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INTRODUZIONE
Il rapido mutamento del contesto socio-economico impone alle organizzazioni continue
sollecitazioni e la capacità di adattarsi agli eventi con conseguenti interventi sia a livello
strutturale che nella gestione del personale. Per poter competere nella complessità e
nella concorrenza del mercato globale, le aziende devono sviluppare una grande
capacità di reazione/anticipazione facendo leva sulla conoscenza che diventa il vero
valore aggiunto delle organizzazioni.
Apprendimento organizzativo, gestione delle risorse umane ed economia del simbolico
sono oggi tre elementi, strettamente legati l’uno all’altro, che caratterizzano la
moderna impresa post-fordista, capace di affrontare la complessità e l’instabilità dei
mercati, ed i cui valori e caratteristiche si ritrovano nella flessibilità, nella cooperazione,
nella comunicazione, nella conoscenza ed esperienza.
Questo lavoro parte dal presupposto che la dimensione umana è determinante nel
processo di cambiamento e saper gestire le persone costituisce oggi il vero vantaggio
competitivo a disposizione del management delle organizzazioni. Il tentativo è quello di
evidenziare come il cambiamento organizzativo stia oggi portando ad un ripensamento
del ruolo che le persone rivestono all’interno dell’impresa. Le persone ed il loro modo di
lavorare insieme, di essere impresa, si rivelano la leva privilegiata per costruire, e nel
tempo valorizzare, un patrimonio intangibile fatto di conoscenze, relazioni e identità
culturali che risulta difficile da governare attraverso l’impiego di strumenti manageriali
di tipo tradizionale.
Il terreno di ricerca è costituito dal Gruppo Spes, un sistema di imprese che opera nel
campo socio-assistenziale il cui core business è rappresentato dalla realizzazione di
servizi residenziali per persone non autosufficienti.
Costituita nel 1978, la cooperativa S.P.E.S Trento, capogruppo, ha visto negli ultimi
sette anni uno sviluppo esponenziale che si oggettiva nell’aumento dei ricavi (da circa €
3.900.000 nel 2000 a € 12.170.000 nel 2007), nell’incremento dei dipendenti (da 70
a circa 200 unità), nella creazione di 3 nuove società collegate e/o controllate,
nell’apertura di 2 nuove strutture. L’esperienza di S.P.E.S. è stata quella di aver saputo
rispondere alla sfida degli eventi attuando un passaggio da azienda tradizionale ad
azienda competitiva, mettendo in atto mutamenti in termini di una diversa gestione
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aziendale e, soprattutto, di una diversa cultura d’impresa, più in linea con le sfide
imposte dal mercato. Un progetto ambizioso che sta portando l’azienda verso un
ampliamento del proprio ruolo, un rafforzamento della propria immagine e identità,
non solo nei confronti degli stakeholder esterni, sempre più numerosi, quali fornitori,
patners, concorrenti, soggetti pubblici e privati, ma, anche e soprattutto, nei confronti
del personale interno, che rappresenta per l’azienda la reale leva del cambiamento.
Il percorso di riorganizzazione è iniziato da un’esigenza amministrativa, la necessità di
mantenere un risultato di pareggio economico, in un mutato scenario che vedeva, da
un lato, una contrazione delle risorse economiche e, dall’altro, la richiesta di servizi di
maggiore qualità. La risposta a questi stimoli è stata una profonda revisione del modo
di operare, in una parola la ri-definizione di un modello di erogazione dei servizi,
attuato attraverso l’introduzione di nuovi strumenti manageriali e “tecnologie socio-
cognitive di supporto” tra cui la certificazione di qualità secondo le norme UNI EN ISO
9000:2000, la conseguente realizzazione della Carta dei Servizi quale strumento di
comunicazione e informazione e la definizione di standard operativi.
Ma il processo di traduzione di un modello in pratiche quotidiane necessita di un
passaggio intermedio, quello dell’interpretazione. In esso, ciò che emerge è l’attività di
dar senso alla tecnologia, di tradurre ed interpretare un modello che poi nel contesto
organizzativo si esplicita in un insieme di pratiche, di simboli, interazioni ed artefatti. È
in questa creativa operazione che gli attori, “umani”, applicano il loro sapere,
interpretano e adattano le “tecnologie” in maniera funzionale al loro obiettivo, creando
un nuovo e diverso modello organizzativo. E, ovviamente, il ruolo degli attori umani è
stato il fulcro di questa evoluzione.
