II
principio di uguaglianza, è di tal genere ,ad esempio, il divieto di 
lavoro notturno riconosciuto per le lavoratrici madri dall’art. 53 d.lgs. 
n.151/2001. Nel caso in cui, però, il trattamento differenziato è il 
risultato di una condotta antidoverosa posta in essere in violazione di 
norme inderogabili, si è di fronte ad una distinzione vietata meglio 
qualificata come “discriminazione”. 
Ecco che si ha discriminazione di genere nel rapporto di lavoro 
quando è violato, ad esempio,  l’art. 3 c.I Cost. in base al quale “tutti i 
cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali di fronte alla legge 
senza distinzione di sesso (…)” ,oppure l’art.37 c.I Cost. che oltre a 
sancire la parità di trattamento della donna lavoratrice rispetto ai 
lavoratori di sesso maschile, giustifica la tutela differenziata che 
spetta alla stessa in considerazione “della sua essenziale funzione 
familiare”. Diversificare il salario di una donna  rispetto a quello di un 
uomo che svolge lo stesso lavoro allo stesso livello è discriminazione.  
Perché si adotta l’espressione “discriminazione di genere” e non 
“discriminazione di sesso” per indicare il trattamento svantaggioso di 
cui le donne, in primo luogo, sono bersaglio nel rapporto di lavoro?  
Perché “sesso” e “genere” ,quantunque siano termini correlati, non 
sono sinonimi. Il primo è usato per indicare le differenze biologiche e 
fisiche tra maschi e femmine, il secondo, invece, è inteso come ‹‹ the 
complex of social, cultural and psychological phenomena attached to 
sex›› ( Mc Connel, S.Ginet 1988 p.76) ,cioè, come l’insieme di fatti 
sociali, culturali e psicologici che sono legati all’appartenenza ad uno 
dei due sessi; in poche parole è un prodotto della cultura umana, un 
rivestimento sociale della base sessuale in grado di trasformare le 
differenze biologiche in differenze sociali (E. Donati, Università degli 
Studi di Torino). Il che vuol dire che mentre il  sesso è una realtà 
 III
acquisita con la nascita, il genere è una realtà in continuo divenire e 
diversificarsi grazie alle esperienze di ogni giorno. Da queste 
osservazioni discende che, mentre la differenza sessuale è universale 
e immutabile nel tempo e nello spazio – cioè in ogni epoca e in ogni 
società - ,quella tra i generi porta con se una grande potenzialità di 
cambiamento, sapendosi adattare al mutare delle strutture economiche 
e delle spinte politiche, contemporaneamente, però, risente delle 
implicazioni culturali e sociali esistenti in un dato luogo che creano in 
essa una forte resistenza al cambiamento la cui principale ragione va 
individuata proprio nella tendenza ad assimilare la differenza di 
genere a quella sessuale e a definire, così, la prima come una 
differenza  “naturale” (quindi immutabile e universale) , favorendo il 
perpetuarsi di vecchi stereotipi e la nascita di nuovi. 
Questo discorso ci porta a definire la discriminazione di genere come  
illegittimo trattamento differenziato che colpisce un soggetto, non in 
quanto uomo o donna, ma in quanto uomo o donna con specifiche 
esigenze tutelate dalla legge. 
Ma questo non basta per rispondere al nostro interrogativo. 
Nel testo l’espressione “discriminazione di genere” verrà usata 
prevalentemente per indicare la disparità di trattamento che ha come 
destinatarie le donne, per due ordini di ragioni:  
- perché le donne hanno delle esigenze che, più di quelle degli 
uomini, si pongono in contrasto con le urgenze del datore di lavoro 
(quali la cura dei figli, la gravidanza ecc.) e quindi sono loro il 
bersaglio più probabile del trattamento discriminatorio; 
- perché nel linguaggio corrente politico, sociologico e culturale in 
generale spesso i due termini “genere” e “ donne” vengono 
sovrapposti  per attirare l’attenzione sulle problematiche femminili, 
 IV
adottando, però, un discorso rispettoso delle differenze e specificità 
dei due sessi. 
La discriminazione di genere verrà trattata nell’ambito del rapporto di 
lavoro (soprattutto subordinato)  perché qui i suoi effetti sono più 
dannosi che altrove visto che essa crea un forte limite  allo sviluppo  
della persona umana – considerato che il lavoro  è  il  principale  
strumento  di  inclusione sociale e una delle vie per assicurare ad ogni 
soggetto un’esistenza libera e dignitosa– e perché il rapporto di lavoro 
ben si presta alle disparità di trattamento, le quali  trovano terreno 
fertile proprio nella relazione diseguale che si viene a creare tra il 
datore e il lavoratore. Quest’ultimo viene, infatti, a trovarsi in una 
posizione subalterna e di dipendenza rispetto al datore di lavoro, al 
quale appartiene il potere di decidere chi, come, e quando assumere, 
chi, come e quando promuovere, trasferire o licenziare (cosa che può 
desumersi anche dall’art. 2094 c.c.). Per di più la connaturata 
debolezza del lavoratore si intensifica nel caso in cui la prestazione 
debba essere resa da una donna, che, oggi, come ieri, è chiamata a 
