5
Analogamente a quanto previsto da Basilea II per le banche, Solvency II si 
articolerà su tre pilastri: requisiti quantitativi (I pilastro), requisiti qualitativi (II pilastro) 
e informativa al mercato (III pilastro). Una simile struttura, caratterizzata 
dall’interazione tra i vari pilastri, funge da ideale supporto alla valutazione della 
“solvibilità globale” delle imprese di assicurazione. 
Sicuramente l’introduzione di Solvency II genererà, da un lato, vantaggi e 
impatti positivi su tutte le parti in causa (contraenti, Autorità di vigilanza, settore 
assicurativo, ect…) e dall’altro problemi a breve termine quali, per esempio, eccessivi 
costi iniziali di attuazione. 
Quanto illustrato rappresenta, in sintesi, il contenuto del Capitolo Primo di 
questa tesi. Nel Capitolo Secondo, invece, si andrà ad esaminare, in maniera piuttosto 
dettagliata, il secondo pilastro di Solvency II costituito, da un lato, dalle norme che 
concernono la governance, il Risk Management e il controllo interno dell’impresa e, 
dall’altro, dalla disciplina dell’attività di vigilanza.  
Sotto il primo profilo, si evidenzierà come il nuovo regime di solvibilità darà 
maggiore enfasi alla qualità della gestione dei rischi e alla solidità dei controlli interni, 
nel quadro di un adeguato sistema di governance che comprenderà anche la funzione di 
audit interno, la funzione attuariale e l’esternalizzazione di attività.  
Del secondo profilo, invece, si illustreranno sia gli obiettivi ed i principi generali 
della vigilanza individuale, evidenziando soprattutto l’importanza del Capital add-on, 
ossia del potere riconosciuto alle Autorità di vigilanza di imporre alle imprese, in 
prefissate circostanze, una maggiorazione di capitale, sia le innovazioni che il nuovo 
regime introdurrà a livello di vigilanza sul gruppo assicurativo. 
Anticipando la Commissione Europea, l’Isvap ha provveduto a disciplinare 
alcuni degli aspetti contenuti in questo secondo pilastro; in particolare, ha dettato tutta 
una serie di disposizioni in materia di Risk Management e controllo interno, che ora 
leggiamo  nel Regolamento n. 20 del 26 Marzo 2008 che ricalca quanto già previsto al 
riguardo dalla Circolare n. 577/D del 30 Dicembre 2005.  
Del sistema di controllo interno nelle imprese di assicurazione sarà realizzata 
un’ampia argomentazione nel Capitolo Terzo, ove sarà illustrata la definizione che detto 
Regolamento fornisce di tale sistema evidenziando come, in vista dell’introduzione di 
Solvency II, uno dei suoi principali obiettivi sarà quello di assicurare un adeguato 
controllo dei rischi, divenendo parte integrante dei processi di Risk Management.  
 6
Questa definizione presenta delle similarità con quella elaborata dal CoSO nel 
Report del 1992. Pertanto, si esamineranno i contenuti generali del CoSO’s Internal 
Control Integrated Framework, per poi proseguire con un’ampia descrizione delle 
componenti principali del sistema di controllo nonché del ruolo in esso svolto dagli 
Organi sociali. L’efficacia e l’efficienza del controllo interno saranno sottoposte ad una 
valutazione da parte dell’attività di Internal Auditing che, integrata nella struttura 
organizzativa di impresa, svilupperà tutta una serie di collegamenti con i vari centri 
titolari di funzioni di controllo interno. 
Considerato, inoltre, che il sistema di controllo dovrà garantire controlli standard 
anche sulle attività esternalizzate, ivi compresa la funzione di Internal Auditing, il 
presente capitolo si concluderà con la disciplina dell’esternalizzazione delle attività 
dell’impresa introdotta, per la prima volta, nel nostro ordinamento dal citato 
Regolamento. 
Tuttavia, il tema centrale di questa tesi è l’Enterprise Risk Management delle 
imprese di assicurazione (ERM), ovvero il processo di identificazione, valutazione e 
gestione dei rischi secondo un’ottica globale ed integrata, cui sono dedicati i Capitoli 
Quarto e Quinto.  
Nel Capitolo Quarto, avvalendoci del contributo fornito dal CoSO’s Enterprise 
Risk Management-Integrated Framework del 2004, si svilupperà una riflessione di 
ampio respiro sul tema della gestione del rischio di impresa, approfondendo i 
presupposti concettuali che, nella generalità delle imprese, governano il processo di 
Enterprise Risk Management. In particolare, si evidenzierà come l’impresa, operando in 
un contesto di crescente incertezza, la quale può prospettare sia dei rischi che delle 
opportunità, si rivolge ad esso per ridurre la sua vulnerabilità in termini compatibili con 
il perseguimento del suo fine istituzionale, ovvero la creazione di valore.  
Un’ampia descrizione sarà fornita anche in merito alla dimensione strutturale del 
processo (ambiente interno, attività di controllo, sistemi di informazione e 
comunicazione e monitoraggio) nonché alle varie fasi di cui esso consta (definizione 
degli obiettivi, identificazione degli eventi, Risk Assessment e risposta al rischio). 
Nel Quinto Capitolo, invece, la prospettiva di analisi si sposterà verso il 
processo di ERM nelle imprese di assicurazione, in particolare, italiane. In questo 
specifico caso, si richiamerà quanto previsto in materia dal citato Regolamento ISVAP, 
ricordando però che l’istituzione di una funzione di Risk Management nelle suddette 
imprese, deve la sua obbligatorietà alla Circolare 577/D.  
 7
Muovendo dalla struttura della “mappa dei rischi”, ritenuti maggiormente 
significativi dalle imprese, vale a dire i rischi tecnico-attuariali, i rischi di mercato, i 
rischi di credito e di liquidità, i rischi derivanti dall’appartenenza ad un gruppo ed i 
rischi operativi, si svilupperà un’analisi sistematica della loro gestione, facendo anche 
accenno all’innovativa funzione di compliance che l’Isvap ha istituito e disciplinato con 
tale Regolamento. 
Particolare attenzione sarà prestata all’analisi comparativa effettata tra i rischi 
già identificati e misurati dalle imprese in applicazione della vigente Regolamentazione 
ISVAP e quelli risultanti dal Terzo Studio di Impatto Quantitativo (QIS 3) e 
rappresentati attraverso una “struttura ad albero dei rischi”, nell’ambito del progetto di 
Solvency II. 
Il presente capitolo si concluderà con una descrizione dell’articolazione del 
processo di Risk Management (definizione degli obiettivi operativi dell’attività di 
gestione dei rischi, identificazione dei rischi, identificazione degli strumenti e delle 
tecniche di gestione dei rischi, controllo dell’attività svolta nelle precedenti fasi e 
valutazione del grado di raggiungimento degli obiettivi) simile a quella prevista dal 
CoSO, e della sua dimensione organizzativa evidenziando, a questo proposito, 
l’importanza del ruolo svolto dal Chief Risk Officer, ossia dal responsabile di 
coordinamento del processo di Enterprise Risk Management. 
 8
CAPITOLO PRIMO 
 
