Introduzione
La nascita dell’articolo ha rappresentato una vera innovazione per le lingue che ne sono
state coinvolte: si tratta della creazione di una nuova categoria linguistica per esprimere la
definitezza/indefinitezza di un sintagma nominale e la sua quantificazione. Sebbene sia
stimato che solo un terzo delle lingue del mondo faccia uso di articolo, un dato rilevante è
che per quello che riguarda l’articolo definito, la linguistica storica sperimentata finora ci
mostra che esso, oltre a costituire un’acquisizione permanente (Nocentini 1996), si impone
nella lingua fino ad accompagnare quasi tutti i sintagmi nominali, anche quelli
intrinsecamente definiti (es. la Terra, il Sole, ecc.); a conferma di questo fenomeno, il
Lessico di frequenza dell’italiano parlato (LIP) annovera l’articolo definito al rango 1, cioè
al primo posto per frequenza d’uso; parallelamente, il dibattito sulla natura e sull’essenza di
questo elemento e della categoria che rappresenta si è fatto molto vivace nel panorama
linguistico. Allo scopo di comprendere al meglio le funzioni dell’articolo, dopo aver fatto
una breve rassegna di alcune delle più importanti teorie sull’articolo e sul significato di
definitezza/indefinitezza come categoria universale, saranno analizzate le caratteristiche
semantiche dell’articolo definito e indefinito in italiano contemporaneo. Tale quadro
strutturale sarà poi funzionale alla comprensione della genesi dell’articolo nelle lingue
romanze, che si attua in concomitanza con la crisi del sistema flessivo latino, nell’ambito
del passaggio da una struttura morfosintattica prevalentemente sintetica a quella
prevalentemente analitica che oggi caratterizza le lingue neolatine. La terza parte considera
l’articolo definito estendendo i confini geografici all’area mediterranea, per vagliare
l’ipotesi che esso sia giunto alle lingue occidentali per via dei frequenti e intensi contatti che
su tale scenario marittimo si sono intrattenuti tra i popoli costieri europei, in primo luogo la
Grecia, e i popoli dell’Egitto e del territorio siro-palestinese, i quali, fornendoci le
testimonianze di più antica data, (fine del secondo millennio a.C.) sono considerati i primi
ad aver usato l’articolo definito.
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Capitolo I
L’articolo in italiano contemporaneo
1. Alcune definizioni e teorie sull’articolo
Il termine “articolo” deriva dal latino articulus “articolazione, giuntura”, traduzione, a sua
volta, del greco arthron, conosciuto in Grecia come termine grammaticale sin dal IV secolo
a.C. Gli Stoici avevano classificato cinque “parti del discorso”: tra queste, l’arthron
classificava quegli elementi dotati di flessione casuale che distinguono il genere e il numero
dei nomi: comprendeva, quindi, gli articoli e i pronomi relativi. In imitazione dei Greci, cui
la grammatica occidentale deve i suoi primi concetti grammaticali, i Romani, non avendo
l’articolo, classificarono “articuli” i loro pronomi hic, haec ed hoc. Il grammatico latino
Varrone prese in prestito la terminologia stoica in cui sia i pronomi che gli articoli erano
inclusi nel pronomen articulare (‘pronome dimostrativo’) che era o finito (il pronome) o
infinito (l’articolo). L’altro articolo aveva un significato vicino a quello al pronome
indefinito aliquis (l’articolo di Varrone), che così ottenne la denominazione di articolo
indefinito.
Dryer (1989) classifica una parola come articolo secondo due criteri: (1) se indica
definitezza o indefinitezza, o una qualche nozione collegata del discorso; (2) se funziona
come marcatore del sintagma nominale, nel senso che il sintagma nominale (che non sia il
pronome) solitamente è presente con una delle parole in questione. Kramsky (1972) riporta
alcune delle teorie e definizioni dell’articolo: la più semplice stabilisce che il ruolo
dell’articolo è quello di designare un oggetto come familiare. Raoul de la Grasserie (1896)
considera la principale funzione dell’articolo quella di individualizzare un dato soggetto, e
associa questa funzione al significato generico dell’articolo. D’altro canto, Carnoy (1927)
sostiene che il significato principale dell’articolo non consista nell’individualizzazione del
soggetto, ma nella sua presentazione: vale a dire che l’articolo “presenta” il soggetto alla
mente dell’ascoltatore. Da qui, lo sviluppo di entrambi i significati, “discriminativo” e
“generico”. Secondo Horálek (1955) l’articolo è una parola grammaticale mediante la quale
il soggetto di cui si parla è strettamente definito (determinato). Questa funzione
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determinativa può riguardare un individuo della sua classe, e così si ha la cosiddetta
funzione “individualizzante” (o “discriminativa”, per riprendere la terminologia di Carnoy);
oppure, può avere una funzione “generalizzante”, per esempio quando un individuo
rappresenta la sua classe o categoria, e questo è il caso del cosiddetto “articolo generico”.