confrontarsi con un ambiente lavorativo dai ritmi spesso inconciliabili 
con quella sua funzione familiare  rimasta “essenziale” ( come 
definita nell’art. 37 Cost.) nonostante si sia cercato di promuovere la 
condivisione delle responsabilità. Prova ne è la persistenza del 
fenomeno della segregazione occupazionale e del gap retributivo tra 
uomini e donne. 
Le iniziative internazionali ed europee sono il punto di partenza del 
nostro discorso; il primo capitolo sarà, pertanto, dedicato al rilievo 
che la tutela della parità tra i sessi ha avuto ed ha, anzitutto, a livello 
internazionale, qui la Convenzione ONU del 1979 si pone come il più 
importante trattato internazionale in materia di diritti delle donne, e 
 V
quindi giuridicamente vincolante, l’O.I.L. ha introdotto il principio 
dell’eguale retribuzione per un lavoro di eguale valore nel 1951 e un 
segno ha lasciato la IV Conferenza mondiale sulle donne di Pechino 
del 1995 con la sua Piattaforma d’azione. Nello stesso capitolo verrà 
esaminato l’iter di affermazione del principio antidiscriminatorio 
come principio fondamentale dell’ordinamento giuridico comunitario 
e il ruolo che il trattato di Amsterdam nonché la Carta di Nizza hanno 
avuto e continuano ad avere in materia. Verranno passate in rassegna 
direttive e altri atti comunitari che hanno segnato tappe importanti nel 
modellare l’attuale sistema di tutela antidiscriminatoria europeo e 
nazionale introducendo novità considerevoli quali le  azioni volte a 
favorire il riequilibrio di uomini e donne in tutti gli ambiti della vita 
sociale a partire da quello lavorativo. 
A sovrastare l’apparato comunitario di hard law e soft law si pone 
l’attività della Corte di Giustizia della Comunità Europea, organo 
giurisdizionale garante dei Trattati e dell’interpretazione delle norme 
europee, che, da un lato, ha contribuito a consolidare alcuni principi 
fondamentali dell’ordinamento giuridico comunitario ( come 
l’efficacia diretta delle direttive) e, dall’altro, ha contribuito a far 
avanzare la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori appartenenti al 
sesso sottorappresentato anche negli ordinamenti interni.  
Il secondo capitolo è dedicato all’esame delle caratteristiche che 
presenta la discriminazione di genere nel contesto lavorativo. 
Particolare attenzione sarà dedicata alle definizioni di discriminazione 
diretta e indiretta introdotte dalle direttive comunitarie cd. “di 
seconda generazione” e recepite, per quanto concerne l’ambito del 
rapporto di lavoro, dal recente d.lgs. 145/05 attuativo della direttiva 
73/2002/CE che ha modificato la preesistente dir. 207/1976/CEE in 
 VI
materia di parità di trattamento tra uomini e donne per l’accesso al 
lavoro, alla formazione, promozione professionale e le condizioni di 
lavoro. L’adeguamento della legislazione nazionale alla stessa 
direttiva ha, poi, consentito all’Italia di ricomprendere le molestie 
sessuali nell’ambito della discriminazione in questione, chiudendo, 
così, un dibattito già da tempo aperto in materia. Un ruolo 
fondamentale verrà riconosciuto alle azioni positive quali misure 
volte a favorire le pari opportunità nei luoghi di lavoro e ad operare 
sia in sede di prevenzione delle discriminazioni che come rimedio alle 
stesse.  
Nel terzo capitolo verranno esaminati i più importanti strumenti di 
tutela, giudiziaria e non, del principio di parità di trattamento. 
Per quanto concerne la tutela giudiziaria ci si soffermerà sulle  
principali problematiche processuali, tra queste: la tipologia di azioni 
esperibili in giudizio e la ripartizione del carico probatorio (a tal 
proposito si vedrà che non può parlarsi di inversione dell’onere della 
prova). Rilievo autonomo verrà riconosciuto alla possibilità che il 
giudice condanni l’autore del comportamento discriminatorio al 
risarcimento del danno anche non patrimoniale come disposto dal 
d.lgs. 145/05. La novità ha un certo spessore si ritiene, infatti, che sia 
idonea ad incentivare il ricorso allo strumento processuale; non va 
dimenticato, infatti, che, nonostante la maggior parte dei processi 
intentati nei confronti del datore di lavoro dalla persona che ha subito 
una discriminazione si concludano in favore del ricorrente, il rimedio 
giudiziale ha uno scarso successo. Lo studio dei motivi che 
impediscono alla vittima di una discriminazione di rivolgersi al 
giudice permetterà, infine, di trattare nella stessa sede gli elementi che 
attengono al profilo non giudiziale della tutela antidiscriminatoria. 
 VII
L’analisi degli strumenti stragiudiziali sarà circoscritta alla figura 
della Consigliera di parità e dei sindacati, in considerazione della loro 
maggiore vicinanza con gli ambienti di lavoro. L’esame dell’attività 
delle consigliere, sarà, poi, occasione per soffermarsi sui casi di 
discriminazione registrati nella provincia di Messina, il cui studio e 
approfondimento ha richiesto la collaborazione della Consigliera di 
parità della Provincia. 
 