 
DA “SOLVENCY I” A “SOLVENCY II”: UN NUOVO REGIME DI 
VIGILANZA PRUDENZIALE 
 
 
1. Evoluzione storica dei requisiti di solvibilità patrimoniale nell’Unione Europea: 
le prime norme in materia di solvibilità  
 
L’importanza sociale ed economica dell’assicurazione è tale che l’intervento 
delle Autorità pubbliche, sotto forma di vigilanza prudenziale, è generalmente accettato 
come necessario. 
Oltre ad offrire una protezione contro eventi futuri che possono comportare una 
perdita, gli assicuratori incanalano il risparmio delle famiglie verso i mercati finanziari e 
l’economia reale. 
L’intervento delle Autorità pubbliche si è concentrato sull’introduzione di 
misure atte a garantire la solvibilità delle imprese o a minimizzare le perdite causate 
dalla loro insolvenza. 
La normativa UE in materia di solvibilità delle imprese di assicurazione è stata 
delineata negli anni ’70 dalla prima generazione di direttive assicurative
(1)
 e ha assunto 
un’importanza maggiore con le direttive di terza generazione
(2) 
degli anni ’90 che hanno 
introdotto il sistema del “passaporto europeo” (autorizzazione unica) per gli 
assicuratori
(3)
, in virtù dei principi comunitari dell’home country control e del mutuo 
riconoscimento. 
                                                
(1) Direttiva 73/239/CEE recante coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed 
amministrative in materia di accesso e di esercizio dell’assicurazione diretta diversa dall’assicurazione 
sulla vita (cd “Prima direttiva danni”) e direttiva 79/267/CEE recante coordinamento delle disposizioni 
legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l’accesso all’attività dell’assicurazione  diretta 
sulla vita e il suo esercizio. 
Entrambe sono state recepite nel nostro ordinamento rispettivamente dalla legge n. 295 del 22/10/1978 e 
dalla legge n. 742 del 10/6/1986. 
(2) Direttiva 92/49/CEE (terza direttiva danni) e Direttiva 92/96/CEE (terza direttiva vita) recepite 
nell’ordinamento italiano rispettivamente dai D.Lgs. n. 174 e 175 del 17/3/1995. 
(3) Le terze direttive hanno introdotto il principio dell’autorizzazione unica in base al quale 
l’autorizzazione all’esercizio delle assicurazioni rilasciata dallo Stato membro, nel quale si trova la sede 
legale dell’impresa, è valida per l’intera Unione e consente all’impresa autorizzata di esercitare la propria 
attività sia in regime di stabilimento, sia in regime di libera prestazione di servizi. La vigilanza 
 9
Tali direttive, pur lasciando immutata la disciplina sul margine di solvibilità 
risalente alle prime direttive vita e non vita, imponevano alla Commissione Europea di 
procedere ad un’armonizzazione minima delle norme in materia.  
A ciò si è provveduto con le Direttive comunitarie n. 12 e 13 del 2002 
concernenti il margine di solvibilità delle imprese di assicurazione, rispettivamente, 
sulla vita e nei rami diversi dall’assicurazione sulla vita
(4)
, recepite nel nostro 
ordinamento con il D. Lgs. n. 307 del 3 Novembre 2003, al quale ha fatto seguito il 
Provvedimento ISVAP n. 2322 del 2004
(5)
, a sua volta modificato dal Provvedimento n. 
2415 del 2006 in materia di eliminazione del computo plurimo del capitale.  
Il 14 Marzo 2008, l’Isvap ha emanato un Regolamento
(6)
 concernente il margine 
di solvibilità delle imprese di assicurazione, che dà attuazione alle disposizioni in 
materia del Codice delle Assicurazioni (D.Lgs. n. 209 del 7 Settembre 2005), 
rafforzando i presidi di solvibilità delle imprese stesse. 
Con i suddetti riferimenti normativi si conclude la prima fase del processo di 
revisione delle garanzie finanziarie del settore, cd Solvency I, alla quale farà seguito una 
seconda fase (Solvency II) di riforma dell’attuale sistema di vigilanza. 
  
