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canoni emersi a partire dalla nascita della disciplina estetica nell’era moderna - la quale,
congiungendosi alla fondazione cartesiana, ha dato un contributo decisivo all’affermazione di un
iper-soggettivismo che, presupponendo una contrapposizione soggetto/oggetto e quindi il dominio
su di una esteriorità/materialità inerte e piatta da parte del cogito che rappresenta, porterà poi a
quella che Heidegger ha chiamato l’«epoca dell’immagine del mondo» -, che si può attribuire una
nuova valenza ad un pensiero estetico che si ponga fruttuosamente all’incrocio con altri campi del
sapere. Contrastando la tendenza sempre più accentuata alla settorializzazione delle conoscenze e
mettendo insieme contributi provenienti da aree diverse al fine di intrecciarli - adottando una
attitudine propria di movimenti culturali come la geofilosofia -, prende vita, con l’emergere delle
compatibilità e dell’arricchimento reciproco, un nuovo e proficuo orizzonte di senso. E, nello spirito
del presente lavoro, questa attitudine di ricerca si applica all’elaborazione di una proposta
interpretativa in grado di tracciare un percorso concettuale che accompagni e stimoli una pratica
progettuale e architettonica volta a riscrivere le regole generatrici delle attuali aree suburbane e
periferiche, così estese, desolate, desolanti e anonime.
L’indagine filosofica su questi aspetti ha portato a denotare come i processi di pensiero che
hanno dato luogo all’era moderna si siano accompagnati ad un procedimento di «matematizzazione
della natura», che ha spogliato il mondo dei suoi valori sensoriali e della sua concreta sensibilità. La
condizione urbana odierna sottopone evidentemente all’uomo contemporaneo una serie di
problematiche che non possono essere ristrette nell’orizzonte di un dibattito meramente tecnico; in
questo senso si è richiamata l’attenzione sull’appello che alcuni autori hanno rivolto agli
“specialisti”, affinché questi ultimi - ibridando il punto di vista proprio della loro scienza e arte
edificatoria - si aprano ad una considerazione più ampia di quei problemi architettonici che
rimandano direttamente al futuro non solo delle città, ma dell’uomo tardo-moderno stesso.
La prospettiva - descritta, interpretata e commentata in questo scritto - non solo urbanistica,
ma anche sociale, geografica, politica ed estetica, che si sostanzia nella teoria del «progetto locale»
e nella proposta del «nuovo municipio», può essere una indicazione - senz’altro non l’unica - utile a
riassegnare il giusto valore ad alcune delle questioni epocali pericolosamente sottovalutate o
tralasciate dal Movimento Moderno e dalla modernità in generale, come la contestualizzazione dei
luoghi, che ha da essere sempre singolare e puntuale, e la cura di una rinnovata dimensione
comunitaria (emendata dei suoi tratti utopico-totalitaristici e organico-deterministici). La scuola
territorialista - che attua una revisione della pianificazione a partire da procedure e presupposti
meta-progettuali alternativi al disegno urbano prevalente - si pone quindi come ambito di interesse
non solo per la disciplina urbanistico-architettonica; la trattazione delle tematiche emergenti da
questo scenario strategico ha portato infatti ad arricchire l’analisi di nuovi spunti provenienti sia dal
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campo della sociologia urbana che della filosofia, arrivando a proporre uno sfondo interpretativo-
teorico di un discorso sulla città in grado di offrire un contributo adeguato all’approfondimento
degli argomenti provenienti dalle correnti culturali che sono fonte d’ispirazione e oggetto di studio
della presente tesi di laurea.
Ponendo l’attenzione in particolare su alcuni filoni di pensiero (la meditazione
heideggeriana, la geofilosofia, il post-strutturalismo, la riflessione post-metafisica di J.L. Nancy, la
critica della ragione economico-utilitaristica, la geografia culturale “postmoderna”, l’antropologia
della surmodernità di M. Augé, la sociologia urbana statunitense dagli anni Ottanta ad oggi) - parte
dei quali accomunati da un’origine situata nella potenza “visionaria” e “abissale” del pensiero
nietzschiano -, individuati per l’incisività con cui da una parte hanno descritto i fondamenti della
modernità tecno-scientifica e i procedimenti da questa messi in atto, e dall’altra hanno guardato al
problema dell’abitare dal punto di vista urbanistico, estetico, sociale e politico, ha portato a proporli
come chiave interpretativa di lettura e di riferimento. La convergenza di questi apporti dovrebbe,
nelle intenzioni di questo lavoro, comporre un orizzonte di senso per le teorie del progetto - esposte
in una breve rassegna che accosta e integra la proposta territorialista con il riferimento ad alcuni
altri autori del pensiero e della realizzazione architettonica contemporanea (come L. Krier e P.L.