 
Caratteristiche dei materiali reperiti 
Il materiale cui si è fatto ricorso per la compilazione del presente 
lavoro è stato tratto da libri, riviste cartacee e telematiche, nonché da 
pubblicazioni su siti web. La scelta di non limitarsi alla 
documentazione  a stampa è in linea con la crescita dell’uso del web 
da parte delle Istituzioni, dell’UE, delle aziende, dei sindacati e dei 
centri di ricerca per mettere in rete programmi, rapporti, leggi e 
documenti. Il limite delle pubblicazioni qui reperite risiede nella 
dinamicità dei siti. Quando si visita un sito in una certa data, la 
rilevazione riguarda quel momento, pochi giorni dopo lo stesso può 
essere molto cambiato, contenere nuove informazioni, nuovi articoli, 
o essere stato sottoposto a ristrutturazione in parte o in toto. Si è, 
pertanto, deciso di indicare nelle note e nella bibliografia la data della 
visita e, nei pochi casi di visite ripetute, la data dell’ultima. 
Il dato che accomuna l’eterogeneità delle fonti è che a scrivere sulle 
discriminazioni di genere sono ancora soprattutto le donne.  
 
 
 
 VIII
Ringraziamenti 
Desidero ringraziare la prof.ssa Renata Altavilla ( docente di Diritto 
del lavoro presso la Facoltà di Giurisprudenza di Messina) per la 
disponibilità dimostrata e la dott.ssa Annamaria Tarantino                       
( Consigliera di Parità presso la Provincia di Messina) per la 
collaborazione sulla parte relativa ai casi di discriminazione nella mia 
provincia.  
 