1.1 Solvency I: un primo passo verso un’ampia revisione della vigilanza 
prudenziale 
  
Il margine di solvibilità delle imprese di assicurazione, insieme 
all’accantonamento di adeguate riserve tecniche e di attivi congrui alla loro integrale 
copertura, costituisce uno dei principali strumenti di vigilanza prudenziale e può essere 
definito, ai sensi dell’articolo 12 del Regolamento ISVAP sopra richiamato, come il 
                                                                                                                                            
sull’attività dell’impresa, in entrambi i casi di cui sopra, compete esclusivamente allo Stato membro che 
ha rilasciato l’autorizzazione.  
(4) Le Direttive UE n. 12 e 13 del 2002 hanno parzialmente modificato la disciplina del margine di 
solvibilità contenuta nella terza generazione di direttive,  al fine di tenere conto delle risultanze emerse 
nel cd. Rapporto Muller. Cfr. S. PUCCI, Il bilancio di esercizio delle imprese di assicurazione in una 
prospettiva europea, Giappichelli,  Torino, 2001, pag. 242 e segg.. 
(5) Provvedimento Isvap n. 2322 del 6 Dicembre 2004 relativo alle condizioni per l’ammissibilità della 
passività subordinate tra gli elementi costitutivi del margine di solvibilità.  
(6) Regolamento Isvap n. 19 del 14 Marzo 2008 concernente il margine di solvibilità delle imprese di 
assicurazione di cui al Titolo III (Esercizio dell’attività assicurativa), Capo IV (Margine di solvibilità) e 
all’articolo 223 (Misure di intervento a tutela della solvibilità prospettica dell’impresa di assicurazione) 
del Decreto Legislativo 7 Settembre 2005 n. 209 (Codice delle Assicurazioni). 
 10
patrimonio dell’impresa, libero da qualsiasi impegno prevedibile e al netto degli 
elementi immateriali (cd margine di solvibilità disponibile)
(7)
. 
Le imprese di assicurazione, inoltre, devono disporre costantemente di un 
ammontare minimo di patrimonio netto (margine di solvibilità richiesto), determinato 
attraverso l’applicazione di coefficienti a poste rappresentative dei rischi da 
fronteggiare. Tali coefficienti sono fissi e rappresentano un parametro grossolano del 
rischio considerato che può cambiare in funzione delle mutevoli condizioni delle 
imprese e del contesto
(8)
. 
Il margine di solvibilità costituisce, quindi, una forma di garanzia supplementare 
richiesta alle imprese di assicurazione in aggiunta alle riserve tecniche, chiamate a 
garantire condizioni di solvibilità aziendale ovvero la capacità dell’impresa di far fronte 
agli impegni assunti, ed è destinato a fronteggiare il rischio generale della compagnia 
derivante dalle politiche di assunzione dei rischi assicurati
(9)
. 
Ai fini della copertura del margine disponibile, l’Isvap individua tre distinte 
categorie di attivi: 
a) elementi patrimoniali per i quali non sussistono limiti di utilizzo: 
1) il capitale sociale versato o, se si tratta di società di mutua assicurazione, il fondo di 
garanzia versato; 
2) le riserve legali e le riserve statutarie e facoltative, non destinate a copertura di 
specifici impegni o a rettifica di voci dell’attivo; 
3) gli utili dell’esercizio e degli esercizi precedenti portati a nuovo, al netto dei 
dividendi da pagare; 
4) le perdite dell’esercizio e degli esercizi precedenti portate a nuovo. 
b) elementi ammissibili con alcune restrizioni: 
1) le azioni preferenziali cumulative e i prestiti subordinati sino a concorrenza del 50 
per cento del margine di solvibilità disponibile o, se inferiore, del margine di 
solvibilità richiesto, di cui il 25 per cento al massimo comprendente prestiti 
                                                
