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CAPITOLO II 
2.1 Gli elogi di Montesquieu al modello Costituzionale liberale inglese 
 
Il concetto nuovo di rappresentanza di democrazia rappresentativa, affermatosi con 
la Rivoluzione francese, pone delle nuove questioni che i Padri fondatori Francesi 
dovettero affrontare: 
 Quale forma di governo adottare?  
 Come il potere debba organizzarsi e costituirsi? 
 Quale sistema rappresentativo o costituzione rappresentativa sia la migliore o la più 
adeguata al contesto ambientale e storico? 
Ne scaturì un acceso dibattito sulle forme di Stato rappresentativo “democratico” e 
“monarchico”. La Francia rivoluzionaria varò diverse costituzioni in pochi anni ciò era 
dovuto non solo a questioni ideologiche (a seconda della fazione rivoluzionaria che 
arrivava al potere), ma soprattutto alla portata di riforme così radicali e innovative che 
dovevano essere testate nella pratica per vederne gli effetti e la validità.  
La Francia Rivoluzionaria ebbe vari teorici (Rousseau, Sieyès, Locke, perfino Hobbes) 
ma senza dubbio le idee teorizzate dal filosofo, storico, giurista e pensatore politico 
francese Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède e di Montesquieu (1689-1755), 
rappresentano uno dei punti cardine sia della rivoluzione Francese che degli Stati moderni. 
Il filosofo, storico, giurista e pensatore politico francese Charles-Louis de Secondat, 
barone de La Brède e di Montesquieu (1689-1755), meglio noto unicamente con il nome di 
Montesquieu teorizzò nella sua opera, L’esprit des lois, 1748 il principio della divisione dei 
poteri. 
«Il potere corrompe, un potere assoluto corrompe assolutamente»: partendo da questa 
considerazione Montesquieu traccia, nel libro XI della sua principale opera (Lo spirito 
delle leggi, 1748) al sesto capitolo, la teoria della separazione dei poteri, analizzando in 
particolare il modello costituzionale inglese. Tale teoria, fu già espressa da Locke nei suoi 
Trattati sul governo, ma grazie all'opera di Montesquieu, divenne una delle pietre angolari 
dei sistemi costituzionali moderni.
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L ’importanza di Montesquieu e di coloro che ne hanno seguito le tracce consiste 
nell’aver capito che la moderazione e l’equilibrio realizzati in Inghilterra dipendevano 
dall’aver concepito un regime in cui è il potere stesso che frena il potere, con il risultato di 
massimizzare l’indipendenza e la libertà degli individui dal potere stesso.  
L ’Inghilterra non ha e non aveva un testo costituzionale scritto, ciononostante vi sono 
delle norme fondamentali riconosciute che si concretizzano attraverso vari documenti 
scritti, convenzioni, usi e consuetudini, che garantiscono un equilibrio tra le varie forze 
sociali ed istituzionali.  
Si rammenti che in Inghilterra già dal XII secolo il Re e i giudici erano sottoposti alla 
legge (Common law, superiore sia alle norme emanate dal Re che dal Parlamento) e questa 
sopravviveva al succedersi dei sovrani. 
Alla fine del XVII secolo vi furono tra l’altro diversi importanti eventi: il diritto 
dell’Habeas corpus (già sancito nella Magna Charta Libertatum nel 1215), il Bill of Rights 
del 1689, l'abolizione della censura di stampa e fu sancito il principio dell'indipendenza ed 
immobilità della magistratura (1695). 
 Sulla base di quest’ultimo provvedimento, il giudice, una volta nominato, sarebbe 
stato per legge inamovibile, per cui non avrebbe dovuto più temere trasferimenti arbitrari 
su pressione dell'ambiente di corte.  
Agli inizi del 1700, in Inghilterra, il Re decise di chiamare a far parte del gabinetto
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 i 
deputati più influenti della Camera dei Comuni, senza tener conto del partito di 
appartenenza, accorgendosi ben presto però, che per ben governare occorreva un governo 
politicamente omogeneo. In seguito, il Consiglio dei Ministri prese l'abitudine di riunirsi 
anche in assenza del Re, per poi sottoporre alla sua firma le decisioni assunte; inoltre il 
Consiglio privato perse di significato ed il gabinetto divenne di fatto l'organo che 
esercitava il potere esecutivo.  
Fu in questo periodo che si verificò il passaggio da governo costituzionale a governo 
parlamentare, in quanto era la Camera dei Comuni (eletta dalla borghesia) e non più il Re 
a dare fiducia all'esecutivo (anni 1715-1760). 
                                                 