 
 1
CAPITOLO    I 
 
Il lavoro e la tutela antidiscriminatoria nel 
panorama internazionale 
 
 
SOMMARIO:  1. Le Nazioni Unite e la parità: l’O.I.L. e le sue Convenzioni.  – 2.  L’evoluzione della 
normativa europea in materia di parità uomo-donna nel rapporto di lavoro. Dal Trattato di Roma alle 
direttive di “ seconda generazione”.  –  3. La Corte di Giustizia e il suo contributo allo sviluppo della tutela 
antidiscriminatoria.  
 
 
1. Le Nazioni Unite e la parità: l’O.I.L. e le sue 
Convenzioni 
 
In tutte le società e in tutti gli ambiti di attività esistono 
disuguaglianze giuridiche e di fatto. Il gran numero di queste nascono 
e vengono aggravate dalle discriminazioni subite sul posto di lavoro e 
molte di quelle che trovano terreno fertile nella relazione datore - 
lavoratore riguardano le donne. Lo sforzo delle Nazioni Unite di 
documentare la reale situazione delle donne in tutto il mondo, ha 
prodotto statistiche allarmanti sul divario economico e sociale 
esistente tra i sessi
1
. L’aumento della povertà tra le donne è stato 
                                                 
1
 Il 70% degli 1,3 mld di persone che vivono in stato di povertà sono donne 
 2
posto in relazione direttamente con la disuguaglianza tra i generi nel 
mercato del lavoro. Se anche le cause e le conseguenze del 
trattamento diseguale variano da Paese a Paese, esse trovano 
fondamento, dappertutto, nella sopravvivenza di stereotipi e tradizioni 
che, collocando la donna al “focolare domestico” le impediscono di 
contribuire, al pieno delle proprie capacità, al progresso della Nazione 
di appartenenza
2
. 
L’O.N.U.
3
 e ,quale sua agenzia specializzata, l’O.I.L.
4
 hanno 
fatto della lotta alle discriminazioni di genere uno dei punti centrali di 
tutta la loro attività. La prima elaborando anzitutto un catalogo 
universale dei diritti umani,  la seconda facendosi promotrice di 
importanti iniziative volte a fissare le condizioni minime in materia di 
diritti fondamentali del lavoro e a contrastare la disparità di 
trattamento. Non bisogna allora stupirsi se per affrontare un discorso 
sulla parità in materia d’impiego bisogna proprio partire da questi 
organismi. 
Il principio di non discriminazione tra i sessi viene sancito per 
la prima volta in via generale
5
 nella Carta delle Nazioni Unite
6
 nel 
                                                 