(7) Nei rami danni, ai fini della determinazione del margine di solvibilità delle imprese di assicurazione, 
si detrae al patrimonio netto, oltre agli elementi immateriali, il 40 per cento delle provvigioni di 
acquisizione da ammortizzare e le altre spese di acquisizione.  
Sia nei rami danni che nei rami vita, dal margine disponibile viene dedotto anche il valore delle azioni 
proprie e di quelle della controllante risultante dall’ultimo bilancio nonché l’importo dell’utile distribuito 
o da distribuire ai soci. 
Cfr. l’art. 12 del Regolamento Isvap n. 19 del 2008. 
(8) S. PACI, Evoluzione della vigilanza assicurativa, in Supplemento a “Rivista Diritto ed economia delle 
assicurazioni”, n. 4, 2004, pag. 8. 
(9) M. VINCENZINI (a cura di), Manuale di gestione assicurativa. Intermediazione, finanza e 
produzione, II edizione, Cedam, Padova, 2003, pag. 322 
 11
subordinati a scadenza fissa o azioni preferenziali cumulative a durata determinata. 
Tali elementi sono computabili a margine disponibile solo se risultano soddisfatte 
determinate condizioni contrattuali
(10)
; 
2) i titoli a durata indeterminata e gli altri strumenti finanziari, comprese le azioni 
preferenziali cumulative diverse da quelle menzionate al punto precedente, nei limiti 
della metà del margine disponibile o, se inferiore, del margine di solvibilità richiesto 
per il totale di detti titoli, degli strumenti, delle azioni preferenziali cumulative e dei 
prestiti subordinati di cui s’è detto precedentemente
(11)
. 
c) elementi utilizzabili solo previa autorizzazione dell’Isvap
(12)
: 
- per il ramo vita: 
                                                
(10) I prestiti subordinati devono essere computati nei limiti delle somme effettivamente versate purchè 
sussistano accordi vincolanti in base ai quali, in caso di liquidazione ordinaria o coatta dell’impresa, 
hanno un grado inferiore rispetto ai crediti di tutti gli altri creditori e vengono rimborsati solo previo 
pagamento di tutti gli altri debiti in essere alla data di liquidazione. Tali prestiti possono essere inclusi nel 
margine di solvibilità disponibile qualora i documenti che ne regolano l’emissione: 
a) prevedano espressamente che eventuali modifiche siano valide solo previa autorizzazione dell’Isvap; 
b) non prevedano clausole in forza delle quali il prestito debba, in casi diversi dalla liquidazione 
dell’impresa, essere rimborsato prima della scadenza convenuta; 
c) per i prestiti a scadenza fissa, la durata minima non sia inferiore a 5 anni; 
d) per i prestiti per i quali non è stabilita una scadenza, è convenuto che essi potranno essere rimborsati 
solo mediante preavviso di 5 anni, salva la possibilità di rimborso anticipato su iniziativa dell’impresa e 
preventivamente autorizzato dall’Isvap. In tal caso l’impresa dovrà presentare all’Isvap una richiesta 
motivata, almeno 6 mesi prima della data di rimborso, accompagnata da idonea documentazione 
attestante l’assenza di pregiudizio al margine disponibile anche tenuto conto delle prevedibili esigenze del 
margine richiesto alla chiusura dell’esercizio nel corso del quale s’intende procedere al rimborso 
anticipato. L’ autorizzazione dell’Isvap può essere rilasciata anche per un importo inferiore a quello 
richiesto. 
La richiesta di rimborso anticipato comporta la riduzione della percentuale di utilizzo del prestito 
subordinato del cinquanta per cento al venticinque per cento del margine di solvibilità disponibile o, se 
inferiore, del margine di solvibilità richiesto. 
Per i prestiti a scadenza fissa, l’impresa è tenuta a sottoporre all’approvazione dell’Isvap, al più tardi un 
anno prima della scadenza del prestito, un piano che indichi le modalità ed i mezzi tramite i quali, alla 
scadenza, essa intende mantenere le condizioni di solvibilità, tenuto anche conto delle prevedibili 
esigenze del margine di solvibilità richiesto alla chiusura dell’esercizio nel corso del quale s’intende 
procedere all’estinzione del prestito. L’obbligo predetto non ricorre qualora l’impresa abbia ridotto 
gradualmente l’importo per il quale il prestito è stato computato ai fini del margine di solvibilità nel corso 
degli ultimi 5 anni precedenti alla scadenza del prestito stesso. Tali disposizioni non precludono 
comunque la possibilità di rimborso anticipato dei prestiti a scadenza fissa qualora l’impresa venga 
autorizzata dall’Isvap.  
Per le azioni preferenziali cumulative, è disposto che possono essere computate a margine disponibile 
solo se esistono accordi vincolanti in base ai quali, in caso di liquidazione ordinaria o coatta dell’impresa, 
hanno un grado inferiore rispetto ai crediti di tutti gli altri creditori e vengono rimborsate solo previo 
pagamento di tutti gli altri debiti in essere alla data di liquidazione. 
(11) I titoli a durata indeterminata e gli altri strumenti finanziari, anche con scadenza determinata, purchè 
non inferiore a dieci anni, comprese le azioni preferenziali cumulative, possono essere inclusi nel margine 
disponibile, limitatamente alle somme effettivamente versate,  solo se rispettate le condizioni di cui 
all’art. 45, comma 8, del Codice delle Assicurazioni (D.Lgs. n. 209/2005). 
(12) Su richiesta motivata dell’impresa, accompagnata da idonea documentazione, l’Isvap può 
autorizzare, qualora non sussista pregiudizio per la solvibilità dell’impresa, a comprendere in via 
transitoria nel margine di solvibilità disponibile, tali elementi.  
 12
1) sino al 31 Dicembre 2009, un importo pari al 50 per cento degli utili futuri 
dell’impresa, ma non superiore al 25 per cento del minore fra il margine di 
solvibilità disponibile e il margine richiesto. L’importo degli utili futuri si ottiene 
moltiplicando la media aritmetica degli utili realizzati nel corso degli ultimi cinque 
anni nelle attività dei rami I, II, III e IV di cui all’articolo 2, comma 1
(13)
, ed in 
quelle di cui all’articolo 2, comma 2
(14)
, del D. Lgs. n. 209/2005, per il fattore, non 
superiore a sei, rappresentativo della durata residua media dei contratti; 
2) la differenza tra l’importo della riserva matematica determinata in base ai premi puri 
risultante dal bilancio, diminuita dell’importo della stessa riserva relativa ai rischi 
ceduti, e l’importo della corrispondente differenza tra la riserva matematica relativa 
agli affari assunti e quelli ceduti, determinata in base ai premi puri maggiorati della 
rata di ammortamento delle spese di acquisizione contenute nei premi di tariffa
(15)
. 
Sia per il ramo vita che per il ramo danni, possono essere computati, con 
ineguali vincoli
(16)
, le plusvalenze latenti al netto delle minusvalenze derivanti dalla 
valutazione degli investimenti dell’impresa, purchè tali plusvalenze non abbiano 
carattere eccezionale, e la metà dell’aliquota non versata del capitale sociale o del fondo 
di garanzia sottoscritti. 
Particolarmente importante è la previsione dell’articolo 12, comma 6, del 
Regolamento che riproduce le disposizioni del Provvedimento ISVAP n. 2415/2006 
concernenti le rettifiche da effettuare sul margine disponibile per l’eliminazione del 
computo multiplo del capitale, nel caso di possesso di partecipazioni in enti creditizi e 
                                                