Da queste considerazioni nasce l’interesse, oggi, di indagare sulla natura e consistenza
del legame tra persone e organizzazione, per tentare di capire quali sono le motivazioni
che portano le persone a rimanere in un’impresa e ad investirvi.
Ormai sappiamo che le organizzazioni sono, settorialmente, simili: offrono condizioni di
lavoro, retribuzioni, strumenti, che si assomigliano molto, tuttavia in ognuna c’è un
qualcosa di peculiare che il lavoratore riconosce e che lo porta ad identificarsi con la
propria organizzazione.
Avere uno sguardo attento e vigile, cogliere queste peculiarità, capire che “aria tira”,
rappresentano dei sensori che permettono di “leggere” e intervenire sulle politiche di
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gestione del personale per gestire fenomeni quali turnover, assenteismo, burnout e per
garantire quel concetto, introdotto dai sistemi di qualità, di miglioramento continuo.
Per far questo, risulta necessario conoscere e valorizzare le competenze, ma
soprattutto passare da un modello burocratico ad un modello di learning organization.
Il contributo analizzerà il lato intangibile dell’organizzazione, legato alle percezioni, ai
sentimenti, alle aspettative, alle speranze delle persone che la compongono. Tali
componenti costituiscono gli asset invisibili dell’organizzazione e la parte emotiva della
stessa.
Un’indagine tesa a determinare il grado di soddisfazione dei dipendenti, consente di
ricercare i motivi di soddisfazione e d’insoddisfazione influenti nel determinare il livello
di coinvolgimento, di motivazione e d’impegno con il quale i soggetti gestiscono il
rapporto con l’organizzazione. Il vantaggio che deriva dall’analisi è rappresentato dalla
possibilità di ottenere dei dati e delle misure di alcuni aspetti intangibili
dell’organizzazione, quali la qualità dei rapporti interni, la percezione dell’ambiente
fisico e organizzativo ed, in ultima istanza, il benessere organizzativo.
L’indagine si pone nel solco epistemologico degli “studi basati sulla pratica” che si
caratterizzano per “considerare il lavoro come un’attività situata, che ha luogo in un
contesto in cui persone e tecnologie collaborano e confliggono e che si realizza grazie
ad un insieme di pratiche discorsive” (Bruni, Gherardi, 2007, 11). Adottare questa
prospettiva del “contingente” significa accettare che ogni stadio di sviluppo costituisce
“uno stato provvisorio, sintesi degli intermediari e dei processi che lo hanno reso tale e
passibile dell’intervento di altri (Gherardi, Lippi, 2000)” e che qualsiasi tentativo di
lettura e interpretazione non può che avere un valore legato al hic et nunc, senza
nessuna pretesa prescrittiva.
Il presente contributo si divide in due parti.
La prima parte introduce l’argomento oggetto di analisi: il rapporto uomo –
organizzazione ed il rapporto di reciproca definizione (cap.1). Lo scopo è quello di
definire un quadro teorico dell’argomento e si completerà, nel capitolo 2, con la
presentazione di alcuni modelli di riferimento della funzione di gestione delle risorse
umane. Si tenterà di presentare l’origine e l’evoluzione di questa funzione evidenziando
come obiettivi, pratiche e strumenti si siano evoluti nel solco delle principali teorie
organizzative.
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Il terzo capitolo si propone l’obiettivo di inquadrare teoricamente lo strumento proposto
per la ricerca: l’indagine volta a rilevare l’influenza del clima organizzativo sulla
soddisfazione lavorativa. L’interesse per gli studi sul clima, coincide con l’interesse a
migliorare l’ambiente sociale e umano, a conoscere in vista di un cambiamento che si
possa identificare con un reale miglioramento dell’ambiente di lavoro. In sintesi, sarà
presentato il costrutto di clima organizzativo, percorrendo le fasi che vanno dalla sua
introduzione fino alla sua più recente definizione concettuale.
