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CAPITOLO I
1. Premessa: l’evoluzione del diritto di famiglia e le nuove relazioni
affettive.
Le profonde modifiche culturali e sociali che hanno caratterizzato il
ventesimo secolo hanno sconvolto il sistema delle relazioni familiari che si
era venuto a delineare fino al secolo XIX.
Il diritto di famiglia, strettamente connesso alla dimensione della persona e
dell’individuo, è in continua evoluzione, in dipendenza – appunto – di fattori
sociali, culturali e politici.
Legge e società sono inseparabili, per cui le norme devono essere adeguate ai
valori, ai costumi, alle esigenze e alla cultura espressa in una data comunità,
in un certo momento storico.
Il modello di famiglia tenuto presente dal legislatore del Codice civile del
1942 era imperniato sul matrimonio e sulla subordinazione della donna al
marito, con la discriminazione dei figli nati fuori dal matrimonio rispetto ai
figli legittimi; si trattava, cioè di una famiglia autoritaria di tipo “patriarcale”
1
.
Nel corso del XX secolo la famiglia subisce importanti trasformazioni socio-
culturali, sicché la famiglia, da “patriarcale”, si trasforma in famiglia
“nucleare”, ossia in una famiglia formata solo da marito, moglie e i figli.
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La famiglia tradizionale era una famiglia “patriarcale”, nel senso che il marito lavorava
tutto il giorno fuori casa ed era il “capo” indiscusso, al quale spettavano tutte le decisioni
di carattere familiare; la moglie, sottomessa al marito, era obbligata a seguire la residenza
fissata dallo stesso e ad occuparsi della casa e della cura ed educazione dei figli. Tutti i
parenti coabitavano sotto lo stesso tetto. Sull’evoluzione della nozione di famiglia e dei
rapporti fra famiglia e diritto, cfr. da ultimo M. R. MARELLA – G. MARINI, Di cosa
parliamo quando parliamo di famiglia. Le relazioni familiari nella globalizzazione del
diritto, Roma-Bari, 2014, pag. 3 ss; J. CASEY, La famiglia nella storia, Bari, 1999, p. 7.
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Si verifica un aumento del numero delle famiglie, ma non ascrivibile all’inizio
dell’industrializzazione, né al maggior numero di matrimoni celebrati tra
persone di ceto diverso (che prima erano esclusi) e neppure all’incremento
della popolazione. Infatti in questo periodo i matrimoni diminuiscono e il
numero delle famiglie cresce in modo maggiore rispetto all’incremento della
popolazione. L’aumento del numero delle famiglie conferma invece la
tendenza verso la nuclearizzazione della famiglia
2
.
Nell’arco di tempo intercorrente tra il 1975 e il 2010 il numero delle nascite
fuori dal matrimonio, e, quindi, connesse al vincolo della mera convivenza
more uxorio, è passato, secondo le statiche, dal 2,59% al 23,6 % provando in
maniera inconfutabile l’espandersi e l’affermarsi nella società della citata
tendenza di nuclearizzazione della famiglia.
Nello specifico, mutatis mutandis, appare evidente l’affermarsi della
progressiva perdita di esclusività e prestigio della famiglia fondata sul
matrimonio e con la conseguente accettazione dei modelli familiari
alternativi
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.
Sono anni di contestazione e di rivendicazione di nuove libertà e diritti, che
porteranno la donna a conquistare maggiore indipendenza e riconoscimenti
nell’ambito della famiglia.
La donna comincia a lavorare fuori dalle mura domestiche e partecipa
attivamente alla vita politica.
Viene introdotta la legge n. 898/1970 sul divorzio, confermata dal referendum
del 1974, che segna l’inizio della riforma del diritto di famiglia, sino a quel
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V. C. SARACENO – M. NALDINI, Sociologia della famiglia, Bologna, 2013, pp. 38-39:
in Italia, nel periodo tra il 1961 e il 1991 le famiglie sono passate da 13.747.000 a
19.909.000, con un aumento del 30% rispetto al 5% dell’aumento della popolazione che
passava nello stesso periodo da 50.623.600 a 56.778.000 unità.