(13) Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del Codice delle Assicurazioni, la classificazione per ramo, nei 
rami vita, è la seguente: 
I. le assicurazioni sulla durata della vita umana; 
II. le assicurazioni di nuzialità e di natalità;  
III. le assicurazioni, di cui ai rami I e II, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al 
valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a 
indici o ad altri valori di riferimento; 
IV. l’assicurazione malattia e l’assicurazione contro il rischio di non autosufficienza che siano 
garantite mediante contratti di lunga durata, non rescindibili, per il rischio di invalidità grave 
dovuta a malattia o a infortunio o a longevità; 
(14) L’impresa che ha ottenuto l’autorizzazione all’esercizio delle assicurazioni di cui ai rami I, II o III 
del comma 1, ovvero quella di cui al ramo V del comma 1 se è stata autorizzata ad esercitare anche un 
altro ramo vita con assunzione di un rischio demografico, con i relativi contratti può garantire in via 
complementare i rischi di danni alla persona, comprese l'incapacità al lavoro professionale, la morte in 
seguito ad infortunio, l’invalidità a seguito di infortunio o di malattia. L’impresa che ha ottenuto 
l’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di cui al ramo VI del comma 1, in via complementare ai 
relativi contratti, può garantire prestazioni di invalidità e di premorienza secondo quanto previsto nella 
normativa sulle forme pensionistiche complementari (art. 2, comma 2, Codice delle Assicurazioni). 
(15) Questa differenza non può essere superiore al 3,5% della somma delle differenze tra i capitali “vita” 
e le riserve matematiche per tutti i contratti per i quali non sia cessato il pagamento dei premi. Essa è 
ridotta dell’eventuale importo iscritto nell’attivo per provvigioni di acquisizione da ammortizzare. 
(16) Cfr. l’art. 23, comma 1, lettere c) e d), del Regolamento Isvap n. 19/2008. 
 13
finanziari o imprese di investimento da parte di imprese di assicurazione che non sono 
soggette a vigilanza supplementare e che non sono state individuate quali capogruppo di 
un conglomerato finanziario. 
Per le imprese che, al contrario, si trovano in tali situazioni, l’eliminazione del 
computo plurimo viene effettuata sulla base delle disposizioni del Codice delle 
Assicurazioni in materia di verifica della solvibilità corretta dell’impresa di 
assicurazione appartenente ad un gruppo e del D. Lgs. n. 142 del 30 Maggio 2005, in 
materia di vigilanza sui conglomerati finanziari. 
Le principali novità che l’attuale regime, Solvency I, ha introdotto in materia di 
solvibilità possono essere così sintetizzate: 
9 il valore della quota di garanzia minima, rappresentata da un terzo del margine 
di solvibilità richiesto, è stato aumentato a tre milioni di euro sia per le 
imprese del ramo vita sia per quelle del ramo danni autorizzate all’esercizio 
dei rami da 10 a 15. Per tutti gli altri rami (da 1 a 9), la suddetta quota non può 
essere inferiore a due milioni di euro. Tali importi sono aumentati 
annualmente in base all’incremento dell’indice europeo dei prezzi al consumo. 
Più precisamente, gli importi sono adeguati automaticamente aumentando 
l’importo di base in euro dell’incremento percentuale dell’indice dall’ultima 
revisione (solo nel caso in cui la variazione percentuale dell’indice sia ameno 
pari al 5 per cento) ed arrotondandolo ad un multiplo di 100 mila euro. Il 
meccanismo dell’indicizzazione è stato istituito per evitare bruschi 
innalzamenti della quota di garanzia minima e per allinearla all’inflazione. 
9 il margine di solvibilità richiesto in rapporto all’ammontare annuo dei premi o 
contributi e all’onere medio dei sinistri è aumentato per taluni rami danni con 
profilo di rischio più volatile, vale a dire dei rami 11, 12 e 13 corrispondenti 
alle r.c. aeromobili, r.c. veicoli marittimi, lacustri e fluviali e r.c. generale, in 
misura pari al 50 per cento
(17)
. 
9 nei rami vita, è stato introdotto un margine di solvibilità specifico per le 
polizze unit-linked, pari al 25 per cento delle altre spese di amministrazione e 
delle provvigioni di incasso dell’ultimo esercizio qualora l’impresa non 
assuma rischi di investimento e il contratto determini l’ammontare delle spese 
di gestione per un periodo non superiore ai cinque anni. 
                                                
