pur compensate da opportune risorse umane e tecnologiche) non sono più capaci di garantire un 
minimo di competenza e di vita dignitosa, solo allora la situazione deteriorata suggerisce di 
abbandonare l’abitazione per essere meglio curati e protetti in una Casa di Riposo. 
L’attaccamento a un luogo e il suo disinvestimento affettivo sono eventi particolarmente 
stressanti per gli anziani in quanto la struttura del Sé di un vecchio si identifica fortemente con il 
luogo di vita e con le attività in esso esercitate (Reed, Roskell Payton, Bond, 1998). L’equilibrio fra 
mobilità e attaccamento crea tensione e disorientamento, conseguenti alla mancata plasticità 
adattiva. Lo stile flessibile oppure rigido con cui è organizzata la sua personalità, influisce 
sicuramente sull’adattamento: chi è più flessibile si adatta meglio; chi ha sempre saputo vedere nel 
nuovo qualcosa di positivo, potrà considerarlo parte integrante del suo mondo e così saprà 
apprezzarlo e inserirlo ancora nel suo schema mentale (Baroni, 1998; Life Span Theory). 
Deve essere garantita a chiunque abbia necessità di trasferirsi in Casa di Cura o di Riposo la 
possibilità di intraprendere attaccamento alla nuova residenza abitativa. Gli studiosi che indagano le 
tematiche legate ai trasferimenti degli old old in Casa di Riposo evidenziano situazioni di stress 
negativo legate a “...minaccia allo spazio personale dell’individuo ...socializzazione 
forzata...mancanza di controllo sulle proprie attività... problemi di densità e di affollamento... 
rottura non solo dell’attaccamento a un luogo, ma anche di relazioni familiari, amicali e di 
vicinato... possibile compresenza di altre fonti di stress... come la vedovanza... l’insorgenza di 
malattie e di invalidità (Elenco ripreso da Baroni, Getrevi, 2003, p. 50) 
Una fase preparatoria, nella quale raffigurarsi in anticipo la vita nel nuovo ambiente, il 
riallineamento dell’equilibrio sconvolto dall’idea stessa del cambiamento, la libertà di poter 
scegliere se trasferirsi o meno, conducono a un’accettazione più serena e a un adattamento migliore 
alla vita in Casa di Riposo (Brown, Perkins, 1992; Baroni, 1998, 1999, 2003; Baroni, Getrevi, 
2003). Una Istituzione può diventare una casa se la persona anziana è stata preparata a distaccarsi 
affettivamente dall’abitazione precedente, se può contare su relazioni personali gratificanti, se 
riesce a mantenere esercitate le attività che svolgeva nella sua abitazione (Wahl, 2001). Appositi 
programmi, coinvolgenti lo staff psicoassistenziale, possono decrementare, anche in Casa di 
Riposo, comportamenti  dipendenti appresi da chi delega troppo ad altri la gestione della propria 
autonomia. Il vecchio che vive in una Istituzione potrebbe raggiungere così una migliore qualità di 
vita e l’Istituzione svolgere effetti terapeutici, nonostante gli anziani ospiti residenti siano 
particolarmente deteriorati (Ryff, Essex, 1992; Baltes; Wahl; Miesen;Droes). Rose-Marie Droes a 
questo proposito suggerisce per l’anziano piccoli interventi in area psicosociale che possono però 
produrre grandi conseguenze. Viene scardinata la catena rigida di cause ed effetti: una modifica, 
anche piccola, addirittura minimale, può provocare grandi conseguenze,  sia positive sia negative  
(Metafora della farfalla di Lorenz, 1993 di cui parlano Caprara 1994; Toffoletto, 1998 e tutti i 
sostenitori della Relatività, delle Teorie dei Sistemi Dinamici Non Lineari). 
 Le categorie dello spazio e del tempo risuonano in modo diverso nell’arco della  vita e 
creano peculiari prospettive in ogni persona. L’intensa e prolungata esperienza emozionale, 
maturata a contatto diretto dei luoghi, riverbera in modo originale sulla conoscenza della realtà che 
un anziano si forma. Inoltre, se sono possibili generalizzazioni entro le quali inscrivere e 
rappresentare, in modo seppur schematico, i bambini, gli adolescenti e i giovani, questo tentativo di 
caratterizzazione diventa sempre più difficile quando si vogliano indagare gli adulti e soprattutto gli 
anziani e i vecchi. Infatti, le determinanti normative, ma in primis quelle non normative, 
trasformano ogni persona in una tipologia a sé stante (Baltes) e, invecchiando, la traiettoria della 
vita con tutte le sue biforcazioni casuali, si fa sempre più originale (Teoria del Caos nella 
psicogerontologia. Tecniche e principi dei Sistemi Non Lineari). 
