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INTRODUZIONE 
 
Esistono due grandi misteri tuttora irrisolti ai quali l’essere umano cerca di rispondere 
da secoli: il primo si riferisce alla nascita dell’universo; il secondo, invece, riguarda 
l’esperienza cosciente e, in particolare, il modo in cui qualcosa di materiale possa 
produrre il pensiero.  
La Fisica sta facendo enormi passi in avanti nella spiegazione del primo quesito, 
utilizzando la matematica, i dati empirici, le tecnologie e, più in generale, il metodo 
scientifico. Tale metodo conoscitivo ha ampliato la concezione del nostro universo fin 
dai tempi di Galileo e ha consentito il progresso scientifico e tecnologico tuttora in atto. 
Per quanto riguarda la spiegazione dell’esperienza cosciente, la situazione sembra 
essere meno definita. Per molti anni, infatti, l’idea che la coscienza non potesse essere 
oggetto di ricerche scientifiche è stata predominante. Per secoli il problema della 
coscienza è stato trattato esclusivamente dalla filosofia e dalla religione. Solo negli 
ultimi decenni, l’evoluzione delle neuroscienze, ha consentito l’adozione di un 
approccio più scientifico a tale argomento. 
Il problema di fondo, nello studio della coscienza, sembra essere di tipo metodologico. 
Mentre nello studio di fenomeni fisici abbiamo un essere cosciente (l’essere umano) che 
adotta un metodo scientifico per spiegare un fenomeno naturale, nello studio della 
coscienza la situazione diventa più complessa. In questo caso, infatti, la coscienza cerca 
di studiare la coscienza stessa. Nessun altro elemento dell’universo sembra comportarsi 
in modo analogo (porsi nelle condizioni di comprendere se stesso).  
Il problema dell’approccio alla spiegazione della coscienza sembra risiedere nella 
struttura del metodo scientifico, il quale tende a separare l’osservatore dall’oggetto di 
studio. Tale separazione è incompatibile con un approccio verso la coscienza, poiché, in 
questo caso, ciò che studia i fenomeni (la nostra coscienza) coincide con ciò che si cerca 
di comprendere. 
Anche la Fisica quantistica, nel corso degli anni, si è trovata a dover rivedere le basi del 
metodo scientifico, poiché in alcuni esperimenti (come, ad esempio, quello delle due
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fenditure -Joshua Kincaid, 2016- ) i risultati sembrano essere influenzati dal processo 
osservativo. Si passa, dunque, da una concezione oggettiva e immutabile dei fenomeni 
che sembrano indipendenti dall’osservatore, a una concezione più dinamica, che vede 
non solo l’osservatore interconnesso con il fenomeno osservato, ma perfino i risultati 
interdipendenti dall’osservazione cosciente.  
Un altro problema nello studio della coscienza risiede nella difficoltà di comprendere la 
relazione che la interconnette alle forze dell’universo. Le neuroscienze hanno raggiunto 
una conoscenza profonda dei processi cerebrali. Si è, infatti, in grado di attribuire, con 
una distinta precisione, quali attività cerebrali sono associate a determinate funzioni 
cognitive, tuttavia non si può ancora comprenderne il perché. Mentre la Fisica mette in 
relazione le forze e gli elementi conosciuti per creare un quadro più ampio della 
situazione, la coscienza non è mai stata messa in relazione con qualcosa che vada oltre 
le localizzazioni cerebrali e le funzioni corporee. In altre parole sembra che gli studi 
sulla coscienza non vogliano allontanarsi dalla scatola cranica. 
L’accostamento della coscienza ai fondamenti universali finora conosciuti, potrebbe 
rappresentare una possibilità (sebbene non immediatamente intuitiva) di ampliare la 
nostra comprensione. Anche se la coscienza sembra avere delle caratteristiche 
totalmente differenti dalle forze conosciute in natura, è, tuttavia, innegabile che essa sia 
connessa alle proprietà strutturali della Materia e che avvenga all’interno di uno Spazio 
e di un Tempo. 