(17) Cfr. gli artt. 7 e 8 del Regolamento ISVAP n. 19/2008.  
 14
9 i poteri dell’Autorità di controllo (Isvap) sono stati significativamente 
rafforzati tanto da consentirle di richiedere o un piano di risanamento 
finanziario o la costituzione di un margine di solvibilità più elevato rispetto a 
quello risultante dall’ultimo bilancio approvato o la riduzione del valore 
assegnato a taluni elementi dell’attivo, anche se la compagnia rispetta la soglia 
regolamentare, qualora a suo giudizio la situazione di solvibilità dell’impresa è 
tale da mettere a rischio i diritti degli assicurati e, nei rami danni, anche dei 
terzi danneggiati.  
Nel caso di sensibili cambiamenti della politica riassicurativa o di accordi di 
riassicurazione che non prevedono alcun trasferimento del rischio o un 
trasferimento di scarsa importanza, l’Isvap può diminuire il coefficiente di 
riduzione previsto per il calcolo del margine richiesto.  
9 alle modalità di determinazione del margine richiesto nei rami danni sono state 
apportate modifiche non trascurabili, mentre invariato è rimasto il calcolo del 
margine di solvibilità per le assicurazioni sulla vita. 
 
1.2 Il margine di solvibilità per i rami danni 
 
Per i rami danni, il margine di solvibilità è pari al più elevato tra l’importo 
determinato in rapporto all’ammontare dei premi d’esercizio e quello determinato in 
rapporto all’onere medio dei sinistri relativi agli ultimi tre esercizi, o agli ultimi sette 
esercizi qualora l’impresa eserciti esclusivamente o prevalentemente l’assicurazione 
relativa ad uno o più dei rischi credito, tempesta, grandine e gelo (articolo 6 del 
Regolamento ISVAP n. 19/2008). 
Difatti, ove l’impresa adotti una politica di basse tariffe, ovvero il portafoglio 
assicurativo sia gravato da alti tassi di sinistrosità, il margine di solvibilità è calcolato in 
funzione dei sinistri; qualora, invece, la compagnia registri un elevato incremento nella 
raccolta dei premi, allora il margine è rapportato a quest’ultimi
(18)
. 
Le modifiche rispetto al calcolo del margine di solvibilità, concernono le soglie 
di passaggio tra l’aliquota di partenza e quella ridotta.  
                                                
(18) Cfr. A. CAPPIELLO (a cura di), Lineamenti normativi ed economico-tecnici delle imprese 
assicurative, Franco Angeli, Milano, 2003, pag. 166.  
 15
In particolare, se il margine è determinato in rapporto all’ammontare annuo dei 
premi o contributi, la soglia oltre la quale si passa dall’aliquota del 18 a quella del 16 
per cento è aumentata da 10 milioni a 53 milioni e 100 mila euro. 
In questo caso, il margine richiesto scaturisce dalla sommatoria del 18 per cento 
dei premi lordi contabilizzati nell’ultimo esercizio o dei contributi di competenza 
dell’ultimo esercizio fino al limite di 53 milioni e 100 mila euro, e del 16 per cento dei 
premi eccedenti detto limite. L’ammontare che ne risulta è moltiplicato per il 
coefficiente di conservazione (S’/S), anch’esso modificato dal quadro normativo 
vigente, dato dal rapporto esistente, per la somma degli ultimi tre esercizi, tra 
l’ammontare dei sinistri pagati ed a riserva che restano a carico dell’impresa dopo aver 
dedotto le quote di competenza dei riassicuratori e l’ammontare complessivo lordo dei 
sinistri stessi. Se tale rapporto risulta inferiore al 50 per cento, esso è preso in 
considerazione, ai fini del calcolo, nella misura del 50 per cento. 
Se, invece, il margine di solvibilità è determinato in rapporto all’onere medio dei 
sinistri, la soglia di passaggio dal 26 per cento al 23 per cento è portata da 7 a 37 milioni 
e 200 mila euro. 
Pertanto il margine richiesto è dato dalla somma del 26 per cento della media dei 
sinistri di competenza degli ultimi tre esercizi (senza detrazione della riassicurazione) 
fino al limite di 37 milioni e 200 mila euro e del 23 per cento dei sinistri al di sopra di 
detto limite
(19)
. La sommatoria è poi moltiplicata per il rapporto di conservazione. 
Gli importi dei premi e dei sinistri presi a base per il calcolo del margine di 
solvibilità sono aggiornati in funzione dell’indice europeo dei prezzi al consumo, 
seguendo il metodo illustrato precedentemente a proposito della quota minima di 
garanzia. 
                                                