2
 I diritti delle donne:una responsabilità di tutti pubblicazione sul sito 
<http://www.dirittiumani.donne.aidos.it> (31.03.06). 
3
 Organizzazione delle Nazioni Unite istituita nel 1945 ad iniziativa delle nazioni vincitrici della 
seconda guerra mondiale volta ad assicurare il mantenimento della pace e della sicurezza nel 
mondo. Lo statuto dell’organizzazione venne redatto nell’ambito della Conferenza di San 
Francisco e prende il nome di Carta delle Nazioni Unite la quale, ratificata dagli Stati fondatori, 
entrò in vigore il 24 ottobre 1945. Ad oggi fanno parte dell’O.N.U. quasi tutti gli Stati del mondo 
ad eccezione della Svizzera. Per ulteriori approfondimenti si rinvia a B.CONFORTI, Diritto 
Internazionale, Napoli, ult. ed. e al sito www.onuitalia.it . 
4
 Organizzazione Internazionale del Lavoro fondata con i trattati di pace che chiusero la prima 
guerra mondiale nel 1919; con le sue Convenzioni ha contribuito allo sviluppo della tutela dei 
lavoratori. Attualmente è collegata all’O.N.U. dalla quale è stata riconosciuta come suo Istituto 
Specializzato. Per ulteriori approfondimenti v.  B.CONFORTI op.cit. e, per i recenti sviluppi 
dell’attività di tale Organizzazione, il sito <http://www.ilo.org>.  
5
 Riflessione tratta da Il divieto di discriminazione in base al sesso negli strumenti generali sui 
diritti umani in Bollettino “Archivio Pace Diritti Umani”, n. 28, 3/2004 pag.3 , pubblicato sul sito 
<http://www.centrodirittiumani.unipd.it> come supplem. al n.2/2004 della  riv. “Pace Diritti 
umani” a cura del Centro Interdipartimentale di ricerca e servizi sui diritti della persona e dei 
popoli dell’Università di Padova (25.01.06). 
 3
1945. Qui nel Preambolo viene affermata la fede dei popoli delle 
Nazioni Unite nell’uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e 
nell’art.1 al secondo comma viene inclusa tra i fini delle Nazioni 
Unite la “cooperazione internazionale (…) nel promuovere ed 
incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà 
fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o 
di religione”. Questo documento, però, non prescrive impegni 
specifici immediati a carico degli Stati, quanto, piuttosto, un obbligo 
di azione e cooperazione con l’Organizzazione per la promozione e 
l’incoraggiamento al rispetto dei diritti umani, ha pertanto carattere 
programmatico. A ciò si aggiunga che la Carta fa riferimento ad una 
nozione generale di diritti umani senza precisarne il contenuto 
specifico
7
.  
L’O.N.U., però, ha elaborato un numero significativo di 
risoluzioni e dichiarazioni solenni, nonché progetti di convenzioni da 
sottoporre all’approvazione degli Stati grazie ai quali è stato creato un 
‹‹ sistema internazionale dei diritti umani››  e  con la Dichiarazione 
Universale dei diritti dell’uomo
8
, dopo aver sancito il principio 
fondamentale in base al quale “ tutti gli esseri umani nascono liberi ed 
eguali in dignità e diritti (…)”
9
, include il lavoro tra quelli, 
riconoscendo ad ogni  essere umano il diritto al lavoro nonché quello 
ad un’eguale retribuzione per un’eguale lavoro senza discriminazione 
                                                                                                                                     
6
 Carta delle Nazioni Unite (S.Francisco, 26 giugno 1945. Ratificata dall’Italia con legge 17 
agosto 1957 n.848 in Suppl. Ord. G.U. del 25 settembre 1957 con testo ufficiale in francese. 
Traduzione italiana  curata dalla Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale approvata 
dal governo italiano). 
7
 P.GARGIULO, Meccanismi di tutela dei diritti umani nel sistema delle Nazioni Unite, in Annali 
della Pubblica Istruzione, a XLIV, n.3-4/1998, pag.23 e ss pubblicata sul sito 
<http://www.annaliistruzione.it >(01.03.06). 
8
 Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni 
Unite il 10 dicembre 1948). 
9
 Art. 1 Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. 
 4
(art.23). Ecco che la comunità internazionale sviluppa il divieto di 
discriminazione in ambito lavorativo il quale, nonostante  sia 
contenuto in una raccomandazione
10
, che, per sua natura, non vincola 
gli Stati, ha un notevole valore politico. Tuttavia si è ancora lontani 
dalla garanzia di una parità in materia di impiego, la parità, cui si fa 
riferimento, infatti, si compone di due elementi che sono le pari 
opportunità e la parità di trattamento. Si parla di pari opportunità 
quando uomini e donne hanno le stesse opportunità di beneficiare 
dell’insegnamento e della formazione, di candidarsi ad un impiego, di 
essere ammessi ad acquisire determinate qualifiche o di essere presi 
in considerazione per una promozione; la parità di trattamento invece 
si accompagna al diritto delle donne ad una retribuzione, a condizioni 
di lavoro e ad una sicurezza dell’impiego alle stesse identiche 
condizioni degli uomini
11
 . 
Bisognerà attendere il 1966  per avere la traduzione in norme 
giuridiche vincolanti dei diritti sanciti nella predetta Dichiarazione e 
perché ci si avvicini di più alla parità nel lavoro cosi come prima 
intesa.  
In quell’anno vengono infatti adottati due Patti: il Patto 
internazionale sui diritti civili e politici
12
 e il Patto sui diritti 
economici, sociali e culturali
13
 che impegnano gli Stati sottoscrittori a 
                                                 