Cervellati) - più avvertite nei confronti dell’elemento territoriale e rispettose dei luoghi singolari e
plurali della t/Terra. La valorizzazione - in quanto risorsa preziosa per la riflessione estetica - degli
spunti provenienti da materie di studio come la geografia, la sociologia urbana e la filosofia politica,
rispecchia in particolare la visione transdisciplinare propria dell’ottica del pensiero geofilosofico,
qui adottata per la sua ampiezza e profondità di sguardo, che può sostenere lo sforzo da una parte di
revisione e dall’altra di recupero di alcuni dei principi fondanti la dimensione urbana del vivere in
comune (così diversi da quelli con cui soprav-viviamo nel presente)
Il proposito quindi di incrociare indirizzi di pensiero diversi, anche eterogenei, tra di loro -
nella loro provenienza e destinazione teoretica -, che si congiungono però in una presa d’atto della
perdita di sapienza che contraddistingue l’uomo contemporaneo rispetto alla sua relazione
simbiotica, vitale e inscindibile con la t/Terra, muove dal bisogno di affrontare alcune questioni
epocali legate alla nostra condizione tardo-moderna. A fronte del paesaggio di megalopoli e
metropoli smisurate che estende i suoi tentacoli e la sua Rete su tutto il pianeta - è urgente
un’interrogazione di pensiero che, oltre a mostrare il degrado e l’impoverimento del senso e della
concretezza dell’esperienza urbana, riporti al centro l’attenzione per una dimensione di cura,
valorizzazione e rispetto dei luoghi che potrebbe contribuire al sorgere di un nuovo approccio etico
nei confronti del paesaggio (intendendo questo concetto in una accezione allargata - propria della
considerazione geofilosofica - che contiene tutti i suoi molteplici e significativi risvolti in campo
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estetico, culturale, sociale e ambientale). E questo potrebbe poi divenire quel nodo tematico
cruciale, situato all’incrocio di saperi e discipline diverse, che permetta di affrontare insieme - in
quanto strettamente correlati in questa nuova visione - argomenti a prima vista distanti come il
problema ecologico a livello locale e globale, il sorgere di un bisogno democratico e di
riconoscimento non più restringibile e trattenibile nelle strette maglie e procedure delle istituzioni
politiche basate sulla delega rappresentativa, e il senso per una bellezza attiva che vada al di là delle
barriere del gusto im-poste dal soggetto contemplante.
Si è ritenuto utile a questo fine avvicinare lo scenario articolato del “progetto locale” ad una
meditazione sul tema della comunità che, anziché la sua natura di “opera” da costruire e realizzare,
sottolinei il suo carattere - precedente ad ogni diritto o decisione razionale - di «essere-in-comune»,
proprio dell’«essere-al-mondo» heideggeriano come della co-esistenza dell’«essere plurale
singolare» di cui scrive J.L. Nancy. Essere all’altezza di questo pensiero della comunità vuol dire
rispettare quell’essere-in-relazione che ci rivolge inevitabilmente e sempre all’altro-da-noi stessi, e
quindi ad una differenza consustanziale all’evento del nostro «con-essere». Ridiscutere e
valorizzare in questo contesto alcuni concetti come “limite”, “misura” e “confine” - configurando
un pensiero “finito” che non prescinda e anzi assuma in pieno la dimensione di finitudine
dell’esistenza, restituendo dignità e autonomia alle cose e al dato sensibile, e che dal corpo
materiale del mondo tragga una prassi all’altezza del carattere eventuale del nostro «essere-gettati»
in un mondo in comune - può divenire inoltre la via che porti ad emendare il sottofondo teoretico
della proposta operativa del “nuovo municipio” da ogni riferimento ad una dimensione astratta e
ideal-tipica che, nel rimando ad una raffigurazione utopica, comporterebbe la ricaduta nel
medesimo errore proprio dei criteri alla base della pianificazione imperante, cioè l’uniformazione,
l’omologazione e il mancato rispetto della Differenza.
Se l’arroganza tipica dell’uomo faustiano ci spinge a pensare che il destino del pianeta
coincida con quello degli umani - mentre invece di sicuro, anche se non è dato sapere di quanto
tempo avrà bisogno per recuperare i danni che le arrechiamo, la t/Terra ristabilirà senz’altro un suo
equilibrio geologico e cosmico -, la riappropriazione di strumenti concettuali e operativi al
contempo nuovi e antichissimi si pone come un interrogativo di senso inderogabile. Non si intende
con questo riproporre alcun ritorno ad una ipotetica “età dell’oro”, ma non è possibile non notare
come l’epoca moderna (e quella postmoderna che, al di là dei proclami e delle intenzioni dichiarate,
si pone con essa in piena continuità sostanziale) metta in pericolo il legame materno con l’elemento
terrestre. Non è possibile ritornare al passato, né rivolgersi ad un futuro ipotetico ed utopico; quel
che invece va utilmente messo alla prova è un pensiero in grado di riattualizzare un’appropriatezza
capace di promuovere le potenzialità insite nella dimensione locale dell’abitare.