VIII
 
sensoriale, da considerarsi come variabile-stimolo che il retailer ha a 
disposizione  non solo per influenzare la risposta emozionale relativa al 
punto vendita e la soddisfazione ad esso correlata, ma anche i 
comportamenti all’interno dello stesso, i livelli di spesa, il tempo speso in-
store, la volontà di ritornare e soprattutto gli acquisti di impulso. 
Il retailer deve quindi saper gestire in modo consapevole e coerente la 
musica, gli odori, i colori, i livelli di luce, e tutti gli elementi ambientali da 
manipolare per indurre emozioni e per fare in modo che il cliente sia 
soddisfatto, ritorni e acquisti di più senza pensarci troppo (acquisto 
impulsivo). E’ inoltre utile sottolineare che, al fine di massimizzare gli 
effetti dei differenti stimoli presenti nello store environment, è necessario 
che essi siano tra loro congruenti, in quanto, secondo i ben noti postulati 
della teoria degli psicologi della Gestalt, la percezione è un processo 
olistico, per cui i differenti imput sensoriali sono da considerarsi come una 
totalità, superiore della somma dei singoli componenti.  
Dopo aver privilegiato a lungo il colore, il suono e il gusto, gli studiosi 
prestano oggi più attenzione all’olfatto, considerandolo il nuovo senso 
guida capace di emozionare e attivare moti profondi dell’animo del 
consumatore. L’olfatto  tenue, etereo, impalpabile, distante da una società 
fatta di parole e di immagini è stato per lungo tempo lasciato in disparte a 
favore degli altri sensi  che si impongono  all’attenzione perché corporei, 
tangibili e misurabili. 
Questa riscoperta dell’olfatto è dovuta al fatto che in ogni contesto l’odore 
trasmette il vissuto di un oggetto, ne veicola l’identità profonda, svela ciò 
che la vista, il tatto e l’udito spesso non possono avvertire; colpisce 
direttamente l’animo, ha qualcosa di primitivo ed emozionale che la 
razionalità non può domare e rimanda in un istante a sensazioni già provate 
e a situazioni già vissute. 
IX
 
Tutto ciò non è sorprendente, poiché fisiologicamente il sistema olfattivo è 
collegato a quello limbico, ovvero al centro della nostra vita emozionale e 
umorale, a differenza dei sistemi sensoriali acustico e visivo, più 
largamente cognitivi. Per queste sue caratteristiche rievocative e 
emozionali, l’olfatto sembra, pertanto, possedere interessanti potenzialità di 
applicazione nell’area marketing. 
L’analisi riguarderà non tanto quei prodotti per i quali la funzione 
profumante è essenziale (ad esempio, profumi, deodoranti, detersivi per 
l’igiene della casa) ma soprattutto, quei beni e servizi che generalmente 
trascurano tale dimensione ritenendola estranea alla loro offerta. Si 
concentrerà l’attenzione sul profumo come mezzo di comunicazione da 
utilizzare quale nuova leva di marketing capace di spingere il consumatore 
all’acquisto, lavorando su un canale di comunicazione non saturato da 
messaggi ridondanti . 
Saranno analizzate le numerose potenzialità degli odori capaci di veicolare 
valori di marca, come nel caso di loghi olfattivi, di creare atmosfere 
coinvolgenti nei punti vendita  o di modificare la percezione di un luogo e 
dell’ attività che vi si svolge, al pari di un arredo, di una scenografia 
cromatica o di una colonna sonora. 
Verrà poi dedicata un’ approfondita analisi dell’aspetto relativo alla 
diffusione delle essenze nei punti vendita (il Fila store e il punto vendita 
Stefanel di Milano), considerando implicate in questo ambito anche tutte le 
altre attività pubbliche (la Banca multisensoriale di Vicenza) e culturali (la 
mostra di Nuvolari a Mantova e quella sui “Simboli e misteri del prezioso 
Tibet” a Vicenza) che utilizzano il marketing olfattivo all’interno dei propri 
spazi di contatto con il pubblico. 
Saranno esaminati, in ultima istanza, i problemi e i limiti posti dall’utilizzo 
del marketing olfattivo. Tra questi saranno oggetto di indagine sia gli 
aspetti di tipo fisiologico, come la sensibilità verso le profumazioni e la 
X 
naturale assuefazione agli odori, sia quelli di carattere individuale, legati 
alla soggettività delle esperienze fatte da ogni individuo e ad altri fattori 
come l’età, il genere e la cultura d’appartenenza. 
Per concludere sono stati descritti i problemi di tipo  etico che possono 
nascere nel caso in cui il profumo venga utilizzato come strumento di 
manipolazione subliminale, problematiche che possono sorgere allorquando 
la  strategia di marketing sensoriale  non sia implementata sulla  base di una  
pianificazione fatta con la collaborazione di esperti e senza  il controllo 
degli effetti e delle preferenze sui consumatori e sul personale di vendita. 
 