10
 Le raccomandazioni, assieme ai progetti di convenzione, rientrano tra le attività principali 
dell’ONU. Per approfondimenti sulla natura di tali atti consultare B. CONFORTI op.cit. ; voce 
“raccomandazione” in LEXICON di Diritto Internazionale Pubblico, Napoli, 2000. 
11
 Definizioni presenti alla voce Pari opportunità e parità di trattamento ne l’ “A B C dei diritti 
delle lavoratrici”, guida pratica a cura dell’I.L.O. pubblicata on line all’indirizzo 
www.dirittiumani.donne.aidos.it (01.02.06). 
12
 Patto sui diritti civili e politici ( adottato dall’Assemblea Generale il 16 dicembre 1966, entrato 
in vigore il 23 marzo 1976, ratificato dall’Italia il 15 settembre 1978 e reso esecutivo con legge 25 
ottobre 1977, n.881) 
13
 Patto sui diritti economici, sociali e culturali ( adottato dall’Assemblea Generale il 16 dicembre 
1966, entrato in vigore il 3 gennaio 1976, ratificato dall’Italia il 15 settembre 1978 e reso 
esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n.881). 
 5
garantire a tutti gli individui che si trovano sul proprio territorio o 
sotto la propria giurisdizione i diritti in essi enunciati e a fornire 
effettivi strumenti di tutela in caso di violazioni. Tra questi troviamo 
il “diritto al lavoro”. Nel secondo di questi accordi, infatti,  il divieto 
di discriminazione retributiva genericamente previsto nella 
Dichiarazione, è qui ribadito e in più si specializza. Nell’art. 7 lett. a), 
par.I così è detto che gli Stati devono garantire alle donne “condizioni 
di lavoro non inferiori a quelle degli uomini, con un’eguale 
remunerazione per un eguale lavoro”
14
.La stessa norma, poi, alla    
lett. c) obbliga i Paesi a garantire a tutti “eguale possibilità di essere 
promossi, nel rispettivo lavoro, alla categoria superiore appropriata, 
senza altra considerazione che non sia quella dell’anzianità di servizio 
e delle attitudini professionali”; ecco che inizia a profilarsi una 
garanzia di pari opportunità, almeno per quanto concerne la 
promozione. L’attenzione è rivolta soprattutto alla situazione della 
lavoratrice nei confronti della quale già da tempo opera il fenomeno 
della ‹‹segregazione verticale››
15
.  
E proprio le donne saranno destinatarie di una serie di interventi 
specializzati volti a tutelarle dalla discriminazione di genere. Tra 
questi va ricordata la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di 
discriminazione nei confronti delle donne
16
 del 1979 frutto del lungo 
                                                 
14
 Va detto, però, che il Patto in questione non è il primo strumento giuridico internazionale che 
introduce il principio dell’ “equal pay for work of equal value”, si vedrà più avanti, che già l’O.I.L 
nel 1951 aveva vincolato gli Stati in tal direzione. 
15
 Per “segregazione verticale” si intende la concentrazione delle donne nei livelli inferiori della 
struttura occupazionale ( cioè nelle più basse qualifiche, categorie o livelli di inquadramento), si 
contrappone alla “segregazione orizzontale”che indica la concentrazione delle donne in una 
ristretta gamma di mansioni (impiegata, maestra,segretaria…). Per approfondimenti si v. 
prosieguo del lavoro.  
16
 Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne         
( adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979 ,AG Res. 34/180, 
entrata in vigore il 3 settembre 1981, ratificata dall’Italia il 10 giugno 1985 e resa esecutiva con 
legge 14 marzo 1985, n.132, in vigore dal 10 luglio 1985). Tale convenzione segue, tra le altre, la 
Convenzione sui diritti politici delle donne, adottata dall’Assemblea Generale il 20 dicembre 
 6
lavoro condotto nell’ambito delle Nazioni Unite soprattutto dalla 
Commissione sulla condizione della donna (CSW)
17
e nota anche 
come ‹‹la Convenzione delle donne››,  che costituisce a tutt’oggi la 
“norma pattizia fondamentale in materia di diritti delle donne in 
quanto unico strumento giuridico internazionale che sviluppa, 
rispetto alla condizione femminile, una prospettiva globale in 
relazione al fenomeno della discriminazione”
18
. Non è inappropriato 
così individuare in tale accordo una sorta di “Codice internazionale 
dei diritti delle donne”
19
. Nel quadro internazionale che si sta 
esaminando, però, essa si segnala soprattutto per aver fatto luogo ad 
un’inversione di tendenza nella politica delle Nazioni Unite nei 
confronti del lavoro femminile, perché, se fino a questo momento gli 
strumenti adottati hanno garantito una tutela di impostazione 
negativa, fondata sulla proibizione della discriminazione, con la 
presente Convenzione gli Stati assumono un preciso obbligo di fare 
che in deroga alla parità formale, consenta il raggiungimento della 
parità nella sostanza.  
Ai sensi del suddetto accordo, è discriminazione  nei  confronti  della  
donna “ ogni distinzione esclusione o limitazione basata sul sesso, che 
abbia come conseguenza, o come scopo, di compromettere o 
distruggere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio da parte delle 
                                                                                                                                     