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 Il “gabinetto” è un comitato ristretto di Ministri a cui compete prendere le più importanti decisioni 
politiche.
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Lo Stato inglese era cioè uno Stato misto, fondato sulla divisione dei poteri (Re e i tre 
stati
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) e quindi antitetico alla monarchia assoluta. I tentativi fatti dal Sovrano Giacomo I 
(1603-25) di instaurare una monarchia assoluta sul tipo di quella francese (assolutismo e 
diritto divino dei Re) videro l’opposizione del Parlamento.  
Questo, tra l’atro, si opponeva all’abolizione dei privilegi feudali garantiti dalla 
costituzione medioevale (ponendo le basi di quello che sarebbe stato poi lo Stato liberale). 
Questa opposizione scoppia apertamente sotto il successore Carlo I (1625-1649): i dissidi 
tra le prerogative della Corona e le richieste del Parlamento (in materia religiosa, 
finanziaria), si tramutano in guerra civile (1642) tra il partito realista e quello parlamentare, 
che termineranno con il regicidio nel 1649 di Carlo I d’ Inghilterra. Mentre in tutta Europa 
(e in Francia specialmente) si assisteva all’intensificarsi dell’assolutismo, in Inghilterra la 
Corona trovava nella “Costituzione” (risultato di un equilibrio lentamente raggiunto tra le 
principali forze politiche della società medievale, ovvero corte, grande e piccola nobiltà 
feudale e classi cittadine: Re, Lords e comuni) un ostacolo alla sua trasformazione in uno 
Stato assoluto. 
Nel '700 l’Inghilterra era il Paese più liberale d’Europa un esempio per tutti i liberali 
europei da seguire, considerato che tutte le altre nazioni erano ancora assoggettati 
all'assolutismo.  
Dall’altra parte dell’Atlantico, la Costituzione federale americana del 1787 accoglie 
per prima il principio della divisione dei poteri, realizzando un assetto in cui tutti i poteri 
sono disposti in modo da frenarsi e bilanciarsi reciprocamente (checks and balances), 
seguendo proprio la tradizione inglese. Si tratta dunque di un sistema di controlli reciproci 
tra la Confederazione e gli Stati da una parte e tra i poteri politici dell’Unione dall’altra: 
Presidente, Congresso e Corte suprema. 
Affinché il potere non esca dalla sfera che gli è propria deve essere mantenuto nei 
limiti da un altro potere che gli si contrapponga. Questi devono controllarsi a vicenda 
contrapponendosi a chi tenti di sopraffare l’altro. 
Montesquieu vedeva proprio nell’Inghilterra del diciottesimo secolo una monarchia 
moderata, temperata dalle leggi fondamentali in cui la sovranità era ripartita equamente tra 
                                                 
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 La grande nobiltà inglese (landlord o peer), la piccola nobiltà (i gentry), e la massa dei lavoratori.
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il Re ed i ministri (che insieme formavano l’esecutivo), il Parlamento (Camera dei Lord e 
dei Comuni) e la magistratura indipendente. 
I tre poteri sono tali in quanto sono attribuiti a tre distinti ordini sociali: “Tutto sarebbe 
perduto se lo stesso uomo, o lo stesso corpo di maggiorenti, o di nobili, o di popolo, 
esercitasse questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le risoluzioni 
pubbliche e quello di giudicare i delitti o le controversie tra i privati.”
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Il dispotismo si concretizza quando nello stesso organo si concentrano i poteri di fare 
le leggi, di eseguirle e di giudicare. 
Si riporta per intero un pezzo del capitolo VI intitolato “Sulla costituzione 
dell’Inghilterra”
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 ove Montesquieu descrive con la forza delle sue parole la sua teoria: 
“Il potere esecutivo deve essere nelle mani d'un monarca perché questa parte del governo, 
che ha bisogno quasi sempre d'una azione istantanea, è amministrata meglio da uno che 
da parecchi; mentre ciò che dipende dal potere legislativo è spesso ordinato meglio da 
parecchi anziché da uno solo. Infatti, se non vi fosse monarca, e il potere esecutivo fosse 
affidato a un certo numero di persone tratte dal corpo legislativo, non vi sarebbe più 
libertà, perché i due poteri sarebbero uniti, le stesse persone avendo talvolta parte, e 
sempre potendola avere, nell'uno e nell'altro. Se il corpo legislativo rimanesse per un 
tempo considerevole senza riunirsi, non vi sarebbe più libertà. Infatti vi si verificherebbe 
l'una cosa o l'altra: o non vi sarebbero più risoluzioni legislative, e lo Stato cadrebbe 
nell'anarchia; o queste risoluzioni verrebbero prese dal potere esecutivo, il quale 
diventerebbe assoluto.  
Se il corpo legislativo fosse riunito in permanenza, potrebbe capitare che non si facesse 
che sostituire nuovi deputati a quelli che muoiono; e in questo caso, una volta che il corpo 
legislativo fosse corrotto, il male sarebbe senza rimedio. Quando diversi corpi legislativi si 
susseguono gli uni agli altri, il popolo, che ha cattiva opinione del corpo legislativo 
attuale, trasferisce, con ragione, le proprie speranze su quello che succederà. Ma se si 
trattasse sempre dello stesso corpo, il popolo, una volta vistolo corrotto, non spererebbe 
più niente dalle sue leggi, s'infurierebbe o cadrebbe nell'apatia.  
                                                 