(19) Più in particolare, l’art. 8 del Regolamento Isvap n. 19/2008 determina il margine di solvibilità in 
rapporto all’onere medio dei sinistri nel modo seguente: a) si cumulano, al lordo delle quote a carico dei 
riassicuratori, gli importi dei sinistri pagati per le assicurazioni dirette nel corso degli ultimi tre esercizi, si 
aggiunge l’importo dei sinistri pagati negli stessi esercizi per rischi accettati in riassicurazione al lordo 
delle quote a carico dei retrocessionari e si aggiunge l’ammontare delle riserve sinistri lorde costituite alla 
fine dell’ultimo esercizio, per le assicurazioni dirette e per i rischi accettati in riassicurazione; b) 
dall’importo così ottenuto si detrae l’ammontare dei recuperi effettuati durante gli ultimi tre esercizi e 
l’ammontare delle riserve sinistri lorde costituite all’inizio del secondo esercizio precedente l’ultimo 
esercizio considerato sia  per le assicurazioni dirette che per le accettazioni in riassicurazione. Se il 
periodo di riferimento dell’onere medio dei sinistri, ai sensi dell’art. 6, comma 2, è di sette esercizi, si 
deduce l’ammontare delle riserve sinistri lorde costituite all’inizio del sesto esercizio precedente l’ultimo 
esercizio considerato; d) la terza o la settima parte, a seconda del periodo di riferimento indicato dall’art. 
6, dell’ammontare ottenuto in base al comma 1 è ripartita in due quote, la prima a 37 milioni e 200 mila 
euro e la seconda comprendente l’eccedenza rispetto a detto ammontare. 
 16
Le percentuali da applicarsi per il calcolo del margine di solvibilità nelle 
assicurazioni contro i danni sono ridotte ad un terzo per l’assicurazione malattia gestita 
con criteri tecnici analoghi a quelli previsti per l’assicurazione sulla vita, quando: 
a) le tariffe dei premi siano formate sulla base di tavole di morbilità con criteri 
attuariali; 
b) sia prevista la costituzione di una riserva di senescenza; 
c) sia previsto l’obbligo del pagamento di un supplemento di premio destinato a 
costituire un adeguato margine di sicurezza; 
d) sia escluso il diritto per l’assicuratore di recedere dal contratto dopo il terzo 
anno di assicurazione; 
e) sia prevista in polizza la possibilità di aumentare il premio o di ridurre le 
prestazioni anche in corso di contratto. 
Quando l’assicurazione malattia è gestita dalla stessa impresa insieme ad altri 
rami di assicurazione, il margine di solvibilità si determina procedendo ad un calcolo 
separato per il ramo malattia e per il complesso degli altri rami e sommando i risultati 
così ottenuti. 
Innovativa è anche la disposizione dell’articolo 9 in virtù della quale se dal 
confronto con il margine di solvibilità richiesto dell’esercizio precedente, il margine 
dell’esercizio risulta inferiore, quest’ultimo dovrà essere pari almeno all’ammontare del 
margine di solvibilità dell’esercizio precedente moltiplicato per il rapporto tra l’importo 
delle riserve sinistri alla chiusura dell’esercizio, al netto della riassicurazione, e quello 
delle riserve sinistri (al netto della riassicurazione) alla chiusura dell’esercizio 
precedente. Tale rapporto non può essere superiore a uno. 
 
1.3 Il margine di solvibilità per i rami vita  
 
L’istituzione del margine di solvibilità nel ramo vita risente della specificità 
della natura dei rischi caratteristici e della durata degli impegni che l’assicuratore 
assume in tale ambito. 
L’attuale normativa in materia prevede che esso debba essere determinato ora in 
funzione delle riserve matematiche
(20)
 e dei capitali sotto rischio presi a carico 
                                                