La Teoria dell’Informazione Integrata di Giulio Tononi è uno degli studi più 
promettenti sul fenomeno della coscienza. Essa è sostenuta da un modello matematico, 
che consente di misurare la coscienza, partendo dalle proprietà materiali del cervello e 
considerando il modo in cui sono interconnessi i neuroni. Tononi è stato uno dei primi a 
uscire dalla scatola cranica, trattando la coscienza non solo come un’espressione del 
funzionamento cerebrale, ma anche come una particolare modalità con la quale sono 
organizzate le informazioni, formando un insieme il cui risultato è superiore alla somma 
delle singole parti che formano un sistema.  
L’obiettivo che si prefigge questa tesi è di mettere in relazione la Teoria 
dell’Informazione Integrata di Tononi con le basilari nozioni di Spazio e di Tempo
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riscontrabili nella Teoria della Relatività. A tale scopo saranno utilizzate delle formule 
della Teoria della Relatività descritte da Daniel Styer (professore dell’Oberlin College 
dell’Ohio) nel suo libro “Comprendere davvero la Teoria della Relatività” derivanti 
dalle trasformazioni di Lorentz. 
Lo scopo è comprendere in che modo la coscienza si relaziona con lo Spazio e con il 
Tempo e se esistono delle condizioni limite di esistenza della coscienza all’interno 
dell’universo. Inoltre, si cercherà di comprendere se i livelli di coscienza dipendono 
esclusivamente da proprietà intrinseche della materia che prescindono lo spazio-tempo, 
o se la velocità alla quale viaggia la materia nello spazio-tempo modifica le 
caratteristiche della coscienza. In altre parole, i livelli di coscienza potrebbero dipendere 
dalla velocità alla quale viaggia un sistema in grado di generare coscienza. Ciò 
comporterebbe una concezione relativistica della coscienza, la cui connessione con le 
strutture cerebrali (ormai ampiamente dimostrata) la pone nella condizione di essere 
così collegata alla materia da essere sottoposta alle leggi della relatività.  L’obiettivo è, 
dunque, comprendere la funzione della coscienza all’interno di un contesto più ampio, 
al fine di affrontare un problema tanto complesso con una visione più olistica. Non una 
psicologia intesa “come galassia”, come la presenta in chiave metaforica Fulcheri 
(Fulcheri, 2005), ma una coscienza realmente connessa all’intera struttura dell’universo, 
fin dai fondamenti più profondi di Spazio e di Tempo.
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1. LA COSCIENZA E I SUOI CORRELATI NEURALI 
 
1.1 Dentro la scatola cranica 
 
Applicare un approccio scientifico alla coscienza si rivela tuttora complicato, anche alla 
luce del fatto che non esiste una definizione univoca della parola “coscienza”. Prima di 
proseguire la discussione sull’argomento è importante chiarire il significato di questa 
parola, che può rivelarsi fonte di dubbio e d’incertezze. La parola ‘coscienza’ deriva dal 
latino conscire che significa “essere consapevoli”, conoscere. Va distinta, però, la 
coscienza intesa in senso religioso, come insieme di norme morali, con un potere 
pseudo punitivo, che indirizzano la persona verso la “retta via” (rendendola 
“coscienziosa” e responsabile), dalla coscienza utilizzata nell’ambito delle 
neuroscienze. Nell’ambito psicologico-scientifico è ormai opinione comune, intendere il 
fenomeno della coscienza come “quella cosa che svanisce quando ci addormentiamo in 
un sonno senza sogni (o siamo in uno stato di coma o sotto anestesia) e che riappare 
quando ci svegliamo o quando sogniamo”. La coscienza racchiude tutto ciò di cui 
facciamo esperienza. Senza la coscienza non esisterebbe ciò che siamo, ciò che abbiamo 