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V. E. AL MUREDEN, La separazione personale dei coniugi, in Trattato di diritto civile
e commerciale già diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni, continuato da P.
Schlesinger, Milano, 2015, p. 2. Cfr. anche M. SESTA, L’accertamento dello stato di
figlio, dopo il decreto legislativo n. 154/2013, in Fam. Dir., 2014, 454. Vedi anche C.
FACCHINI, Le giovani coppie tra continuità e mutamenti in Quaderni di Sociologia,
2013, 171.
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momento legato ancora a precetti e norme di origine ottocentesca. Si è di
fronte ad una vera e propria rivoluzione sociale, oltre che giuridica
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.
E’ inevitabile conseguenza dell’introduzione di detta Legge, in sintonia con i
principi sanciti dalla Carta Costituzionale, il venir meno del principio
dell’indissolubilità del matrimonio
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.
Ma la vera, radicale riforma del diritto di famiglia si ha con la Legge n.
151/1975: una riforma epocale, che ha apportato modifiche e innovazioni
profonde: i coniugi acquistano gli stessi diritti e doveri (art. 143 c.c.);
vengono eliminate molte differenze tra i figli legittimi e naturali, anche se
permangono alcuni privilegi riguardo ai primi (specie in campo successorio)
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;
viene abbassata la maggiore età, che da 21 passa a 18 anni; viene vietato di
sposarsi sotto i 18 anni, con possibilità di sposarsi a 16 anni ma soltanto con
l’autorizzazione da parte del giudice; viene abolita la patria potestà, che
diventa potestà genitoriale; viene introdotto il regime legale della comunione
dei beni. La riforma riguarda anche la separazione legale, che non è più basata
sulla colpa di un coniuge, ma semplicemente legata a “fatti tali da rendere
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La famiglia si è costruita nel senso dell’amore e della giustizia. E’ caduto il possesso
della donna da parte del maschio, il potere incondizionato del padre sui figli. E’ caduto il
matrimonio di interessi, per la libera scelta e l’incontro amoroso. La famiglia è diventata
un nucleo di affetti che s’intensifica nel figlio. La donna si emancipa dalla potestà
parentale. Un ritratto molto accurato della famiglia europea contemporanea è tracciato da
Jack Goody, il quale evidenzia i seguenti fenomeni: l’emancipazione delle donne
attraverso il lavoro; l’aumento dei divorzi (correlato con l’aumento delle speranze di vita e
delle possibilità di indipendenza economica) e la comparsa di nuove forme familiari, in
particolare monogenitoriali, ricomposte e omogenitoriali Cfr., J. GOODY, La famiglia
nella storia europea, Roma – Bari, 2000.
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E. Al MURADEN, La separazione personale dei coniugi, in Trattato di diritto civile e
commerciale, cit., p. 9
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Nel nostro Paese, infatti, la percentuale delle nascite fuori dal matrimonio dal 2,59 % nel
1975 arriva al 23,6 % nel 2010. Ciò testimonia da un lato la progressiva perdita di
esclusività e di prestigio della famiglia fondata sul matrimonio e, dall’altro, l’accettazione
di modelli familiari alternativi sulla base dell’implicito presupposto che si può essere
genitori anche senza aver mai contratto matrimonio. Quindi si capisce perché il nostro
legislatore ha provveduto ad eliminare la storica distinzione tra figli legittimi, nati dal
matrimonio, e figli naturali, nati da genitori non uniti in matrimonio. Cfr. M. SESTA e A.
ARCERE, La responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli, in Trattato di diritto
civile e commerciale già diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni, continuato da P.
Schlesinger, Milano, 2016, p. 12.
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intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio
all’educazione della prole”.
Quindi, con la parità tra marito e moglie non si parla più di supremazia del
marito (che rimarrà circoscritta fino al 2014 alla sfera delle decisioni
urgentissime per il figlio); l’adulterio non è più considerato un reato; i figli
fuori dal matrimonio hanno gli stessi diritti dei figli legittimi.