 
 
 
 
  
 
 
 
 
 
 
1 
CAPITOLO I 
 
I FONDAMENTI TEORICI 
 
 
1.1. Il processo di comunicazione del marketing estetico  
 
Scopo di questo primo capitolo è quello di fornire una panoramica delle 
attuali tendenze del mercato, in modo da mettere in evidenza le modalità 
con cui il marketing e i suoi studiosi reagiscano e si adoperino per 
contrastare i repentini cambiamenti che investono l'identità del mercato e 
dei consumatori. 
In questa sede si intende parlare di alcuni aspetti della comunicazione ai 
quali le più  innovative branche del marketing prestano oggi molta più 
attenzione che in passato. Il panorama attuale diventa sempre più 
complesso e il marketing si deve inevitabilmente adattare; è così che spesso 
capita di vedere il termine marketing affiancato da aggettivi come estetico, 
esperienziale, oppure visivo, olfattivo, polisensoriale ecc. per scendere più 
in dettaglio. E' quasi come se questi aggettivi volessero dire che il 
marketing “vecchia maniera” non è più sufficiente. Il marketing estetico e il 
marketing esperienziale non sono più avanguardie per differenziarsi, ma si 
stanno trasformando sempre più in strumenti necessari alle imprese per 
sopravvivere. 
“Il marketing estetico tratta gli elementi in modo che le singole parti siano 
fruttuosamente mescolate e interrelate con tutte le altre, e in modo che in 
ogni singola parte si rispecchi il risultato finale. Tale risultato possiede una 
forza e una resistenza superiore alla semplice somma delle parti. Ecco 
perché, in comunicazione, sbagliare anche un solo aspetto significa 
indebolire moltissimo l'insieme mentre se ogni elemento è corretto, si ha 
2 
come risultato una comunicazione dotata di maggiore impatto, in grado di 
suscitare interesse, di fornire informazione e possibilità di identificazione. 
A tali fenomeni può seguire un maggiore livello di comprensione, una più 
alta credibilità, frutto di una forte coerenza, e una convinzione superiore.”
3
 
La definizione di marketing estetico appare oggi fuorviante, in quanto nel 
corso dei secoli il termine estetica è diventato sinonimo di studio e 
comprensione del fenomeno del bello. Per dare una definizione corretta di 
marketing estetico bisogna invece ritornare alla radice etimologica del 
termine. L'estetica è una disciplina antica e precisa che nasce occupandosi 
della “teoria della conoscenza sensibile”, e cioè della capacità da parte dei  
cinque sensi di apprendere e di conoscere .
4
 
“Abbinare il marketing all'estetica significa portare la sensibilità e 
l'attenzione del marketing a prendere in considerazione ogni singolo 
elemento percettivo”.
5
  
Sono proprio gli elementi percettivi a dare forma e sostanza all'esperienza 
di consumo, che si sta sempre più “sensibilizzando”. La “sensibilizzazione” 
è una caratteristica emergente dello studio dell'identità delle marche, le 
quali possono essere guardate, sentite, annusate, ascoltate, ecc. 
Nel panorama attuale, utilizzando coerentemente i canali complementari 
della comunicazione, cioè quelli non verbali (sintetici e sinestetici), si può 
ottenere un vero e proprio vantaggio competitivo. 
Il marketing estetico si esplicita in tutto quello che può passare sotto i 
cinque sensi, e consiste nella focalizzazione sull'estetica, intesa nel senso di 
comprensione attraverso i cinque sensi. Si tratta di un tipo di comprensione 
che non conduce al concetto ma all'esperienza. 
                                          
3
  M. Ferraresi, Pubblicità e comunicazione, Roma, Carocci editore, 2002, pp. 179-180. 
4
 Fu Kant a riprendere l'accezione etimologica del termine dando il titolo di Estetica trascendentale 
alla prima parte della Critica della ragion pura. 
5
  B. H. Schmitt, A. Simonson, Marketing Aesthetics. The Strategic Management of Brands Identity, 
and Image, New York, The Free Press, 1997 
  