(20) La riserva matematica è definita come la frazione del premio di competenza dell’esercizio rinviata al 
futuro per mantenere l’equivalenza finanziaria, che sussiste al momento della stipula del contratto, tra 
impegno attivo dell’azienda, identificabile nel valore attuale dei premi che l’azienda dovrà ancora 
 17
dell’impresa
(21)
, ora dei premi o contributi incassati, così da andare a coprire i rischi 
finanziario, di mortalità e di caricamento, tipici delle assicurazioni vita, nonché il 
rischio derivante dalle assicurazioni complementari. L’importo delle riserve 
matematiche e quello dei capitali sotto rischio, intesi quale differenza tra capitali 
assicurati in caso di morte e riserve matematiche, costituiscono la base di riferimento 
del margine di solvibilità legato rispettivamente al rischio finanziario e al rischio di 
mortalità. 
Per le assicurazioni sulla durata della vita umana e per le assicurazioni di natalità 
e nuzialità (rami I e II), nelle quali coesistono i rischi sopra citati, il margine di 
solvibilità è pari alla somma del 4 per cento delle riserve matematiche e dello 0,3 per 
cento dei capitali sotto rischio positivi
(22)
. 
Tale margine si riduce in funzione della quota di riserve o di capitali sotto 
rischio ceduti in riassicurazione e la riduzione, che viene calcolata in funzione del 
rapporto esistente nell’ultimo esercizio tra le riserve matematiche (capitali sotto rischio) 
al netto delle cessioni in riassicurazione e riserve matematiche (capitali sotto rischio) 
lorde, non può eccedere l’85 per cento per la parte relativa alle riserve, e il 50 per cento 
per la parte relativa ai capitali sotto rischio. 
Per le assicurazioni malattia e per le operazioni di capitalizzazione (rami IV e V) 
che non prevedono l’assunzione di rischi demografici, il margine richiesto deve essere 
pari alla somma dei seguenti risultati: 
1) l’importo pari al 4 per cento delle riserve matematiche, ridotto in funzione 
della riassicurazione e con un limite di conservazione dell’85 per cento; 
2) il margine di solvibilità calcolato a norma degli artt. 7, 8, 9 e 10 del 
Regolamento ISVAP
(23)
.  
Per le assicurazioni sulla vita le cui principali prestazioni sono direttamente 
collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di 
fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento e per le operazioni di 
gestione dei Fondi pensione, il margine di solvibilità ammonta al 4 per cento 
                                                                                                                                            
riscuotere sino alla scadenza del contratto, e impegno passivo, che consiste nel valore attuale delle somme 
che l’impresa dovrà corrispondere all’assicurato, alla scadenza del contratto. 
(21) La normativa esclude esplicitamente i casi in cui il capitale sotto rischio è negativo. 
(22) Il fattore relativo al rischio demografico è differenziato per le assicurazioni temporanee caso morte in 
funzione della durata: per quelle con durata massima di tre anni il fattore è ridotto allo 0,1 per cento, per 
quelle con durata superiore a tre anni, ma inferiore o pari a cinque anni, è apri allo 0,15 per cento.  
(23) La condizione di cui all’art. 10, concernente la costituzione di una riserva di senescenza, può essere 
sostituita dalla condizione che si tratti di un’assicurazione di gruppo.  
 18
dell’importo delle riserve matematiche, se esiste il rischio di investimento, e allo 0,3 per 
cento dei capitali sotto rischio, in caso di rischio di mortalità. 
Nel caso in cui l’impresa non assume rischi di investimento e il contratto 
determina l’ammontare delle spese di gestione per un periodo superiore a 5 anni, il 
margine di solvibilità richiesto è pari all’1 per cento delle riserve tecniche. 
Se, invece, pur non sussistendo il rischio di investimento, il contratto determina, 
contrariamente al caso precedente, spese di gestione per un periodo non superiore ai 5 
anni, il margine di solvibilità ammonta al 25 per cento delle spese di amministrazione 
nette dell’ultimo esercizio. 
Infine, per le assicurazioni complementari, il margine di solvibilità è determinato 
in modo analogo alle assicurazioni contro i danni. 
Ne deriva che il margine di solvibilità richiesto complessivo scaturisce dalla 
sommatoria delle tre componenti indicate con M1 (quota di margine destinata alla 
copertura del rischio finanziario), M2 (quota di margine destinata alla copertura del 
rischio di mortalità) e M3 (quota di margine destinata alla copertura del rischio relativo 
alle assicurazioni complementari) secondo la seguente formula: 
 
MS = M1+M2+M3 = 0,04*RM*µ1+0,003*(S-V)*µ2+bP*µ3 
 
dove: 
RM è l’ammontare delle riserve matematiche al lordo di eventuali quote cedute 
in riassicurazione; 
(S-V) è l’ammonatare dei capitali sotto rischio relativi ai contratti  in cui gli 
stessi sono positivi; 
P è il cumulo dei premi o contributi per le assicurazioni complementari al netto 
dei premi annullati, imposte e tasse; 
µ1, µ2, µ3 rappresentano i coefficienti di riduzione per effetto della 
riassicurazione; 
µ1 = max (0,85; RMn/RM) dove RMn è l’ammonatare delle riserve matematiche 
al netto delle cessioni in riassicurazione 
µ2 = max (0,50; (S-V)n/(S-V)) dove (S-V)n è l’importo dei capitali sotto rischio 
che rimangono a carico dell’impresa dopo aver detratto le cessioni in riassicurazione 
µ3 = max (0,50; S’/S) dove S’/S è il coefficiente di conservazione.