L’introduzione del divorzio nel 1970 e la riforma del diritto di famiglia del
1975 rendono definitivo il tramonto della famiglia basata sulla inscindibilità
della coppia
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.
Conseguentemente, negli anni ‘80, cambia radicalmente la mentalità comune,
le abitudini, le secolari tradizioni ed in particolare il modo di concepire il
contesto familiare. La “rapidità sempre maggiore delle trasformazioni sociali”
è conseguenza della “crescente fluidità della materia del diritto di famiglia”
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.
A causa della vita frenetica che entrambi i genitori conducono (entrambi
lavorano a pieno ritmo), muta la relazione genitori/figli
9
.
Il matrimonio non viene più percepito dalla generalità delle persone come
un’istituzione mirata a realizzare funzioni pubblicistiche, ma come un
rapporto nel quale le persone si realizzano in un’ottica tutta privatistica.
Aumentano, poi, i divorzi, cala il numero dei matrimoni religiosi e civili;
diminuisce la natività; nasce la c.d. famiglia allargata. Si diffondono le coppie
di fatto (o convivenze more uxorio) e crescono i figli nati fuori dal
matrimonio (solubile, dal 1970 al 1987, soltanto dopo cinque anni dalla
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V. C. SARACENO – M. NALDINI, Sociologia della famiglia, cit., p. 229.
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Il modello familiare appariva “sfasato, rispetto alla società, già al tempo della
codificazione” essendo il modello familiare fondato su una struttura gerarchica e su una
rigida distinzione e ripartizione dei ruoli familiari. Cfr. E. QUADRI, Il diritto di famiglia:
evoluzione storica e prospettive di riforma, in Studi in onore di Giuseppe Benedetti,
Napoli, 2003, pp. 1511 ss.
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E’ del 1971 la Legge n. 1044, con cui vengono istituiti gli asili nido, per offrire un
servizio alla famiglia, facilitando l’accesso della donna al lavoro.
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separazione, potendo arrivare a 7 anni, nel caso in cui a chiedere il divorzio
fosse il coniuge “colpevole”).
Va da sé che il diritto di famiglia, in questo contesto, appare obsoleto, rigido,
non più adeguato alla realtà di fatto
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Dopo la riforma storica del diritto di famiglia, vengono introdotte norme per
la tutela della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza (Legge
n. 194/1978); norme per l’affidamento e adozione dei minori (legge n.
184/1983); vengono apportate anche le prime modifiche alla Legge n.
898/1970, riducendo il tempo tra separazione e divorzio (che da 5 passa a 3
anni: Legge n. 74 del 1987), proprio al fine di dare la possibilità alle famiglie
“ricomposte” di poter legalizzare la propria convivenza.
Ma negli ultimi vent’anni in Italia si registra una diversa tendenza: con
l’invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’instabilità coniugale, si
sta verificando una ripresa delle famiglie estese: figli di età di 25-34 anni che
vivono ancora con i genitori, oppure genitori di mezza età con figli
adolescenti che accolgono a casa un genitore rimasto vedovo; coppie di
anziani che accolgono un figlio in casa rimasto vedovo o divorziato.
Tendenza che si è verificata in tutti i paesi europei, in connessione con
l’aumento della scolarità, con le difficoltà a trovare lavoro, con l’aumento
dell’età del matrimonio.
Quindi, il matrimonio sembra destinato a perdere la qualità di connotato
essenziale della famiglia e ad essere sostituito da varie tipologie di formazioni
sociali, all’interno della quale l’individuo si autodetermina nella sfera delle
relazioni affettive.
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L’antropologia, dopo aver sottolineato che “la famiglia, costituita dall’unione più o
meno durevole, socialmente approvata, di un uomo e di una donna con i loro figli è un
fenomeno universale, presente in ogni e qualsiasi tipo di società”, ci insegna, però, che la
famiglia coniugale, per quanto diffusa, non può essere considerata elemento costitutivo di
ogni tipo di società: C. LÉVI STRAUSS, La famille, Parigi, 1979, pp. 93 ss.