3 
“L'estetica è in grado di produrre nuove opportunità e, come conseguenza 
della maggiore attenzione che il marketing manifesta verso agli aspetti 
estetici, produce in noi una più approfondita esperienza del consumo. 
Questo è il passaggio dall'estetica all'esperienza. In altri termini, costruire 
una situazione di consumo che risponda ai dettami del marketing  estetico 
significa far sì che il consumatore si avvii verso un consumo 
esperienziale”.
6
 Scopo del marketing esperienziale è quello di confondere i 
confini tra denotazione e connotazione: la situazione esperienziale del 
consumo si deve confondere con ciò che viene consumato, e quindi con 
l'aspetto denotativo e concreto della situazione di consumo. La sfida del 
futuro per le aziende è quella di costruire esperienze memorabili, e quindi 
diventa necessario aumentare il livello di marketing estetico nell'atto di 
acquisto/consumo. La comunicazione diventa sensibile, e non coinvolge 
solo gli esseri umani, ma anche le cose, i beni, i servizi, i packaging e le 
marche. 
 
1.2. Il nuovo consumatore 
 
In un nuovo contesto di mercato , sempre più dinamico e globale, la figura 
del consumatore, immersa nel grande flusso del mutamento sociale, 
tecnologico e economico, è in continua evoluzione. 
Da un mercato “product oriented” in cui dominavano i produttori e 
distributori, siamo passati ad una logica fortemente “customer oriented” in 
cui il consumatore finale ha raggiunto finalmente il ruolo di attore 
principale dell’atto di consumo. 
                                          
6
 M. Ferraresi, Pubblicità e comunicazione, Roma, Carocci editore, 2002, p. 185 
4 
Esauritasi la fase di crescita esponenziale dei mercati, il rapporto tra 
impresa e consumatore si sta convertendo sempre più in un dialogo 
costruttivo, orientato prevalentemente ai desideri del cliente. 
Gli obiettivi sono puntati, dunque, sul consumatore, ma su un consumatore 
che ha cambiato pelle, gusti e modo di consumo. 
Un consumatore “nuovo”, come lo definisce Fabris, più informato, più 
esigente, un individuo che sa cosa vuole e sa dove trovarlo. 
Naturalmente il mutamento della società ha influito in maniera 
determinante sulla formazione di questo uomo-consumatore
7
, che si 
allontana, ormai dalle semplici esigenze di sopravvivenza per andare a 
soddisfare le crescenti necessità di sviluppo della propria personalità. 
Il consumatore sembra risvegliarsi da un letargo, riscopre i sensi, tutti, la 
sua fisicità, il suo individualismo e il piacere del gioco unito all’atto di 
consumo. Si sta assistendo alla nascita dell’homo aesteticus
8
 che inventa 
nuove forme di socialità coerenti con l’epicureismo quotidiano, animato 
dalle emozioni, proteso a “epifanizzare” il reale, a indulgere in quei tanti 
piaceri il cui loro sommarsi somiglia a qualcosa che potrebbe anche 
chiamarsi felicità. 
I bisogni, come induttori e antecedenti al consumo, vanno cedendo 
rapidamente il passo ai desideri, spesso agli stati d’animo che, rispetto ai 
bisogni sono meno prevedibili, più duttili, più facilmente fungibili. Nella 
società attuale i bisogni sono ormai ampiamente saturati ed i desideri si 
ravvisano alla base di gran parte delle scelte di consumo. Se il consumo 
parla anche al cuore, nella sua accezione letteraria non di muscolo ma di 
centro della vita affettiva, contemporaneamente  investe ed è valutato dalla 
globalità dei sensi. 
                                          
7
 Katona,G., L’uomo consumatore, Milano, Etas-Kompass, 1964 
8
 Maffesoli,M., “Le paradigme estetique”, «Sociologia et Sociètès», vol 17, 1985 
5 
Il consumatore diventa così “sensation seekers” e si rapporta ai beni di 
mercato in termini polisensuali. 
E’ in questa logica che nasce il marketing esperienziale, un approccio molto 
più complesso rispetto a quello classico, in cui l’impresa non si concentra 
più sui soli attributi fisici del prodotto e sul loro valore d’ uso, divenuto 
soltanto un prerequisito, ma sull’ esperienza multisensoriale che essi sono 
in grado di fare  vivere al consumatore. 
In questo contesto, i luoghi di consumo assumono un’importanza 
determinante nella soddisfazione dei desideri e nella creazione 
dell’esperienza d’ acquisto, diventando veri e propri media di 
comunicazione e luoghi di incontro in cui il consumatore vuole essere 
riconosciuto, intrattenuto, coccolato. 
 