La letteratura propone un’ampia varietà di strumenti e di metodi per la misurazione del
clima all’interno delle organizzazioni. La scelta metodologica è stata quella di non
adottare nessun modello, ma di far emergere una sua rappresentazione partendo dal
coinvolgimento dei lavoratori, chiamati a suggerire i temi avvertiti come di maggior
rilevanza.
La presentazione teorica di cui sopra è propedeutica alla seconda parte ed ha lo scopo
di illustrare il lavoro di ricerca e di analisi sulla soddisfazione e sul clima interno al
personale del Gruppo Spes.
Il lavoro partirà dalla descrizione dell’ambiente. Ogni organizzazione vive in un contesto
dato dal territorio, dalle norme, interne ed esterne, dalle altre organizzazione e dalle
opportunità/vincoli che queste creano nel loro agire.
Nel caso specifico sarà presentato il quadro normativo di riferimento, sia per quel che
riguarda lo specifico settore di attività, l’assistenza ad anziani non autosufficienti in
strutture residenziali, sia per quel che riguarda la forma societaria, società cooperativa
– onlus - e le origini della stessa (cap. 4).
La parte centrale di questo lavoro sarà quindi dedicata alla narrazione del processo di
costruzione di un modello di rilevazione del clima aziendale, della sua applicazione e
del modello di elaborazione ed interpretazione dei risultati (cap. 5).
Come si è tentato di spiegare, l’interesse che ha mosso questo lavoro è
prevalentemente interpretativo. Le ipotesi formulate alla base del modello di
elaborazione hanno lo scopo di valutare la soddisfazione lavorativa con riferimento ad
alcune dimensioni organizzative significative, cercando di riconoscere gli elementi che i
dipendenti ritengono desiderabili nel loro rapporto di lavoro e gli ambiti che, invece,
richiedono interventi organizzativi.
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Le conclusioni (cap. 6) avranno lo scopo di aprire alcune riflessioni; partendo dai dati
emersi nelle elaborazioni si cercheranno di focalizzare alcune peculiarità che
potrebbero diventare interessanti nella definizione delle politiche di gestione e di
sviluppo delle risorse umane.
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PARTE PRIMA
TEORIZZAZIONI
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CAPITOLO 1 - PERSONE E ORGANIZZAZIONI, DI UNA RELAZIONE IN
CONTINUO DIVENIRE
1.1 ORGANIZZAZIONI, UNA PROPOSTA DI LETTURA
Ogni giorno, nel nostro agire, entriamo in contatto con diversi tipi di organizzazioni.
Una scuola, un ospedale, un’impresa, una chiesa, sono esempi di organizzazioni che
fanno parte del nostro quotidiano.
Per Crozier (cit. in Thompson, 1994, 44-45), l’organizzazione è “un costrutto sociale”
prodotto dalla strategia degli attori. È un artefatto umano, un mezzo per regolare la
cooperazione, ma “indeterminato” nelle modalità concrete di soluzione.
Ma qual è la vera natura delle organizzazioni?
Il senso attribuito nel linguaggio comune ci rimanda immediatamente ad un oggetto,
una struttura con una sua connotazione fisica e tangibile, tuttavia un passaggio ad un
concetto esperto, situato nell’ambito dei filoni emergenti della sociologia
dell’organizzazione, contribuisce a dissolvere questa immagine di fisicità, riportandoci
ad una dimensione immateriale, un esempio di “ingegneria dell’eterogeneo” un
processo, che combina persone, tecnologie, e oggetti dando origine a degli effetti
temporaneamente – ma relativamente – stabili e che sono il prodotto di attività
ordinative e di organizzazione (Gherardi, Lippi, 2000). L’organizzazione diventa allora
un insieme di elementi, umani e non, di beni, materiali e immateriali, in cui i soggetti
umani che le costituiscono sono accomunati "dall'operare insieme” e nel loro agire
creano significato e relazioni. Queste costituiscono un processo complesso di
differenziazione, di divisione del lavoro e dei compiti, di specializzazione, di regole e di
creazione di senso.
Da queste prime definizioni possiamo evidenziare la duplice fisionomia del concetto: da
un lato, "le organizzazioni, proprio in quanto sistemi di ruolo, sono sempre e comunque
meccanismi di influenza dei comportamenti individuali", sia perché "gli altri si aspettano
comportamenti previsti da chi ricopre i vari ruoli", sia perché "noi ci comportiamo in