1952 ed entrata in vigore il 7 luglio 1954; questa va ricordata in quanto primo trattato 
internazionale specificamente rivolto al riconoscimento del diritto all’elettorato attivo e passivo 
alle donne su base di parità con gli uomini. 
17
 Commissione creata dal Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) nel 
1946  con il compito principale di elaborare rapporti e fornire raccomandazioni all’ECOSOC sulla 
promozione dei diritti delle donne in molti settori, nonché di sviluppare raccomandazioni su 
problemi riguardanti la donne. Ad essa si deve anche la stesura della Dichiarazione 
sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna adottata 
dall’Assemblea generale nel 1967. 
18
  P. DEGANI, Nazioni Unite e “genere”: il sistema di protezione internazionale dei diritti 
umani delle donne, 2001, pag 27, pubblicazione on line sul sito dell’Archivio Pace Diritti Umani 
www.cedapu.unipd.it (01.02.06). 
19
 P.GARGIULO op. cit. pag. 39. 
 7
donne, quale che sia il loro stato matrimoniale, dei diritti umani e 
delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, 
culturale e civile o in ogni altro campo, su base di parità tra l’uomo e 
la donna”( art. 1). 
Per quanto concerne il campo lavorativo gli Stati si impegnano a 
prendere ogni misura adeguata per eliminare la discriminazione della 
donna che qui ha sede e per assicurare su base paritaria gli stessi 
diritti, inoltre si impegnano anche sul fronte della prevenzione 
adottando, tra l’altro, misure idonee a proibire il licenziamento a 
causa di gravidanza. 
Nonostante l’adozione di tale politica attiva, però, l’obiettivo a livello 
internazionale rimane sempre il raggiungimento di un’uguaglianza tra 
uomo e donna intesa come trattamento identico, con la conseguente 
irrilevanza delle esigenze diversificate dell’uno e dell’altra. In realtà il 
concetto di uguaglianza va oltre l’identità di trattamento delle 
persone, così, trattare in modo uguale persone che hanno esigenze 
diverse significa perpetuare piuttosto che sradicare l’ingiustizia.
20
 Ma 
all’epoca della Convenzione  bisognava anzitutto gettare le basi per 
iniziare a modificare la situazione esistente. Bisognerà attendere gli 
anni 80-90 per avere una valorizzazione della differenza nella lotta 
alla discriminazione con l’emersione delle politiche di 
mainstreaming 
21
. Prima però di parlare di questo e di quelli che sono 
gli ultimi sviluppi in tema di tutela antidiscriminatoria internazionale 
si ritiene opportuno dedicare qualche osservazione all’attività svolta 
dall’O.I.L. a partire dalla sua fondazione. 
                                                 
20
 I diritti delle donne:una responsabilità di tutti, documento pubblicato su 
<http://www.dirittiumani.donne.aidos.it > 
( 31.03.06).  
21
 V. più avanti pag.10 nota n.29.