1.3. Il  protagonismo delle emozioni 
 
Mentre gli economisti hanno sempre parlato del consumo in termini di 
razionalità tutti gli studi più recenti  parlano della continua interferenza, se 
non del primato, delle emozioni nelle scelte di consumo. Del resto la 
sottovalutazione delle emozioni, della componente affettiva nelle scelte del 
consumatore è sempre stata una costante di tutto il pensiero occidentale e 
non sono valsi i contributi recenti della psicologia a riscattare quest’area. 
Le emozioni, in una cultura fortemente misogina, erano considerate 
femminili e quindi qualcosa di cui diffidare in quanto segni di debolezza e 
di psicolabilità. Il superamento delle differenze fra i sessi ha portato a una 
maggiore accettazione sociale delle emozioni che si traduce nell’ uomo-
consumatore in una crescente consapevolezza delle stesse come parti in 
causa nelle sue scelte di consumo. 
6 
Le emozioni rappresentano una alterazione dell’ affettività e la rapidità e 
l’imprevedibilità  con cui nascono e si trasmettono sono appunto una 
specifica caratteristica delle stesse. Gran parte della problematica degli 
acquisti di impulso è strettamente legata all’irrompere delle emozioni che 
possono essere di natura estremamente diversificata ed andare dal piacere, 
alla gioia, alla commozione, al dolore, all’angoscia, all’odio. 
Esistono delle scale (ad es. il DES Differential Emotions Scale o il PAD 
Pleasure Arousal Dominance) che consentono di rilevare natura e intensità 
delle emozioni ad esempio entrando in un punto vendita.
9
 
E’ tautologico affermare  che saranno le emozioni a coloritura positiva a 
stimolare il consumo mentre l’insorgere di emozioni negative può 
rappresentare qualcosa di più di una semplice resistenza al consumo. 
Le relazioni fra emozioni e corpo sono continue: vengono veicolate dai 
sensi e su questi possono generare una forte influenza; il batticuore, 
susseguente un’emozione forte, così la sudorazione, il pianto, il riso sono 
reazioni fisiologiche a moti profondi dell’animo. Le emozioni si 
differenziano dai sentimenti in quanto questi ultimi hanno un carattere più 
intenso e persistente nel tempo. La vista di un prodotto può suscitarne 
un’intensa emozione e poi scomparire, ma il sentimento che può instaurarsi, 
anche, ma non necessariamente, in funzione di quell’ emozione, è assai più 
duraturo nel tempo. Le passioni, a loro volta, si distinguono dai sentimenti 
per la forza e la potenza con cui si manifestano. Comunque emozioni, 
desideri e passioni fanno riferimento all’ emisfero destro del cervello e si 
contrappongono al lucido raziocino del consumatore che il pensiero 
economico ha descritto; anche se in realtà emozione e ragione interagiscono 
costantemente in tutte le decisioni umane. 
                                          
9
 Rihins,L.M., “Measuring Emotions in the Consumption Experience”, «Journal of Consumer 
Research», vol. XXIV, september, 1997. 
7 
Il rilievo delle emozioni non è soltanto nominalistico; infatti, in questo 
periodo storico, le marche così come i punti vendita devono essere in grado 
di suscitare esperienze altamente emotive, per diventare competitive a 
livello mondiale. Per ottenere una risposta forte e chiara dal consumatore, 
la marca e il suo “palcoscenico” devono poter creare delle vibrazioni, un 
mood positivo, adottare un linguaggio che parli alla globalità dei sensi. 
 