Hjelmslev (1928) asserisce che l’articolo sia il morfema della concretizzazione, che serve ad
indicare che il soggetto (o la sua natura) è presumibilmente conosciuto all’interlocutore.
Schwyzer (1936) scrive che l’articolo definito determina o individualizza il nome in
opposizione ad un altro nome. J. Kurz ritiene che, tenendo conto delle principali funzioni
dell’articolo, vale a dire la designazione della definitezza della nozione che concerne il
soggetto come unità in opposizione agli altri elementi della sua classe (il significato
individualizzante dell’articolo), o l’intera classe del soggetto in opposizione ad un’altra
classe (il significato generico dell’articolo), possiamo dire che l’articolo è un elemento del
linguaggio che regolarmente accompagna il nome quando la nozione espressa da tale nome
(che indica un particolare soggetto o l’intera categoria di soggetti) deve essere resa familiare
all’ascoltatore. Il cosiddetto articolo anaforico, che nelle lingue romanze, come sarà
mostrato nel Capitolo II, costituisce il nucleo primario dell’articolo odierno, può, secondo
Kurz, essere incluso nella funzione individualizzante, senza dimenticare di dare rilievo
all’obbligatorietà, regolare nell’uso dell’articolo, laddove il pronome anaforico è usato solo
nel caso di una effettiva necessità di referenza.
L’articolo indefinito e la sua relazione con l’articolo definito è stata inquadrata molto
realisticamente da Gamillscheg (1936) che individua in esso la funzione di creare un’idea
nuova o inaspettata. Una volta che ciò è successo, non si usa più l’articolo indefinito, ma
quello definito. L’articolo indefinito è, pertanto, il “presentatore” di un elemento nuovo, di
cui (almeno) l’ascoltatore non ha ancora avuto alcun tipo di esperienza.
Schwyzer (1936) è dell’opinione che la differenza tra articolo definito e indefinito è più
terminologica che effettiva, e suggerisce di chiamare l’articolo indefinito “relativamente
definito” rispetto all’ “assolutamente definito” dell’articolo definito. Similmente, de la
Grasserie (1896) definisce l’articolo indefinito come “l’articolo della determinazione
imperfetta”. Il termine “definito”, quindi, starebbe a significare che il nome a cui è aggiunto
l’articolo indica qualcosa in particolare; e questa è la più comune teoria dell’articolo, che
individua nella differenza tra la forma zero dell’articolo e l’articolo definito un differente
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grado di definitezza (Krámský 1972); il che equivale a dire che ciò che è indicato dalla
forma zero è di estensione indefinita, mentre il nome accompagnato dall’articolo definito
esprime un soggetto di minore estensione rispetto alla sua intera classe ed è limitato da
confini precisi. La definitezza generalmente indica un’opposizione non rispetto all’articolo
indefinito, ma rispetto a tutti gli altri individui che appartengono alla stessa categoria.
2. Sul concetto di definitezza/indefinitezza e sulla sua espressione
L’opposizione definitezza/indefinitezza è una categoria universale, insita nel nostro
pensiero. La sua essenza è basata sull’opposizione fondamentale tra membro e classe; dal
momento che la maggiorparte dei nomi può esprimere sia il membro che la classe, la
differenziazione semantica è ottenuta mediante l’utilizzo di mezzi espressivi aggiuntivi
quali l’articolo. C’è poi un altro aspetto che si aggiunge a questa prima opposizione, ed è la
determinazione: Grasserie (1896) sostiene che la determinazione consiste
nell’individualizzazione, cioè nell’indicare certi individui rispetto ad altri, o una classe di
individui rispetto ad altre classi. La determinazione è presumibilmente una necessità che
risale allo stadio primitivo del linguaggio, cioè allo sforzo di esprimere significati concreti,
riferiti a soggetti presenti nella realtà extra-discorsiva (non a caso, generalmente l’articolo
ha origine da un elemento con funzione deittica). La determinazione non è, perciò, di
pertinenza esclusiva degli articoli: alcuni linguisti includono in questa categoria anche i
pronomi dimostrativi, le parole che indicano relazioni di appartenenza (es. pronomi
possessivi, genitivo possessivo, varie perifrasi, ecc.) le parole che indicano luoghi, la
posizione di un soggetto (numerali ordinali), l’ ordine delle parole, apposizioni e altri mezzi;
tutti questi elementi sono comunemente definiti “determinativi” (Krámsky 1972).
Al contrario di quanto possa pensare un madrelingua italiano, francese o inglese, l’articolo è
un tratto interlinguisticamente piuttosto raro: Dryer (1989) stima che circa un terzo delle
lingue del mondo fa uso di articoli, e delle 125 lingue dotate di articolo nel suo campione,
solo 31 usano sia l’articolo definito che quello indefinito. Inoltre, per quel che riguarda le
lingue europee, per le quali la documentazione scritta ci permette di osservare evoluzioni a
lungo termine, si è potuto stabilire che l’articolo è, a parte che per il greco, un tratto di
recente acquisizione, non ascrivibile al protoindoeuropeo (Renzi/Andreose 2009).
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