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 MONTESQUIEU C. L, L’esprit des lois, cit., libro XI, cap. VI, pag. 183. 
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 Il titolo ha subìto diverse variazioni, tra le quali: «Sui princìpi della libertà politica e come li si 
rinvengono nella costituzione d’Inghilterra» e «Princìpi della libertà politica e che la costituzione 
d’Inghilterra è fondata su tali princìpi» (MONTESQUIEU L’esprit des lois, cit., libro XII, p. 228).
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Il potere esecutivo, come dicemmo, deve prender parte alla legislazione con la sua facoltà 
d'impedire di spogliarsi delle sue prerogative. Ma se il potere legislativo prende parte 
all'esecuzione, il potere esecutivo sarà ugualmente perduto. Se il monarca prendesse parte 
alla legislazione con la facoltà di statuire, non vi sarebbe più libertà. Ma siccome è 
necessario che abbia parte nella legislazione per difendersi, bisogna che vi partecipi con 
la sua facoltà d'impedire. La causa del cambiamento del governo a Roma fu che il senato, 
il quale aveva una parte del potere esecutivo, e i magistrati, i quali avevano l'altra, non 
avevano, come il popolo, la facoltà d'impedire. Ecco dunque la costituzione fondamentale 
del governo di cui stiamo parlando. Il corpo legislativo essendo composto di due parti, 
l'una terrà legata l'altra con la mutua facoltà d'impedire. Tutte e due saranno vincolate dal 
potere esecutivo, che lo sarà a sua volta da quello legislativo. Questi tre poteri dovrebbero 
rimanere in stato di riposo, o di inazione. Ma siccome, per il necessario movimento delle 
cose, sono costretti ad andare avanti, saranno costretti ad andare avanti di concerto".”
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La monarchia è caratterizzata dall’esistenza di corpi o poteri intermedi che si 
pongono tra i cittadini e chi detiene il potere impedendo a quest’ultimo di raggiungere il 
cittadino dove il comando deve essere mediato da una molteplicità di istituzioni che 
garantiscono all’individuo la libertà. Tra i poteri intermedi il più importante è la nobiltà 
formata dall’aristocrazia di sangue e dall’aristocrazia minore (cosiddetta nobiltà minore). 
Montesquieu riconosceva alla nobiltà inglese l’importante compito avuto di freno 
dell’assolutismo del Re. 
“Esistono sempre, in uno Stato, persone illustri per nascita, ricchezza od onori; ma 
se venissero confuse tra il popolo, e non avessero che una voce come quella degli altri, la 
libertà comune sarebbe la loro schiavitù, e non avrebbero alcun interesse a difenderla, 
perché la maggior parte delle risoluzioni sarebbe contro di loro.”
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Montesquieu auspicava un governo in cui l’ordine politico e il potere giudiziario 
mettessero il cittadino al riparo dalle ingiustizie e dalle prevaricazioni; “La libertà politica, 
in un cittadino, consiste in quella tranquillità di spirito che proviene dall’opinione che 
                                                 
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 MONTESQUIEU C. L., L’esprit des lois, cit., libro XI, cap. IV pag. 186. 
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 Ibidem, libro XI, cap. VI, pag.185.