 
1.4.  Il marketing esperienziale 
 
Una conseguenza dell’esplosione della sensorialità ma anche l’interesse per 
l’evasione, la richiesta di intrattenimento e di una dimensione ludica, ha 
generato un’insistente richiesta di ampliamento, di enfatizzazione, del 
consumo all’area di esperienze globali. Un tempo era sufficiente fabbricare 
buoni prodotti. Poi per rispondere alle richieste di un consumatore più 
esigente, si è reso necessario dilatare le performances dei beni, inglobando 
una quantità crescente di servizio. Nella società attuale anche il surplus di 
servizio non appare più sufficiente per soddisfare compiutamente le nuove 
attese del consumatore edonista e rendersi competitivi a livello globale. Si 
sta entrando, con l’avvio del nuovo Milennio, in una fase ulteriore di 
richieste al mondo della produzione, che vede affiancarsi ai servizi 
l’aspettativa di un’esperienza più globale, che coinvolga i sensi, il cuore e 
la mente e in cui il prodotto acquistato rappresenta solo un tassello. 
In questo scenario è nato e si sta sviluppando il marketing esperienziale
10
, 
segno indiscusso del definitivo disancorarsi da una visione semplicistica e 
riduttiva del marketing, quella che Schmitt e Simonson definiscono come 
                                          
10
 Schmitt, B.H., Experential Marketing: How to Get Customers to sense, Feel, Think, Act and Relate 
to your Company and Brand, New York, The Free Press, 1999. 
8 
F&B marketing (Features and Benefit Marketing), miopemente ancorata 
alla fisicità della merce. 
Oggi  il consumatore desidera prodotti, comunicazioni e strategie di 
marketing che abbaglino i sensi, tocchino i cuori, stimolino la mente, 
permettano relazioni da incorporare ai propri stili di vita. In poche parole 
desidera tutto ciò che gli procuri un’esperienza. 
Pine e Gilmore sostengono che l’economia sta entrando in una quarta 
grande era: quella della produzione delle esperienze. 
“La nuova offerta, quella delle esperienze, si verifica ogni qualvolta 
un'impresa utilizzi intenzionalmente i servizi come palcoscenico e i beni 
come supporto per coinvolgere un individuo. Se le merci sono fungibili, i 
beni tangibili e i servizi intangibili, le esperienze sono memorabili”.
11
 
Gli acquirenti di esperienze attribuiscono valore al fatto di essere coinvolti 
in qualcosa che l'impresa svela loro nel tempo. Così come i consumatori 
hanno ridotto le spese per i beni a favore di quelle per i servizi, ora 
risparmiano tempo e denaro che dedicano ai servizi a favore di esperienze 
memorabili considerate di maggior valore. 
L'impresa, che Pine e Gilmore chiamano il “regista di esperienze”, non 
offre più soltanto beni e servizi, ma l'esperienza che ne deriva, ricca di 
sensazioni. Le vecchie proposte economiche restavano distanti, all'esterno 
dell'acquirente, mentre le esperienze sono personali,  hanno luogo 
all'interno dell'individuo che è coinvolto a livello emotivo, fisico, 
intellettuale o anche spirituale. Ne deriva che due persone non potranno mai 
avere la stessa esperienza, perché ciascuna esperienza deriva 
dall'interazione fra l'evento inscenato e la precedente condizione mentale ed 
esistenziale dell'individuo. 
                                          
11
 Pine B.J, Gilmore J.H, Oltre il servizio. L'economia delle esperienze, Milano, ETAS 2000. 
9 
L’esperienza può coinvolgere diverse aree esistenziali: l’intrattenimento, 
l’educazione, l’evasione, l’esperienza estetica e certifica il passaggio dall’ 
homo oeconomicus, proteso a massimizzare l’utilità, all’homo ludens
12
, 
orientato al gioco, desideroso di divertimento, emozioni e stimolazioni 
sensoriali forti. 
 
1.4.1. Esperienziare l'offerta 
 
Dopo aver compreso il maggior valore insito nelle esperienze, non c'è da 
stupirsi se, per differenziare le loro offerte, tante aziende colleghino 
esperienze ai loro beni e servizi già esistenti. 
Chiaramente i fornitori di servizi sono avvantaggiati a questo riguardo, in 
quanto non sono legati a proposte tangibili; essi possono valorizzare 
l'ambiente in cui i clienti acquistano o ricevono il servizio, intensificare le 
sensazioni invitanti provate in quell'ambiente controllato dall'impresa e 
anche capire il modo migliore per coinvolgere i clienti e trasformare il 
servizio in un evento memorabile. 
Per i produttori dell'industria manifatturiera questo risulta più difficile. 
Tuttavia, anche essi dovrebbero lanciarsi nel business dell'esperienza anche 
se potrebbe sembrare una  forzatura e soprattutto, dovrebbero concentrarsi 
sull'esperienza che i clienti vivono usando i loro prodotti. La maggior parte 
dei progettisti di prodotti si concentra principalmente sui meccanismi 
interni del bene stesso e sulla performance che esso fornisce. L'attenzione 
dei progettisti si dovrebbe focalizzare sull'utente e sull'uso che egli fa del 
bene: i progettisti dovrebbero quindi concentrarsi sulle performance 
dell'individuo che usa il prodotto. 
                                          