e ciò di cui facciamo esperienza. Ad esempio, se un albero cade in un luogo in cui non 
c’è nessuno ad ascoltare, non produce suoni o rumori, poiché, questi, sono il risultato 
della percezione della coscienza, la quale trasforma le vibrazioni delle onde sonore in un 
suono. Un albero, cadendo, produce delle vibrazioni, ma se queste non sono incanalate 
all’interno di un sistema uditivo ed elaborate da un sistema cosciente, non diventeranno 
un suono. Se non ci fosse la coscienza, non esisterebbero suoni, ma solo vibrazioni. Il 
suono deriva dalla percezione delle vibrazioni che sono incanalate nel sistema nervoso 
per mezzo delle orecchie; il cervello elabora le vibrazioni e integra le informazioni 
derivanti da queste al fine di renderle “leggibili”, costruendo, così, ciò che noi 
definiamo “suono”. In altre parole, il suono esiste solo all’interno della dimensione 
mentale. Il filosofo inglese Alan W. Watts espone questo concetto in chiave più 
metafisica: “Attraverso i nostri occhi, l’universo percepisce se stesso. Attraverso le 
nostre orecchie, l’universo ascolta le sue armonie. Siamo i testimoni attraverso cui 
l’universo diventa cosciente della sua gloria, del suo splendore”. Allo stesso modo 
l’astrofisico naturalista Hubert Reeves suggerisce che “l’universo è una macchina per
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fare coscienza”. La coscienza è, dunque, l’occhio per mezzo del quale l’universo guarda 
se stesso.  
Le neuroscienze, attraverso sistemi di neuroimaging, collocano questo “occhio” 
all’interno dei cosiddetti “correlati neurali della coscienza” (NCC). I NCC sono quelle 
porzioni del cervello che sembrano essere funzionalmente collegate all’esperienza 
cosciente. Ciò è deducibile partendo dal fatto che queste aree sono più attive, rispetto ad 
altre, quando è in atto un’esperienza cosciente e, inoltre, il loro danneggiamento 
comporta un’inevitabile perdita dello stato cosciente. “Un correlato neurale della 
coscienza è uno specifico pattern di attività cerebrale che correla con particolari 
esperienze consce. Non è chiaro come un processo fisico, come l’attività neurale, possa 
dar luogo a un fenomeno soggettivo come la consapevolezza”. (G.Rees, G.Kreiman, & 
C.Koch, 2002).  
Vanno distinti i “NCC completi” dai “NCC contenuto-specifico” e dalle “condizioni di 
sfondo”. (C.Koch, 2016) 
I NCC completi (Full NCC) si riferiscono al substrato che supporta l’esperienza 
generale, indipendentemente dal suo contenuto. I NCC contenuto-specifico (content-
specific NCC) invece, si riferiscono al substrato neurale che supporta un particolare 
contenuto dell’esperienza, come ad esempio volti visti, sognati o immaginati. Infine, le 
condizioni di sfondo (background condition) sono quei fattori che permettono la 
coscienza, ma senza contribuire direttamente all’esperienza, come ad esempio i sistemi 
di eccitazione che garantiscono un adeguato arousal ai NCC, oppure adeguati livelli di 
glucosio e ossigeno. (C.Koch, 2016) 
Per far si che un insieme di neuroni sia considerato come un NCC contenuto-specifico, 
è necessario che a una stimolazione di questi, corrisponda una determinata esperienza, 
anche in assenza di stimoli esterni che possano causare quell’esperienza. Ciò significa 
che quando i NCC contenuto-specifico, ad esempio, per la percezione dei volti, sono 
stimolati artificialmente, mediante stimolazione magnetica transcranica (TSM), il 
partecipante deve vedere una faccia, pur non essendo presente nel suo campo visivo. Se, 
invece, l’attività di quest’area è bloccata, il partecipante non dovrebbe essere in grado di 
vedere nessun volto, anche se presente. L’individuazione dei NCC contenuto-specifico,