 La dimensione temporale interviene ad alterare la prospettiva con cui si guarda la realtà. Gli 
schemi mentali si strutturano diversamente: vengono interpretati seguendo una nuova ottica che 
varia con l’età e l’esperienza. All’interno degli schemi mentali si impostano gerarchie di valori che 
assumono rilevanza differente rispetto alla precedente collocazione, mentre altri valori scendono di 
importanza nella scala valutativa o cadono nel dimenticatoio. 
Chi si prospetta  un lungo periodo di tempo per organizzare e realizzare le mete della propria 
esistenza (come capita solitamente ai giovani) privilegia l’aspetto quantitativo della conoscenza, 
mentre un anziano, che prevede per sé un tempo minore da vivere, coltiva e approfondisce l’aspetto 
qualitativo della relazione col mondo e con i suoi simili. La cognizione e l’emozione, nell’età adulta 
e nella vecchiaia, mettono al primo posto il  che rivisita i ricordi, prospetta mete per lo più 
utilitaristiche non esclusivamente individuali (altruismo degli anziani), legge la realtà attraverso 
questa singolare ottica. 
I vecchi, secondo la Teoria della Selettività Sociorelazionale (SST) di Carstensen, cercano di 
approfondire i legami affettivi con le persone del loro entourage abituale. Per questo  è necessario 
studiare modi per garantire non solo la privacy, ma anche la socializzazione degli anziani: dar loro 
spazio e tempo sufficienti per favorire la riflessione, l’interiorità, ma anche modi per approfondire 
l’informazione di carattere emozionale. 
Valori e obiettivi diversi in ogni singolo individuo mettono in primo piano la qualità del  
benessere soggettivo che è differente in ciascuno di noi. All’interno di  questa prospettiva sono 
implicati l’ambiente, la persona, la sua storia residenziale, l’attuale situazione di vita, le aspirazioni 
per il futuro e tanto altro ancora. Se si riesce a tener presente tutto questo si ottiene  benessere 
soggettivo ottimale. Tali indicazioni  sono utilizzate come criterio base per valutare il buon 
invecchiamento (successful aging) (Antonelli). 
Sottolineo con forza la necessità di pensare all’invecchiamento come a normale, fisiologico 
decadimento biologico non patologico. Se l’essere umano è destinato dall’evoluzione a invecchiare 
e a morire, accanto al patrimonio biologico possiede quello culturale che scavalca lo stesso 
programma genetico: si tende, infatti, allo sviluppo psicologico della mente matura che mira alla 
saggezza e affronta la vecchiaia con armi migliori, più adattive (Erikson; Jung; Birren, Schroots, 
1996; Schroots, Yates, 1999; Toffoletto, 1998). 
Accanto al Modello medico, che vede nella categoria dei vecchi la malattia, l’involuzione, la 
morte e persevera nell’arrestare l’inarrestabile degenerazione, occorre avvicinarsi alla persona 
invecchiata con approccio olistico che tenga conto di tutta la sua ricca storia, dei principi chiave che 
hanno guidato la sua vita e hanno costruito, nel tempo, la sua peculiare individualità. 
L’approccio centrato sulla Persona elaborato da Rogers e ripreso da Tom Kitwood, 
l’attenzione all’ambiente sociale dell’anziano,  del vecchio e agli eventi significativi della loro 
esistenza, possono costituire stimoli al considerare le persone che invecchiano individui degni di 
ogni  considerazione i cui valori sono da salvaguardare. Soddisfare le loro necessità, prestar 
attenzione alla complessa loro personalità, servirà a migliorarne la vita, a prevenire i trasferimenti 
dalla casa privata alla Casa di Cura (Wahl, 2001), ad evitare i costi sociali e psicologici che questi 
cambiamenti comportano e, ne sono convinta, a risvegliare in chi sta accanto a un vecchio, la 
consapevolezza di avere di fronte una persona da conoscere, rispettare, amare.