12
 Huizinga,J., Homo ludens, Einaudi, Torino, 1946 
10
 
I produttori devono progettare le loro creazioni esplicitamente per 
intensificare l'esperienza dell'utente; essi devono “esperienzializzare” i 
beni, anche quando le attività per le quali i clienti ricercano quei beni non 
sono avventurose. Infatti i beni che vengono acquistati per attività che 
possono essere definite “avventurose”, come la guida o lo sport, vengono 
da tempo esperienzializzati; ma ogni bene, indipendentemente dall'attività 
in cui viene impiegato, include più aspetti esperienziali, che possono aprire 
aree di differenziazione. “I produttori di vestiario, per esempio, potrebbero 
concentrarsi sull'esperienza dell'indossare, l'esperienza del pulire, e magari 
anche l'esperienza dell'appendere o dell' incassettare”.
13
 
Ci sono diverse modalità per costruire un’esperienza memorabile attorno a 
un bene:  
 ξ  La tecnologia informatica, per esempio, è solo uno dei tanti mezzi 
per dare al bene la forma dell'esperienza. Non è una novità che 
spesso la tecnologia aumenti il grado d'intensità della partecipazione 
nell'utilizzatore di un bene. 
 ξ  Incorporare le merci in una marca esperienziale. E' importante 
“creare un'immagine di marca che ponga l'accento sull'esperienza 
che i clienti possono vivere, perché questa è inclusa nell'acquisto, 
nell'uso o nel fatto di possedere un certo bene”.
14
Una valida 
attuazione di questa regola è fornita dalla Intel Inside,   che ha un 
marchio completo di un suono melodico di identificazione e 
caratteri multimediali multicolori. Il marchio può essere anche 
olfattivo. Nel passato alcune aziende si sono create 
inconsapevolmente dei logo olfattivi, e alcune ricerche hanno 
dimostrato la loro efficacia. Accade così che alle persone 
interpellate durante queste ricerche, l’odore della vanillina non 
                                          
13
  B. J. Pine II - J. H. Gilmore, Oltre il servizio. L'economia delle esperienze, op.cit.  
14
  Ibidem 
11
 
evoca solo il “talco per bebè” ma anche il nome “Borotalco” 
dell’azienda che lo produce. In Francia, l’odore del legno di cedro 
evoca per le persone interrogate “le matite colorate Crayola”. 
Questo rivela come un odore comune a diversi prodotti diventi 
automaticamente il logo olfattivo del marchio più  venduto 
nell’inconscio collettivo. 
 ξ  Produrre beni di cui hanno bisogno i registi di esperienze. 
Crescendo la domanda  di esperienze, crescerà anche la domanda 
dei prodotti che servono per realizzare le esperienze stesse. Essi 
comprendono beni che influiscono sui sensi (per esempio, luci, 
attrezzature audio, aromatizzanti e fragranze) e quelli che 
sostengono l'evento (ad esempio un tipo particolare di divisa). La 
categoria più grande e più importante di  questa classe di beni è 
rappresentata da souvenir e oggetti da collezione legati a ricordi. 
Sono molti gli oggetti che servono agli ospiti per prolungare il 
ricordo dell' esperienza provata: penne, cappellini, T-shirt, pelouche, 
tazze, giocattoli, ecc. Non è difficile notare come molti dei beni 
tradizionalmente usati come souvenir siano noiosi e ridondanti; 
rispettare i dettami del marketing estetico ed esperienziale potrebbe 
essere una sfida per fuggire questa ridondanza.  
 ξ  Rendere rari i beni. Limitare la disponibilità di un articolo che fa 
furore può trasformare in esperienza il semplice fatto di possedere 
questo bene. 
 ξ  Inscenare un evento per i prodotti. Molti produttori mettono in 
scena le proprie  esperienze (anche se in genere solo come attività 
secondaria) nel momento in cui affiancano musei, parchi dei 
divertimenti o altre attrazioni alla produzione della loro fabbrica. 
Nel panorama italiano sono molte le aziende che hanno creato veri e 
propri musei d’impresa (Barilla, Alessi, Ferrari, ecc.).